sabato 4 dicembre 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    Lettera di Padre Aldo Trento 2 dicembre 2010
2)    PERSECUZIONI ANTICRISTIANE: Rapporto sulla Libertà Religiosa 2010 - articoli CR - Venerdì 03 Dicembre 2010 - CR n.1169 del 4/12/2010
3)    Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria della Commissione Teologica Internazionale  - Conoscenza e amore pilastri della teologia (©L'Osservatore Romano - 4 dicembre 2010)
4)    Soci dell’UARR siate coerenti fino in fondo: imitate Monicelli !!! di Don Marcello Stanzione dal sito http://www.pontifex.roma.it
5)    ABORTO, CULTURA MORTE, FLORENCE THOMAS, PRO CHOICE - Una leader femminista e pro-choice definisce il feto umano un “tumore” da cui liberarsi - Su 3 dicembre 2010
6)    Avvenire.it, 4 dicembre 2010 - ODISSEA INFINITA - Eritrei prigionieri, c'è speranza - I predoni nel mirino di Paolo Lambruschi
7)    Avvenire.it, 4 dicembre 2010 - Nel libro-intervista del Papa una grande specificità del cristianesimo - Dio si fa vicino e ci anticipa - E ogni ascesa diventa possibile di Giacomo Samek Lodovici
8)    «Convocazioni assurde e umilianti» le storie - Cerebrolesi dalla nascita costretti a stare 3 ore in attesa, paralitici ai quali si chiede di alzarsi e camminare, persone costretta alla ventilazione artificiale convocate in ufficio - DA ROMA Antonio Maria Mira – Avvenire, 4 dicembre 2010
9)    Disabili, ora i tagli passano per le visite - Linee guida Inps molto severe per l’accertamento dell’autonomia - il fatto - Se una persona con handicap è capace di condurre autonomamente alcuni atti di vita quotidiana potrebbe perdere l’indennità di accompagnamento. A rischio autistici, down, persone affette da demenza o Alzheimer – DA ROMA ANTONIO MARIA MIRA – Avvenire, 4 dicembre 2010
10)                      I consigli: spedire tutti i documenti Se malati gravi, chiedere la visita domiciliare - DA ROMA – Avvenire, 4 dicembre 2010

Lettera di Padre Aldo Trento 2 dicembre 2010

Isaia 43, 1-5

“Cosi dice il Signore, che ti ha creato: Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome; tu sei mio!

Quando dovrai attraversare le acque, io sarò con te; quando attraverserai i fiumi, essi non ti sommergeranno; quando camminerai nel fuoco non sarai bruciato; perché io sono il Signore, il tuo Dio, il Santo d'Israele, il tuo salvatore;

Perché tu sei prezioso ai miei occhi perché sei degno di stima e io ti amo.

Non temere, perché io sono con te.”



Come non piangere di commozione leggendo questa parole di Isaia. È Dio che parla a me e a te e ai miei bambini, belli più del sole e delle stelle e delle mie Dolomiti.

Guardate i miei due figli che, approfittando dell'assenza momentaneo della infermiera sono riusciti a unire la loro due camera e guardate come "giocano" fra loro.

Sono gravemente handicappati, eppure fra loro c'è un linguaggio, una comunicazione che nasce dell'evidenza che per loro quanto dice il profeta Isaia è un'esperienza.

Come la è per il mio piccolo Victor che non può stare senza Mario e Aldo. Sembra un bambolotto di cera, tutto rotto ed invece è Gesù sulla croce che da due anni geme e soffre per i miei e i tuoi peccati.

Vivere ciò che dice Giussani parlando del sacrificio (punto 1 paragrafo "c": "quando il sacrificio diventa un valore per la vita dell'uomo" e guardare questi miei figlioletti mi fa percepire ogni giorno di più la grazia, il valore oggettivo, il dono che è il "mostro" "il ripugnante" (sono parole che usa Giussani) sacrificio, dolore, che solo nelle croce di Gesù a cui i miei bambini innocenti sono inchiodati, trova il suo unico e vero significato
Ciao
P. Aldo


PERSECUZIONI ANTICRISTIANE: Rapporto sulla Libertà Religiosa 2010 - articoli CR - Venerdì 03 Dicembre 2010 - CR n.1169 del 4/12/2010

Sono ancora gravi le violazioni e i soprusi registrati quotidianamente in moltissimi Paesi del mondo. È questo quanto emerge dall’Edizione 2010 del Rapporto ACS sulla libertà religiosa nel mondo presentato il 23 novembre a Roma nella Conferenza Stampa alla quale sono intervenuti Mons. Sante Babolin, Presidente di Acs Italia, René Guitton, autore del libro Cristianofobia, l’ambasciatore Francesco M. Greco, Direttore Generale per la Cooperazione Culturale del Ministero per gli Affari Esteri, S.E. Monsignor Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad, diocesi del Pakistan. «Il 70% della popolazione mondiale vive in Paesi dove ci sono restrizioni o persecuzioni a causa della religione professata», ha sottolineato padre Giulio Albanese che ha moderato la Conferenza Stampa.

Denunciare, dati alla mano, la situazione mondiale della libertà religiosa è l’obiettivo del Rapporto che, per ciascun Paese, offre anche un’approfondita analisi della situazione politica e sociale di contorno e della specifica condizione in cui si trovano le minoranze religiose. «In 550 pagine – sottolinea Camille Eid – vengono passati in rassegna 194 Paesi, da quelli che detengono il triste primato della lotta alla libertà di fede, come Arabia Saudita e Corea del Nord, fino alle persecuzioni in atto in Pakistan e Iraq. Secondo l’Acs sono una sessantina ancora oggi i Paesi nei quali si contano gravi violazioni alla libertà religiosa» (“Avvenire”, 25 novembre 2010). Oltre a quelli già citati, i Paesi in cui si verificano le maggiori violazioni alla libertà religiosa sono Bangladesh, Egitto, India, Cina, Uzbekistan, Eritrea, Nigeria, Vietnam, Yemen.

«Difendere tutte le minoranze dagli attacchi – dichiara da parte sua René Guitton – è l’impegno che andrebbe assunto dalla comunità internazionale. È difficile fare delle stime precise ma, secondo i rapporti internazionali, si può dire che sono oltre 50 milioni i cristiani vittime di persecuzioni, e discriminazioni».

Se l’India e la Cina, per le loro proporzioni, sono i Paesi in cui si registrano più casi di aggressione e vessazione delle minoranze, al centro dei riflettori anche il Pakistan dove la situazione è estremamente delicata in particolare a causa della legge antiblasfemia che dall’’86 a oggi ha causato l’incriminazione di 993 persone con l’accusa di avere profanato il Corano o diffamato il profeta Maometto: fra queste, 479 erano musulmani, 340 ahmadi – una setta che il governo non riconosce come musulmana – 120 cristiani, 14 indù e 10 di altre religioni. Il Rapporto di ACS indica che in Europa i cattolici non sono perseguitati, pur essendo oggetto di scherno. Per ACS, la tendenza crescente alla persecuzione e alla discriminazione per la religione che si professa è dovuta sia alla radicalizzazione del mondo islamico che alla “cristianofobia”, e alla facilità con cui si ridicolizza la Chiesa in alcuni Paesi del mondo sviluppato.

Nella presentazione del Rapporto a Madrid, in Spagna, sempre il 23 novembre, Javier Menéndez Ros, direttore di ACS in Spagna, e il missionario salesiano in Pakistan Miguel Ángel Ruiz hanno citato le parole di Benedetto XVI alla vigilia della beatificazione del Cardinale John Henry Newman: «Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia». Lo stesso giorno a Parigi, nei locali della Conferenza dei vescovi, il presidente dell’associazione francese Marc Fromager, ha dichiarato di voler «difendere ad ogni costo la libertà di coscienza come diritto fondamentale», poiché «la libertà religiosa è la libertà delle libertà».


Benedetto XVI ai partecipanti alla Plenaria della Commissione Teologica Internazionale  - Conoscenza e amore pilastri della teologia (©L'Osservatore Romano - 4 dicembre 2010)

"Conoscenza e amore si sostengono a vicenda" nella ricerca teologica:  lo ha ricordato il Papa ai membri della Commissione Teologica Internazionale, ricevuti in udienza questa mattina, venerdì 3 dicembre, nella Sala del Concistoro, a conclusione dei lavori della plenaria. Questo il discorso del Pontefice.

Signor Cardinale,
venerati Fratelli nell'Episcopato,
illustri  Professori  e  cari  Collaboratori!
È con gioia che vi accolgo, al termine dei lavori della vostra annuale Sessione Plenaria. Desidero anzitutto esprimere un sentito ringraziamento per le parole di omaggio che, a nome di tutti, Ella, Signor Cardinale, in qualità di Presidente della Commissione Teologica Internazionale, ha voluto rivolgermi. I lavori di questo ottavo "quinquennio" della Commissione, come Lei ha ricordato, affrontano i seguenti temi di grande peso:  la teologia e la sua metodologia; la questione dell'unico Dio in rapporto alle tre religioni monoteistiche; l'integrazione della Dottrina sociale della Chiesa nel contesto più ampio della Dottrina cristiana.
"L'amore del Cristo infatti ci possiede; e noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti. Ed egli è morto per tutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risorto per loro" (2 Cor 5, 14-15). Come non sentire anche nostra questa bella reazione dell'apostolo Paolo al suo incontro col Cristo risorto? Proprio questa esperienza è alla radice dei tre importanti temi che avete approfondito nella vostra Sessione Plenaria appena conclusa.
Chi ha scoperto in Cristo l'amore di Dio, infuso dallo Spirito Santo nei nostri cuori, desidera conoscere meglio Colui da cui è amato e che ama. Conoscenza e amore si sostengono a vicenda. Come hanno affermato i Padri della Chiesa, chiunque ama Dio è spinto a diventare, in un certo senso, un teologo, uno che parla con Dio, che pensa di Dio e cerca di pensare con Dio; mentre il lavoro professionale di teologo è per alcuni una vocazione di grande responsabilità davanti a Cristo, davanti alla Chiesa. Poter professionalmente studiare Dio stesso e poterne parlare - contemplari et contemplata docere (S. Tommaso d'Aquino, Super Sent., lib. 3 d. 35 q. 1 a. 3 qc. 1 arg. 3) - è un grande privilegio. La vostra riflessione sulla visione cristiana di Dio potrà essere un contributo prezioso sia per la vita dei fedeli che per il nostro dialogo con i credenti di altre religioni ed anche con i non credenti. Di fatto la stessa parola "teo-logia" rivela questo aspetto comunicativo del vostro lavoro - nella teologia cerchiamo, attraverso il "logos", di comunicare ciò che "abbiamo veduto e udito" (1 Gv 1, 3). Ma sappiamo bene che la parola "logos" ha un significato molto più largo, che comprende anche il senso di "ratio", "ragione". E questo fatto ci conduce ad un secondo punto assai importante. Possiamo pensare a Dio e comunicare ciò che abbiamo pensato perché Egli ci ha dotati di una ragione in armonia con la sua natura. Non è per caso che il Vangelo di Giovanni comincia con l'affermazione "In principio era il Logos... e il Logos era Dio" (Gv 1, 1). Accogliere questo Logos - questo pensiero divino - è infine anche un contributo alla pace nel mondo. Infatti conoscere Dio nella sua vera natura è anche il modo sicuro per assicurare la pace. Un Dio che non fosse percepito come fonte di perdono, di giustizia e di amore, non potrebbe essere luce sul sentiero della pace.
Siccome l'uomo tende sempre a collegare le sue conoscenze le une con le altre, anche la conoscenza di Dio si organizza in modo sistematico. Ma nessun sistema teologico può sussistere se non è permeato dall'amore del suo divino "Oggetto", che nella teologia necessariamente deve essere "Soggetto" che ci parla e con il quale siamo in relazione di amore. Così la teologia deve essere sempre nutrita dal dialogo con il Logos divino, Creatore e Redentore. Inoltre nessuna teologia è tale se non è integrata nella vita e riflessione della Chiesa attraverso il tempo e lo spazio. Sì, è vero che, per essere scientifica, la teologia deve argomentare in modo razionale, ma anche deve essere fedele alla natura della fede ecclesiale:  centrata su Dio, radicata nella preghiera, in una comunione con gli altri discepoli del Signore garantita dalla comunione con il Successore di Pietro e tutto il Collegio episcopale.
Questa accoglienza e trasmissione del Logos ha anche come conseguenza che la stessa razionalità della teologia aiuta a purificare la ragione umana liberandola da certi pregiudizi ed idee che possono esercitare un forte influsso sul pensiero di ogni epoca. Occorre d'altra parte rilevare che la teologia vive sempre in continuità e in dialogo con i credenti e i teologi che sono venuti prima di noi; poiché la comunione ecclesiale è diacronica, lo è anche la teologia. Il teologo non incomincia mai da zero, ma considera come maestri i Padri e i teologi di tutta la tradizione cristiana. Radicata nella Sacra Scrittura, letta con i Padri e i Dottori, la teologia può essere scuola di santità, come ci ha testimoniato  il  beato John Henry Newman. Far scoprire il valore permanente della ricchezza trasmessa dal passato non è un contributo da poco della teologia al concerto delle scienze.
Cristo è morto per tutti, benché non tutti lo sappiano o lo accettino. Avendo ricevuto l'amore di Dio, come potremmo non amare quelli per i quali Cristo ha dato la propria vita? "Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli" (1 Gv 3, 16). Tutto questo ci porta al servizio degli altri nel nome di Cristo; in altre parole, l'impegno sociale dei cristiani deriva necessariamente dalla manifestazione dell'amore divino. Contemplazione di Dio rivelato e carità per il prossimo non si possono separare, anche se si vivono secondo diversi carismi. In un mondo che spesso apprezza molti doni del Cristianesimo - come per esempio l'idea di uguaglianza democratica - senza capire la radice dei propri ideali, è particolarmente importante mostrare che i frutti muoiono se viene tagliata la radice dell'albero. Infatti non c'è giustizia senza verità, e la giustizia non si sviluppa pienamente se il suo orizzonte è limitato al mondo materiale. Per noi cristiani la solidarietà sociale ha sempre una prospettiva di eternità.
Cari amici teologi, il nostro odierno incontro manifesta in modo prezioso e singolare l'unità indispensabile che deve regnare fra teologi e Pastori. Non si può essere teologi nella solitudine:  i teologi hanno bisogno del ministero dei Pastori della Chiesa, come il Magistero ha bisogno di teologi che compiono fino in fondo il loro servizio, con tutta l'ascesi che ciò implica. Attraverso la vostra Commissione, desidero perciò ringraziare tutti i teologi e incoraggiarli ad aver fede nel grande valore del loro impegno. Nel porgervi i miei auguri per il vostro lavoro, vi imparto con affetto la mia Benedizione.


Soci dell’UARR siate coerenti fino in fondo: imitate Monicelli !!! di Don Marcello Stanzione dal sito http://www.pontifex.roma.it

A maggio 2010 la rivista di apologetica “ Il Timone” ha pubblicato un interessante articolo di Giacomo Samek Lodovici intitolato “  Morte di Dio e suicidio dell’uomo”. Lodovici scrive che nel mondo contemporaneo c’è una piaga sociale enorme, ma quasi sconosciuta: il suicidio. I dati  dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) sono impressionanti: ogni anno nel mondo si suicidano 16 persone ogni 100.000, cioè un milione di persone; ogni 40 secondi una persona si toglie la vita; i tentativi di suicidio sono quasi 20 milioni, cioè uno ogni 2-3 secondi. Ogni anno ci sono più morti a causa del suicidio che per la somma delle guerre e degli omicidi messi assieme (cfr. bibliografia). Il suicidio è la seconda causa di morte nella fascia di età 10-24 anni; in molti Paesi è la terza causa di morte nella fascia di età 15-44 anni. Ancora, i suicidi sono aumentati del 60% negli ultimi 45 anni (molto più tra gli uomini che tra le donne), e, secondo alcune stime, potrebbero salire ad un milione e mezzo nel 2020. Sono dati drammatici e le loro cause sono molteplici: biologiche, climatiche (per esempio la mancanza di luce), sociali, culturali, storiche, ecc.)

Certo, l’estrema povertà può indurre al suicidio, ma non è di per sé la sua causa principale: due Paesi molto benestanti, la Svezia e, soprattutto il Giappone, con 13,2 e 24,4 suicidi ogni 100.000 persone, dimostrano che non è la povertà ciò che spinge al suicidio. Per quanto concerne le cause culturali, si pensi di nuovo al Giappone (non per nulla Kamikaze e Harakiri sono due parole giapponesi molto conosciute al mondo).

Per l’OMS la causa principale dei suicidi consiste nei disturbi psicologici, in particolare la depressione. In effetti, come ha messo in luce specialmente un pensatore e psicoterapeuta come Viktor Franfl (1905-1997), la motivazione principale dell’uomo non è il principio di piacere (Freud), né la volontà di potenza (Nietzsche), bensì la “volontà di significato”, il desiderio di trovare un senso, uno scopo della propria vita. Il male del nostro tempo, spesso, è proprio la frustrazione esistenziale, che può anche portare alla disperazione ed alla depressione, la mancanza di un senso che costituisca una solida ragione per vivere. Si noti che Frankl è stato internato per diversi anni nei lager nazisti e proprio lì ha verificato che gli uomini fisicamente gracili potevano sopravvivere all’abominio del campo di concentramento più frequentemente di quelli robusti se avevano una motivazione più forte, se lo scopo della loro vita era più solido.

Ma che cosa può dare un senso globale e solido alla vita e rendere sopportabile la sofferenza? Ebbene, Dio è un forte e robusto senso ultimo per la vita, e credere in Dio è consolante e rasserenante per chi attraversa una prova, è un eccellente antidoto alla disperazione. Per comprovarlo proviamo a considerare la tragica classifica dei suicidi. Al primo posto in questa triste classifica si trova la Bielorussia, con 35,1 suicidi ogni 100.000 persone; al secondo posto viene la Lituania con 30,4; al terzo posto la Russia con 30,1; al quarto il Kazakistan con 26,9; al quinto l’Ungheria con 26; al settimo la Guyana con 22,9; all’ottavo l’Ucraina con 22,6; al nono la Corea del sud con 21,9; al decimo lo Sri Lanka con 21,6; all’undicesimo la Slovenia con 21,5; al dodicesimo l’Estonia con 20,3; al tredicesimo la Lettonia con 19,9; al quattordicesimo la Serbia con 19,5.

Ebbene, forse non è un caso (almeno è questa l’ipotesi che avanziamo) se nei primi quattordici posti della classifica dei suicidi ci sono ben 8 Paesi ex comunisti, dove 50-70 anni di ateismo sono probabilmente una delle cause (beninteso insieme ad altre: il fenomeno è complesso, lo ripetiamo) dell’elevato tasso di suicidi. In questi paesi il comunismo ha prodotto e lasciato delle enormi macerie spirituali (i dati sui Paesi attualmente comunisti nel caso cinese, o mancanti, per esempio quelli concernenti la Corea del nord; a Cuba il numero dei suicidi è alto- con 12,3 suicidi- sebbene non altissimo, ma c’è da chiedersi se qui i dati siano affidabili e non modificati al ribasso dal regime per motivi di propaganda).

Per contro, i Paesi con il tasso più basso di suicidi sono quasi tutti di tradizione culturale cristiana, come Grecia, Cipro, Gran Bretagna, Georgia e Armenia (dove il comunismo sembra aver inciso meno), specialmente di tradizione cattolica, per esempio Perù, Brasile, Venezuela, Colombia, Paraguay, Messico, Filippine, Haiti, Santo Domingo, Malta ed Italia. La quale, con 6 suicidi ogni 100.000 persone, grazie a Dio è molto indietro in questa triste classifica. Ci sono alcune eccezioni. Tra i Paesi cristiani, per esempio, l’Austria e la Francia, dove del resto la secolarizzazione è molto avanzata: infatti- si noti bene-, non basta che la tradizione di un popolo sia cristiana, bisogna che la religione sia vissuta; tra quelli non cristiani l’Iran (i dati sui Paesi islamici sono raramente disponibili, ma si può presumere che la condanna coranica del suicidio sia un forte deterrente). Del resto, troviamo solo conforme della nostra ipotesi nei dati che connettono direttamente il suicidio all’ateismo: il suicidio aumenta dove l’ateismo è diffuso.

Qualcuno afferma che la fede religiosa è fonte di nevrosi. Questa tesi andrebbe discussa a lungo, ma una breve risposta è possibile svolgerla. In effetti, è vero che ad alcuni esseri umani la religione determina delle nevrosi se è vissuta in modo legalistico, come una sequela di estenuanti doveri ed una sottomissione continua a pesanti norme. Ma questo modo legalistico di coltivare la religione è sbagliato, almeno nel cristianesimo. Il discorso sarebbe lungo. Inoltre, se la religione fosse di per sé la causa delle nevrosi, la secolarizzazione dovrebbe incidere positivamente sulla salute mentale degli esseri umani quando invece, per contro, sempre secondo l’OMS, le patologie psichiche sono in crescita e (come abbiamo detto all’inizio) i suicidi sono aumentati del 60% dagli anni Cinquanta, in un periodo in cui la fede in Dio si è indebolita nel mondo. In fondo già solo questo dato fa pensare ad una correlazione tra la morte di Dio e il suicidio dell’uomo.

Ancora, come riferisce Tonino Cantelmi diversi studi degli ultimi anni hanno mostrato gli effetti benefici della coltivazione della religiosità: la religione rappresenta un fattore protettivo per la salute in generale, e per quella mentale in particolare. Il 29 novembre il regista Mario Monicelli, non credente, all’età di 95 anni si è suicidato gettandosi dal quinto piano dell’ospedale in cui era ricoverato. Il sito dell’unione degli ateisti italiani ( UAAR) ha dato la notizia e decine di ateisti l’hanno commentata esaltando Monicelli per questo gesto da vero ateo.

Come rileva l’ottimo sito antiuaar: “ non è un caso che alcune persone vicine a Monicelli parlino di “ gesto di coerenza con la sua vita”, confermando il fatto che un ateo, per essere davvero coerente, deve suicidarsi ( ma non per questo va giustificato), mentre per il cristiano si parla invece di “ incoerenza”. Questa comunque è proprio la cultura della morte e della vita disperata che cerca negli ultimi secoli di prendere il posto della visione cristiana… I radicali dicono che la morte di Monicelli dovrebbe servire per discutere dell’eutanasia, in realtà noi pensiamo che servapiù per prendere coscienza della frustrante e disperante cultura dei profeti della Cultura della morte”.


ABORTO, CULTURA MORTE, FLORENCE THOMAS, PRO CHOICE - Una leader femminista e pro-choice definisce il feto umano un “tumore” da cui liberarsi - Su 3 dicembre 2010

La nota femminista pro-aborto Florence Thomas ha pubblicato un resoconto del suo aborto illegale, eseguito all’età di 22 anni. Durante il racconto si rivolge disumanamente al suo bambino non ancora nato chimandolo “tumore”. La questione ha scatenato un putiferio negli Stati Uniti. Nel racconto la Thomas descrive la sua relazione fuori dal matrimonio: «Mi ricordo le notti di calore e amore. Amore ogni notte, amore a mezzogiorno, e l’euforia di avere il mondo nelle nostre mani. E sì, abbiamo anche corso dei rischi». Dopo la pacchia, il “rischio” inevitabilmente si è trasformò in realtà e una nuova vita cominciò germogliare nel ventre della Thomas, la quale intervenì immediatamente per sopprimerla. Si rivolse ad un medico abortista (il quale verrà espulso dall’Associazione di ginecologi). La Thomas continua il racconto e afferma che dopo l’intervento si sentì «sollevata, Un sollievo immenso. Questo tumore se n’era andato e io potei tornare a vivere». La Thomas, fondatrice del gruppo abortista “Donna e Società”, si è anche detta convinta che sia l’amore della madre e il suo punto di vista a rendere il feto una “persona umana”. Esclude quindi che esso possa avere uno status a sè, indipendente dal giudizio degli altri. Nella cultura laicista esistono molte donne che, come la Thomas, paragonano la gravidanza ad un’infezione. Così l’aborto diventa di conseguenza la medicina da prendere per estirpare il “tumore”. La notizia è apparsa su LifeNews e sempre sullo stesso sito ma in un altro articolo, Matthew Hoffman definisce queste persone come “psicopatiche”, poiché secondo gli specialisti «questa definizione è molto più ampia dell’immagine evocata dalla cultura popolare. Uno psicopatico è qualcuno che è fondamentalmente privo di empatia umana, che vede gli altri esseri umani come meri oggetti di manipolazione. Lo psicopatico, secondo i professionisti, è fondamentalmente egoista, incapace di trascendere il proprio senso personale di sé per riconoscere la dignità degli altri». Non poteva trovare una descrizione più adatta per i profeti della cultura anticristiana.


Avvenire.it, 4 dicembre 2010 - ODISSEA INFINITA - Eritrei prigionieri, c'è speranza - I predoni nel mirino di Paolo Lambruschi

L'ultimatum è scaduto, i profughi eritrei prigionieri nel Sinai sono malconci, ma ancora tutti vivi. La conferma arriva da don Mosè Zerai, unico contatto telefonico dall’Italia con gli ostaggi, che ieri è  riuscito a sentirli nel corso del Tg2 delle 20,30 Intanto la diplomazia italiana si è mossa per chiedere l’intervento del governo egiziano, anche se per ora non giungono riscontri dal Cairo.

Lo conferma il sottosegretario agli Esteri Stefania Craxi: «La nostra ambasciata al Cairo ha trasmesso la preoccupazione del governo per la situazione che ci è stata segnalata da don Zerai e che sta allarmando l’opinione pubblica italiana. Abbiamo chiesto al governo egiziano di verificare i fatti. Dopodiché chiederemo che intervenga, ma al momento non possiamo fare di più». La palla, insomma, è passata nel campo egiziano dal quale per ora non sono giunte risposte. 

L’ultimatum di giovedì sera dava tre ore di tempo ai familiari per pagare via money transfer a un emissario del racket nella capitale egiziana il riscatto di 8mila dollari per ciascun ostaggio, circa 250 profughi africani, tra cui 74 eritrei. Altrimenti sarebbero stati tutti uccisi. Scaduto il termine i trafficanti hanno picchiato gli ostaggi, segregati da oltre un mese nella penisola del Sinai in una località a circa 50 chilometri dal confine con Israele. L’agenzia del Gruppo di EveryOne ha annunciato di aver localizzato esattamente il luogo, non solo la cittadina ma anche l’edificio trasformato in prigione, le cui coordinate sono state già comunicate all’Alto commissario Onu per i rifugiati e alle autorità diplomatiche italiane.

Ma adesso bisogna fare in fretta. Sei ostaggi, tutti uomini, sono già stati uccisi. I primi tre lunedì, a freddo con un colpo di pistola dopo esere stati torturati. come ammonimento per gli altri perché non avevano trovato i danari del riscatto. Altri tre martedì, a bastonate dopo un fallito tentativo di fuga. Nel gruppo di immigrati, riferisce il blog dell’agenzia Habeshia guidata da don Zerai vi sono anche alcune donne incinte. I profughi hanno raccontato a don Mosè la loro odissea, prima sono partiti da Tripoli, in Libia, dove molti erano stati respinti dall’Italia via mare, per andare in Israele, pagando i 2mila dollari inizialmente pattuiti. Ma nel deserto i trafficanti li hanno sequestrati esigendone 8mila. I pagamenti sono stati chiesti con il cellulare ai parenti che fanno parte della diaspora eritrea sparsa nel mondo, compreso il nostro Paese. Quasi nessuno, naturalmente, possiede la somma per il riscatto.

«Alcuni hanno versato somme da 500-1000 dollari - spiega don Mosè - per calmare i banditi ed evitare ai parenti le botte quotidiane. Un gruppo di associazioni umanitarie, quali EveryOne, l’agenzia di cooperazione Habeshia di don Zerai, Christian Solidarity Worldwide e la Comunità di Sant’Egidio e la Papa Giovanni XXIII ha inviato ieri un nuovo appello all’Onu, alle istituzioni dell’Ue e alla comunità internazionale, e una lettera urgente agli ambasciatori d’Egitto in Italia e presso la Santa Sede. Contatti sono tenuti anche  con l’Ufficio del Relatore speciale Onu sul traffico di esseri umani e con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati per sollecitare un’azione internazionale.  «Se verranno salvati - commenta don Mosè - chiedo che non siano, però, deportati dal governo egiziano, come è già accaduto, ma che siano presi in carico dall’Alto Commissariato e che vengano esaminate le loro posizioni».

Non è il primo caso di rapimenti e omicidi di eritrei nel Sinai, divenuto centro di traffico di esseri umani. Oltre che dalla Libia, dal Paese c’è un flusso di fuggitivi crescente che scelgono Israele per entrare in Europa e chiedere asilo. Il rapporto 2009 di Reporter senza frontiere  collocava lo stato del Corno Africa  all’ultimo posto nella graduatoria mondiale della libertà di stampa. La dittatura eritrea ha espulso da tempo giornalisti e ong occidentali diventando un paese impenetrabile. Dal quale i giovani tentano la fuga a ogni costo.


Avvenire.it, 4 dicembre 2010 - Nel libro-intervista del Papa una grande specificità del cristianesimo - Dio si fa vicino e ci anticipa - E ogni ascesa diventa possibile di Giacomo Samek Lodovici

Nel libro-intervista di Benedetto XVI tra i tanti temi profondi ce n’è uno, che emerge in punti diversi del testo, molto congeniale a questo tempo di Avvento: quello del Dio cristiano come Dio vicino all’uomo con l’Incarnazione e nell’Eucaristia. In ciò emerge una delle specificità del cristianesimo rispetto alle altre religioni o a varie concezioni teiste. Infatti, in alcune concezioni il divino è impersonale, è una sorta di fondo razionale dell’essere che può essere intuito dall’uomo riflettendo sulla razionalità della natura, sulle sue leggi, sulla sua intelligibilità.

Lo stesso Papa Benedetto alcune volte ha ripreso questo utile antico argomento in favore dell’esistenza di Dio, ma, oltre a ciò, spesso ci invita a riflettere sull’esperienza cristiana come incontro con una Persona, cioè con un Io dotato di intelligenza e di volontà-amore: «all’inizio dell’essere cristiano», dice la sua prima enciclica, c’è «l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita […] la direzione decisiva». Un incontro voluto dall’Alto, come dice il libro-intervista: «Dio voleva che non lo intuissimo da lontano, solo attraverso la fisica e la matematica. Si voleva mostrare a noi». Questo Dio-Ragione suprema, infatti, è anche Amore, ha un cuore, e rinuncia alla sua immensità per farsi carne.

Se, per esempio, il greco Platone riteneva che l’uomo dovesse cercare di compiere una salita verso Dio, e se, subito dopo di lui, Aristotele affermava che Dio è oggetto, ma non soggetto d’amore, la rivoluzione cristiana è quella di un Dio che anticipa e anzi rende possibile ogni iniziativa dell’uomo e ogni ascesa: prima che l’uomo si volga a lui, è Dio che compie una discesa verso l’uomo, creandolo e con l’Incarnazione, la quale esprime un amore che poi arriva fino alla morte in croce.

D’altra parte, nemmeno dopo la croce Dio lascia il mondo. Non solo esercita ininterrottamente la sua premura provvidente verso ogni essere umano, ma resta altresì nell’Eucaristia: «Inconcepibile grandezza di un Dio che si è abbassato fino al punto di mostrarsi nella mangiatoia e darsi come cibo sull’altare» (discorso alla Gmg 2005 di Colonia). Perciò, dice Benedetto XVI nel libro-intervista, in certe celebrazioni «facendo sì che la comunione si riceva in ginocchio […] ho voluto […] mettere un punto esclamativo circa la Presenza reale» di Cristo nell’ostia consacrata.

Così, se spesso si recrimina nei confronti della Chiesa perché non si sopporta l’aspetto etico del suo annuncio, bisognerebbe ricordare che il nucleo di questo annuncio è appunto l’invito alla relazione col Dio di Gesù. L’aspetto morale non va tolto, però trova compimento e spiegazione ultima come preparazione alla comunione con Dio (ultima perché l’etica cristiana è già in buona parte guadagnabile razionalmente). Perciò bisognerebbe esprimere alla Chiesa una riconoscenza infinita: «Veramente decisivo è il fatto che essa dona Lui».

E se, a volte, la nostra cultura è pervasa da una fiducia incondizionata nella capacità della scienza di migliorare la nostra vita, se qualcuno pensa che la scienza possa addirittura darci l’immortalità, nondimeno, «Quello che la religione annuncia è ciò di cui abbiamo bisogno. La sola scienza, isolandosi e autonomizzandosi, non riempie tutta la nostra vita». Lo diceva già la Spe salvi, «Non è la scienza che redime l’uomo. L’uomo viene redento mediante l’amore. […] L’essere umano ha bisogno dell’amore incondizionato». Quello che si è manifestato a Betlemme e a Gerusalemme duemila anni fa.


«Convocazioni assurde e umilianti» le storie - Cerebrolesi dalla nascita costretti a stare 3 ore in attesa, paralitici ai quali si chiede di alzarsi e camminare, persone costretta alla ventilazione artificiale convocate in ufficio - DA ROMA Antonio Maria Mira – Avvenire, 4 dicembre 2010

Rossella, ha ricevuto la lettera dell’Inps di Arzano alla fine di luglio. Napoletana, 57 anni, cerebrolesa dalla nascita e totalmente non autosufficiente. «Abbiamo subito mandato la documentazione – ricorda la sorella Valeria – ma a fine settembre è arrivata un’altra lettera che, senza alcun riferimento alla prima, ci chiedeva altri do­cumenti per evitare la visita». Nuova racco mandata e nuova spesa. Eppure, ricorda ancora la sorella, «Rossella aveva avuto l’ultima visita nel 2005 da parte della commissione medico legale della Campania. Non bastava? Invece ancora fatiche e umiliazioni». Come per Lucia, 43 anni di Reggio Calabria, anche lei cerebrolesa dalla nascita. Mentalmente una bambina. Eppure a luglio ha avuto la lettera per una visita immediata. «Papà si è arrabbiato moltissimo – ricorda la sorella Paola –. È andato di persona all’Inps, dicendo che non avrebbe portato Lucia perché quella era un’ulteriore mortificazione». Per fortuna si sono accontentati della documentazione.

Anche Nanette, mamma di Alberto, disabile grave milanese, è andata di persona a porta re i documenti. Sentiamo il suo racconto. «Ore 10,30: davanti all’ufficio del medico legale c’erano un’ottantina di persone, per lo più anziane, in piedi senza possibilità di sedersi, alcune avevano portato con sé il figlio in carrozzina o visibilmente compromesso, che mal sopportava la lunga attesa. Io ho concluso la mia consegna e sono uscita dall’ufficio alle 13,30. Altri erano ancora in attesa». Nanette si chiede: «Perché queste verifiche non sono state avviate in collaborazione con le associazioni? Perché i dati non possono essere recepiti dalle Asl? Perché le persone con disabilità che fruiscono di servizi erogati da un comune e che quindi sono noti al sistema devono subire questo tipo di trattamento?». E poi un appello: «Interrompiamo questo supplizio, facciamo i controlli ma senza accanir si su persone già largamente provate».

Alla comunità Progetto Sud di Lamezia Terme sono tre le disabili gravi che hanno ricevuto la lettera. Nunzia, 62 anni, dalla nascita è affetta da artrogriposi miogene, una rigidità degli arti che la obbliga in carrozzina. Ma la sua vita è piena, anche come presidente della Fish Calabria. Nel 2007 era stata chiamata per una visita davanti alla commissione provinciale. «Un’esperienza indimenticabile. Mi invitavano a mettermi in piedi, dicevano 'le diamo noi una mano'. Affermavano che la mia malattia non esiste. Se non fosse stata drammatica, una situazione esilarante. Ora trovo assurdo che dopo appena tre anni mi chiamino per un nuovo controllo, come se io potessi guarire. Assurdo e umiliante ». Come per Rita, 63 anni, poliomelitica. Ha mandato i documenti ma non bastano. Ha in fatti ricevuto una telefonata dell’Inps che le chiede una nuova relazione se vuole evitare la visita. Ma ancora più assurdo per Emma, 55 anni, da quando ne aveva 13 col pita dalla distrofia muscolare (tre fratelli so no morti per la stessa sindrome), da allora in carrozzina e da 12 anni col ventilatore polmonare, giorno e notte. Donna impegnatissima, e molto nota in città, sul fronte della lotta alla ’ndrangheta e dell’educazione dei giovani, anche se ormai da quattro anni non può più uscire di casa. Eppure ha ricevuto di rettamente la convocazione per la visita. «Le raccomando – intimava l’Inps di Catanzaro – di presentarsi alla visita in quanto se risulterà assente si procederà alla sospensione della prestazione». «Ho mandato con racco mandata la documentazione per spiegare che non posso muovermi, chiedendo la visita domiciliare. Sto ancora aspettando. Mi dicono che i medici potrebbero arrivare da un giorno all’altro, senza preavviso. Come se fossi u na truffatrice...».


Disabili, ora i tagli passano per le visite - Linee guida Inps molto severe per l’accertamento dell’autonomia - il fatto - Se una persona con handicap è capace di condurre autonomamente alcuni atti di vita quotidiana potrebbe perdere l’indennità di accompagnamento. A rischio autistici, down, persone affette da demenza o Alzheimer – DA ROMA ANTONIO MARIA MIRA – Avvenire, 4 dicembre 2010

C’ è un documento che sta met tendo in apprensione e pro vocando nuove fatiche e u miliazioni ai disabili (quelli veri...) e al le loro famiglie. Sono le lettere dell’Inps che da luglio stanno arrivando in 100mi la case invitando entro 15 giorni a in viare la documentazione che attesta l’in validità. Poi scattano le visite medico le gali. A rischio pensioni e, soprattutto, l’indennità di accompagnamento. La manovra economica di giugno preve deva di alzare le percentuali di invali dità per ottenere le provvidenze. Pro posta ritirata, dopo forti opposizioni,

Avvenire in prima linea. Ora i problemi, usciti dalla porta, rientrano dalla fine stra.

L’allarme arriva col tam tam delle asso ciazioni e delle famiglie. File intermi nabili, disabili gravissimi costretti a di mostrare la propria invalidità o a visite mortificanti, invalidi anziani e soli che non sanno come comportarsi. Ma non fa notizia. Tutto nasce dal programma di controlli contro i falsi invalidi previ sto proprio dalla manovra: 100mila nel 2010 (altri 100mila erano stati fatti nel 2009), 250mila nel 2011 e 250mila nel 2012. Controlli richiesti a gran voce dai veri invalidi. Ma come sta andando? Facciamo un passo indietro. All’inizio di quest’anno parte la nuova procedu ra, totalmente informatizzata, di accer tamento e controllo. Per avere la com pleta tracciabilità delle posizioni e tem pi certi. Una buona iniziativa. Ma tra di sorientamento dei cittadini e resisten ze sia dei medici che, soprattutto, delle Usl, tutto va a rilento. Così attualmente i procedimenti informatizzati, ad esse re ottimisti, non supererebbero il 30%. E i tempi tra domanda e assegnazione della pensione, che dovevano scendere a 120 giorni, restano a 9 mesi, con pic chi di un anno. E anche le verifiche (quelle ordinarie) vanno a rilento. Si stema promettente ma ancora semi bloccato. E proprio per questo le do mande di invalidità, come segnalato dall’Inps, sarebbero scese del 20%.

Su questa fase, confusa, si è calato il pia no di controlli straordinari, scattato dal la scorsa estate. Ma come scegliere gli in validi da controllare? Nel 2009, in occa sione del precedente piano straordina rio, l’Inps aveva chiesto i fascicoli sani tari alle Usl, per evitare di chiamare di sabili gravi, per i quali il decreto 2 ago sto 2007 esclude successive verifiche. Ma le Usl ne avevano inviati solo il 15%. Così quest’anno l’Inps decide di invia re la richiesta sia alle Usl che agli inva lidi, a prescindere dalla gravità. Ecco quindi che le lettere arrivano a amma lati di Sla, di distrofia, cerebrolesi, down. Insomma il sistema non funziona e a pagare sono i più deboli. Anche perché la documentazione inviata sembra non bastare (oppure è troppa e non si ha tempo per leggerla...) e quasi sempre scattano le convocazioni per le visite mediche. Anche perché, tutti lo sanno, i falsi invalidi la documentazione ce l’hanno ed è anche, a suo modo, 'per fetta'.

Al momento delle visite ecco la sorpre sa. Una circolare interna dell’Inps pre scrive 'linee guida' molto severe per l’accertamento dell’autonomia dei di sabili per il mantenimento dell’inden nità di accompagnamento. In pratica se un disabile è capace di condurre auto nomamente gli atti di vita quotidiana in casa (come vestirsi, mangiare, andare al bagno) corre il rischio di perdere tale in dennità, anche se poi, uscito di casa, non è capace di tornarvi. Era previsto da un emendamento alla manovra poi, per fortuna, ritirato. Ora rientra con un atto amministrativo, con forti dubbi di legittimità, in quanto modifica di fatto l’attuale normativa. A rischio soprattut to disabili mentali come autistici, down, ma anche affetti da demenza senile o alzheimer. Solo un rischio? L’allarme lanciato dalle associazioni parla di al cune indennità già sospese. Con possi bili strascichi di ricorsi alla magistratu ra. E ricordiamo che l’Inps ha un carico di ben 400mila cause relative a revoche del passato. Con costi altissimi. Ma il tutto vale le fatiche e le umiliazioni? La decisione di finanza pubblica prevede che dai controlli si possano risparmia re 80 milioni quest’anno, 160 nel 2011, 240 nel 2012. Pochissimo a fronte di una spesa per l’invalidità che supera i 16 miliardi. Intanto per fare queste visite sono stati assunti per un anno 488 medici, con scarsa esperienza. Costeranno non poco. Ne valeva davvero la pena?


I consigli: spedire tutti i documenti Se malati gravi, chiedere la visita domiciliare - DA ROMA – Avvenire, 4 dicembre 2010

C osa fare se arriva la tanto temuta lettera dell’Inps? Lo chiediamo a Carlo Giacobini, responsabile del Centro per la documentazione legislati va dell’Uildm e curatore del sito Handy-Lex (assolutamente da contattare...). «In viare tutta la documentazione in pos sesso, in particolare il verbale di ricono scimento dell’invalidità rilascia to dalla Usl. Comunque non è opportuno né consigliabile in viare troppi documenti perché all’Inps potrebbero preferire di non leggerli passando diretta mente alla visita».

Ma se la documentazione è mol to vecchia non si corre il rischio che sia considerata non più va lida?

Dopo il primo invio, che co munque va fatto in tempi brevi, si può chiedere alla Usl docu mentazione più recente da in viare successivamente all’Inps o consegnare al momento della vi sita.

Meglio spedire i documenti o consegnarli direttamente?

Se si vogliono evitare intermina bili file, che purtroppo ci sono sempre all’Inps, è meglio spedi re, ovviamente per raccomanda ta con ricevuta di ritorno. Ricor do che non si devono mandare i documenti in originale. Bastano le foto copie. Non è necessario neanche auten ticarle.

Cosa succede se non si invia la docu mentazione?

Intanto precisiamo che l’Inps non può sospendere le prestazioni. Ma solo con vocare l’invalido per la visita. Comun que la scelta del non invio è da consi gliare per chi ha patologie particolari, complesse o rare, e per chi ha solo do cumentazione molto vecchia. Per loro è molto meglio andare direttamente alla visita.

Alla visita si può essere accompagnati dal proprio medico curante?

Sì, è possibile. Ma è consigliabile solo per patologie particolari o rare.

Se dopo la visita l’Inps decide per la re voca della prestazioni cosa si può fare?

Si può fare ricorso al giudice (non è pre visto, invece, il ricorso in via ammini strativa). In questo caso è meglio ricor rere al sostegno di un legale o di un pa tronato sindacale.

In che casi è possibile chiedere la visita di controllo domiciliare?

Si ha diritto alla visita domiciliare solo se quella fuori casa può mettere a grave ri schio la vita. È il caso, ad esempio, di chi vive attaccato ad apparecchiature. Quin di si tratta di casi molto ristretti. L’im possibilità a muoversi va comunque do cumentata con un certificato del proprio medico curante.

(A.M.M.)