venerdì 17 dicembre 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    Lettera al foglio di Padre Aldo Trento del 16 dicembre 2010 (?)
2)    16/12/2010 - PACE 2011 - Fondamentalismo e relativismo, nemici della libertà religiosa e della pace di Bernardo Cervellera (AsiaNews)
3)    Opporsi al Presepe? Una stupidata, roba da imbecilli. Chi fa certe affermazioni non conosce né il Vangelo, né Voltaire. Ogni anno le stesse asinerie di Bruno Volpe da http://www.pontifex.roma.it
4)    17/12/2010 – VATICANO-CINA - Profondo dolore del Vaticano per gli “atti inaccettabili e ostili” di Pechino verso la Chiesa (AsiaNews)
5)    PERSECUZIONI ANTICRISTIANE: una testimonianza dall’Iraq - Articoli CR Venerdì 17 Dicembre 2010 - CR n.1171 del 18/12/2010
6)    Narnia, le cronache della conversione di Paolo Gulisano 17-12-2010 da http://www.labussolaquotidiana.it
7)    Avvenire.it, 16 dicembre 2010 - Cultura – INTERVISTA - Ostracismo o i modi di escludere gli altri di Roberto I. Zanini
8)    Avvenire.it, 17 dicembre 2010 - Per un autentico rispetto di fede e coscienza - La via maestra della civiltà di Andrea Lavazza
9)    Avvenire.it, 17 dicembre 2010 – RAI - Colpo di mano dei radicali - In onda spot pro eutanasia
10)                      Comunicato n° 23 del 17 Dicembre 2010 - SCIENZA & VITA: NO ALL’EUTANASIA - DATE SPAZIO A CHI SOSTIENE LA VITA
11)                      SPOT PRO EUTANASIA/ I radicali riescono a farlo trasmettere su Rai Tre Redazione - venerdì 17 dicembre 2010 – ilsussidiario.net
12)                      Avvenire.it, 17 dicembre 2010 - PENA CAPITALE - Usa, ucciso con una sostanza per abbattere gli animali
13)                      DESIDERIO E CERTEZZA DI DIO - Presentato a Roma il Meeting per l’amicizia fra i popoli 2011 di Antonio Gaspari (ZENIT.org)
14)                      Prof., sei l'unico... - Autore: Bruschi, Franco  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - venerdì 17 dicembre 2010
15)                      I vespri con gli universitari romani - Una nuova classe di intellettuali per una cultura al servizio dell'uomo (©L'Osservatore Romano - 18 dicembre 2010)

Lettera al foglio di Padre Aldo Trento del 16 dicembre 2010 (?)

Al direttore - Mi chiamo Padre Aldo e sono un semplice prete che vive con gioia il suo essere uomo e missionario (in Paraguay) nell’appartenenza a Comunione e Liberazione. Come spesso mi capita, quando sono arrivato in Italia ho letto il suo giornale. Ma contrariamente ad altre volte ho avuto una cattiva sorpresa leggendo il doppio articolo di un certo Camillo Langone, un “Carneade” per me che vivo sperduto nei tropici. Camillo come il famoso don Camillo, però a differenza del personaggio di Guareschi che rallegrava il mio cuore di ragazzo, questo Camillo mi ha lasciato con la bocca di chi mangia un frutto crudo – come ad esempio un mela cotogna che ti lega la bocca. Nella prima parte il signor Camillo si vanta di avere come amici certe persone che conosco bene e questo mi lascia perplesso, non certo per la relazione che hanno con lui (viva le relazioni più ampie possibili) ma perché mi ha provocato una domanda: questa amicizia come può non generare una vera curiosità nell’amico Camillo per conoscere il cuore di un carisma nato dallo spirito e proposto a dei peccatori (e che razza di peccatori: mi sto guardando allo specchio) i quali fra miserie e debolezze cercano di viverlo come la loro libertà gli permette? Come può non suscitare quel rispetto che merita ogni esperienza umana che nasce dalla fede e per le persone che tentano di viverla? Due anni fa quando nel mio paese (Paraguay) ci sono state le elezioni presidenziali abbiamo combattuto con tutte le nostre energie invitando, con motivi più che ragionevoli, il popolo a non votare la lista della coalizione guidata da un ex vescovo. Siamo stati sconfitti politicamente ma la vittoria della verità, testimoniata dalla nostra amicizia, come affetto al destino “dei vittoriosi”, ha in breve tempo cambiato l’atteggiamento reciproco. In questo modo siamo diventati amici fino al punto che il vicepresidente ogni lunedì mattina alle cinque e mezza recita le lodi con noi preti della parrocchia. Don Giussani ci ha sempre detto che l’amicizia è una compagnia appassionata alla verità dell’altro, suo destino ultimo. Mentre lei con i suoi due articoli che ostentano schizofrenia esprime il suo pregiudizio nel descrivere in modo fantasioso e grottesco ciò che il carisma di don Giussani ha generato mediante dei peccatori che fin dalla loro giovinezza hanno aderito con passione all’entusiasmo della proposta di questo grande sacerdote milanese. Per di più si permette di esprimere opinioni non solo menzognere ma anche di cattivo gusto su persone che hanno grandi responsabilità dentro l’esperienza stessa del movimento! Per esempio contrappone Carron a Giussani, quando il fondatore di CL lo ha chiamato non certo a garantire “una vigilanza burocratica” sul movimento, come ingiustamente e da ignorante dice. Non solo ogni uomo ha il temperamento che Dio gli ha dato, una propria personalità, ma mai come adesso a tutti noi, peccatori, farabutti, invischiati in tutte le miserie, risulta ancora più chiaro, più grande, più bello, più profondo ciò che Giussani ha creato. Posso dire, ad esempio, che nel mio continente, l’America Latina, grazie alla testimonianza, all’affetto paterno di don Carron per ognuno di noi l’intera esperienza di CL è rinata, sta vivendo una nuova primavera, una fioritura impressionante di umanità e perfino un incremento quantitativo da tempo sconosciuto. Quello che lei, signor Camillo, definisce freddezza e distacco, usando parole pesanti e improprie, di fatto rivela una paternità, un’affezione che ci riporta sempre all’origine del fatto cristiano, del carisma, dandoci la gioia di sentire viva e attuale la presenza di Giussani. Come mi piacerebbe che lei potesse ascoltare quando Carron ci parla dell’umano, dell’io, dell’avvenimento cristiano! Sono convinto che se il suo cuore è semplice come quello dei miei bambini o dei miei malati di AIDS rimarrebbe commosso e si renderebbe conto della bellezza e attualità del carisma di Giussani. La stessa Compagnia delle Opere, come quella che vive e opera nella mia parrocchia di Asuncion, non ha niente a che fare con i giudizi che lei esprime perché è solo il frutto commosso di centinaia di persone toccate dal carisma di Giussani le quali seguono oggi la provocazione continua che Carron fa alla nostra umanità, alla nostra libertà, al nostro compromesso con la realtà. I difetti non mancano, ci si deve sporcare le mani, ma il cuore che sta all’origine di tutto vibra nella passione per Cristo. Allo stesso modo vibra il cuore di tanti amici che fanno la Cdo in tutto il mondo. Grazie.
Padre Aldo Trento, missionario in Paraguay.


16/12/2010 - PACE 2011 - Fondamentalismo e relativismo, nemici della libertà religiosa e della pace di Bernardo Cervellera (AsiaNews)

Nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2011, Benedetto XVI mostra solidarietà ai tanti cristiani perseguitati (Iraq, Terra Santa,…), ma mette in luce anche che la persecuzione viene non solo dal terrorismo islamico, ma anche dalle società secolarizzate occidentali che soffocando la dimensione religiosa, eliminano un elemento importante per la vita dell’uomo e la convivenza fra i popoli.

Roma (AsiaNews) -Libertà religiosa, via per la pace”, il Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2011, reso pubblico oggi da Benedetto XVI, strappa il tema della libertà religiosa da questione di semplice difesa dei credenti contro le persecuzioni e lo colloca al centro del presente e del futuro della società mondiale.

Esso difende la presenza dei cristiani in Iraq – ricordando il terribile eccidio del 31 ottobre a Baghdad, nella cattedrale siro-cattolica -; ricorda le difficoltà di tanti credenti, impossibilitati a esprimere la loro fede, a difendere la loro religione (v. il caso di Asia Bibi), a cambiarla secondo la ricerca della verità. Ricorda anche le oppressioni vissute dai cristiani di Terra Santa – schiacciati da un doppio fondamentalismo, ebraico e musulmano, dalla guerra degli insediamenti dei coloni israeliani e dalla guerriglia e terrorismo del radicalismo palestinese; le intolleranze a cui sono sottoposti i fedeli in tante parti del mondo africano (Egitto, Algeria, Sudan, Nigeria,…) e asiatico (Nordcorea, Vietnam, Cina, India, Malaysia, Myanmar,…).

Ma soprattutto, questo Messaggio fa vedere che la libertà religiosa è una vera “arma della pace”, la cui affermazione permette una missione “storica e profetica” nel mondo contemporaneo (v. n. 15).
Non è difficile riconoscere che proprio in quei Paesi dove più si esercita violenza contro la libertà religiosa, lì vi è un ampio spettro di violazioni a tutti i diritti umani, e una tensione che annuncia possibili guerre. È così in Iran e in Nordcorea; in Pakistan e in Cina; in Myanmar, in Sudan e in Egitto.

In tal modo la libertà religiosa si manifesta – se ancora non lo si è capito – di essere la base dei diritti umani, "la cartina di tornasole per verificare il rispetto di tutti gli altri diritti umani" (n.5).
Soprattutto, Benedetto XVI spiega che la libertà religiosa permette ai credenti di offrire senza timore il loro contributo alla società, garantendo per essa ideali che vanno oltre il bieco mercantilismo (n. 2).

Per il papa la libertà religiosa è anche la base per la convivenza sociale perché permette di guardare l’altro con rispetto e di coinvolgerlo nel collaborare a una società impegnata per il bene comune e non solo per l’interesse proprio o della propria etnia o gruppo (n.3).

Nel documento il papa fa i nomi dei nemici della libertà religiosa che divengono in tal modo anche i nemici della pace. Essi sono il fondamentalismo e il relativismo.

Il primo strumentalizza la libertà religiosa (di una religione) “per mascherare interessi occulti, come ad esempio il sovvertimento dell’ordine costituito, l’accaparramento di risorse o il mantenimento del potere da parte di un gruppo, può provocare danni ingentissimi alle società”. E qui il pontefice condanna ancora una volta ogni violenza fatta in nome di Dio, ricordando che la verità si impone con se stessa (v. n. 7). Nelle parole del papa si comprendono le allusioni al radicalismo islamico, a quello indù, al terrorismo.

Ma ciò che è curioso e segno di profondità è aver messo vicino al fondamentalismo (sulla cui condanna sono tutti d’accordo) anche il relativismo che svuota di valore la ricerca religiosa e la condanna all’estraniazione nella società. E qui Benedetto XVI ha di mira il mondo occidentale dove, con la scusa di non offendere le altre religioni, si cancellano i segni sacri dalla vita pubblica e si costringe al privato l’esperienza religiosa: “le leggi e le istituzioni di una società – grida il papa - non possono essere configurate ignorando la dimensione religiosa dei cittadini o in modo da prescinderne del tutto” (n. 8). Vengono in mente alcuni dibattiti e tentativi di condannare la Chiesa cattolica come “razzista” perché non dà il sacerdozio alle donne, o non riconosce l’unione fra i gay alla pari dell’unione fra uomo e donna; o il tentativo, in nome dei “diritti delle donne”, di obbligare a praticare l’aborto anche i medici obiettori.

Molto mondo occidentale guarda a queste tensioni come delle sciocchezze da sacrestia, dei tentativi dei cattolici di difendere moralità ormai superate. Benedetto XVI dice che queste prese di posizioni del mondo laicista e relativista contro la libertà religiosa sono i segni di una guerra imminente. Il materialismo vuoto dell’occidente, che emargina la religione, è a un passo dal distruggere tutto lo sviluppo civile creato in due millenni di cristianesimo e di cultura europea.

Per questo il pontefice domanda che la legislazione dei vari Paesi tenga conto della legislazione internazionale in fatto di diritti umani e religiosi e propone come simbolo per un futuro di pace l’incontro di Assisi del 1986.

“Nel 2011 – egli dice - ricorre il 25° anniversario della Giornata mondiale di preghiera per la pace,convocata ad Assisi nel 1986 dal Venerabile Giovanni Paolo II. In quell’occasione i leader delle grandi religioni del mondo hanno testimoniato come la religione sia un fattore di unione e di pace, e non di divisione e di conflitto. Il ricordo di quell’esperienza è un motivo di speranza per un futuro in cui tutti i credenti si sentano e si rendano autenticamente operatori di giustizia e di pace” (n.11).


Opporsi al Presepe? Una stupidata, roba da imbecilli. Chi fa certe affermazioni non conosce né il Vangelo, né Voltaire. Ogni anno le stesse asinerie di Bruno Volpe da http://www.pontifex.roma.it

In una società sempre più multietnica, a Natale torna in ballo la questione Presepe, canti cristiani et similia. Ogni anno, puntuale come una cambiale, ecco la barzelletta che questi segni della nostra civiltà sarebbero oltraggiosi, offensivi e persino un insulto alla cultura di chi la pensa diversamente da noi. Magari costoro, al presepe neppure ci fanno caso, badando ad altri problemi. Ne parliamo con Alessandro Meluzzi, psichiatra di chiara fama e cattolico. Professor Meluzzi, ma il presepe davvero può offendere altre sensibilità: "senta, ogni anno perdiamo il tempo dietro a questa insensatezza, perché dappertutto si alza una maestrina che dice queste cose ed io mi sono stancato di correre dietro a queste asinerie e stravaganze di chi non sa come meglio occupare il tempo". Ma se si ripete, il problema esiste: "il problema esiste per la semplice ragione che esistono gli imbecilli e questi non li possiamo sopprimere. Si arriva all'assurdo di affermare che un simbolo che é religioso, ma anche frutto della nostra civiltà e creato non da Hitler, ma da San Francesco, offenderebbe. Son ben altre le cose offensive. In realtà viviamo in una società sempre più ignorante, anticattolica, e sicuramente intollerante, la diversità va rispettata e assicurata, nessuno si senta in diritto di emarginare gli altri, ma permetteteci di valorizzare e assaporare i segni della nostra civiltà ,bene o male la maggioranza degli italiani é cattolica. Sul come si potrebbe discutere, ma il presepe ha formato tante generazioni e non ha mai scandalizzato nessuno".

E allora? "allora succede che chi si oppone per presunti motivi di sensibilità nei riguardi di chi la pensa diversamente, ignora sia il vangelo, che ricorda il presepe, che Voltaire, padre nobile dell'illuminismo che predicava la tolleranza. E allora nel nome della tolleranza tanto richiesta per gli altri, che male ci sta se si espone il presepe in pubblico? Qui non si tratta di una imposizione, ma di una tradizione e le tradizioni sono frutto della storia e della cultura, come tali sono sacre".

Gli islamici difendono il presepe, lo trova strano? "assolutamente no. Su questo si dimostrano molto più intelligenti loro dei tanti laici da strapazzo, sanno bene che i simboli vanno rispettati e come chiedono tolleranza per i loro, nella stessa maniera la invocano per gli altri".

Il presepe può impressionare o influenzare un bambino? "sì, come la tombola o la Befana, parliamo di cose serie, per cortesia".


17/12/2010 – VATICANO-CINA - Profondo dolore del Vaticano per gli “atti inaccettabili e ostili” di Pechino verso la Chiesa (AsiaNews)

Dura nota del Vaticano per l’ottava Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi, che ha “danneggiato unilateralmente” il dialogo. L’“atteggiamento repressivo” contro la Chiesa più che forza sembra indicare “timore e debolezza”. Inconciliabili con a fede la “cosiddetta Conferenza Episcopale e l’Associazione Patriottica”. La responsabilità di chi ha partecipato.


Città del Vaticano  – “Profondo dolore” e “rammarico” della Santa Sede per le modalità dello svolgimento e per le conclusioni dell’Assemblea dei rappresentanti cattolici cinesi. Un comunicato diffuso oggi dalla Sala stampa della Santa Sede denuncia “l’atteggiamento repressivo” e “l’intransigente intolleranza” delle autorità nei confronti della Chiesa, “segno di timore e di debolezza, prima che di forza”, ribadisce la “grave violazione” della libertà religiosa compiuta verso i cattolici e in particolare verso sacerdoti e vescovi obbligati a parteciparvi, evidenziando la responsabilità “davanti a Dio e davanti alla Chiesa” dei pastori presenti e ricorda, infine, che “cosiddetta Conferenza Episcopale e dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese” non sono riconosciuti dalla Chiesa e sono “inconciliabili” con la fede cattolica.
Nel documento, infine, malgrado “tali atti inaccettabili ed ostili” la Santa Sede “riafferma la propria volontà di dialogare onestamente” e ricorda l’invito che il Papa ha rivolto a tutti i cattolici del mondo a pregare per la Chiesa in Cina, che sta vivendo momenti particolarmente difficili.

“1. Con profondo dolore - si legge nel documento - la Santa Sede deplora che, nei giorni 7-9 dicembre corrente, si sia tenuta a Pechino l’Ottava Assemblea dei Rappresentanti Cattolici Cinesi. Questa è stata imposta a numerosi Vescovi, Sacerdoti, Religiose e Fedeli laici. Le modalità della sua convocazione ed il suo svolgimento manifestano un atteggiamento repressivo nei confronti dell’esercizio della libertà religiosa, che si auspicava ormai superato nell’odierna Cina. La persistente volontà di controllare la sfera più intima dei cittadini, qual è la loro coscienza, e d’ingerirsi nella vita interna della Chiesa cattolica, non fa onore alla Cina; anzi, sembra un segno di timore e di debolezza, prima che di forza; di un’intransigente intolleranza, più che di apertura alla libertà e al rispetto effettivo sia della dignità umana sia di una corretta distinzione tra la sfera civile e quella religiosa.

2. A più riprese la Santa Sede aveva fatto conoscere, prima di tutto ai Pastori ma pure a tutti i Fedeli, anche pubblicamente, che non dovevano partecipare all’evento. Ognuno di coloro che erano presenti sa in che misura è responsabile davanti a Dio e alla Chiesa. I Vescovi, in particolare, e i Sacerdoti saranno anche posti di fronte alle attese delle rispettive comunità, che guardano al proprio Pastore e hanno diritto di ricevere da lui guida e sicurezza nella fede e nella vita morale.

3. E’ noto, peraltro, che molti Vescovi e Sacerdoti sono stati forzati a partecipare all’Assemblea. La Santa Sede denuncia questa grave violazione dei loro diritti umani, in particolare della loro libertà di religione e di coscienza. Inoltre, la Santa Sede esprime la sua stima più profonda a quanti, in diverse modalità, hanno testimoniato la fede con coraggio e invita gli altri a pregare, a fare penitenza e, con le opere, a riaffermare la propria volontà di seguire Cristo con amore, in piena comunione con la Chiesa universale.

4. A coloro che portano nel cuore sconcerto e profonda sofferenza, domandandosi come sia possibile che il proprio Vescovo o i propri Sacerdoti abbiano partecipato all’Assemblea, la Santa Sede chiede di rimanere saldi e pazienti nella fede; li invita a prendere atto delle pressioni subite da molti dei loro Pastori e a pregare per loro; li esorta a continuare coraggiosamente a sostenerli di fronte alle ingiuste imposizioni che incontrano nell’esercizio del loro ministero.

5. Durante l’Assemblea sono stati, fra l’altro, designati i responsabili della cosiddetta Conferenza Episcopale e dell’Associazione Patriottica Cattolica Cinese. Riguardo a questi due organismi, così come all’Assemblea stessa, rimane valido quanto il Santo Padre Benedetto XVI ha scritto nella Lettera del 2007 alla Chiesa in Cina (cfr nn. 7 e 8).
In particolare, l'attuale Collegio dei Vescovi Cattolici di Cina non è riconosciuto come Conferenza Episcopale dalla Sede Apostolica: non ne fanno parte i Vescovi «clandestini», cioè non riconosciuti dal Governo, che sono in comunione con il Papa; include Presuli, che sono tuttora illegittimi, ed è retta da Statuti, che contengono elementi inconciliabili con la dottrina cattolica. E’ profondamente deplorevole che sia stato designato a presiederla un Vescovo non legittimo.
Per quanto poi concerne la dichiarata finalità di attuare i principi di indipendenza e autonomia, autogestione e amministrazione democratica della Chiesa, va ricordato che essa è inconciliabile con la dottrina cattolica, che fin dagli antichi Simboli di fede professa la Chiesa «una, santa, cattolica e apostolica». E’, quindi, deprecabile anche la designazione di un Presule legittimo a presiedere l’Associazione Patriottica Cattolica Cinese.

6. Non è questo il cammino che la Chiesa deve compiere nel contesto di un grande e nobile Paese, che suscita attenzione nell’opinione pubblica mondiale per le significative mete raggiunte in tanti ambiti, ma trova ancora difficile attuare gli esigenti dettami di una vera libertà religiosa, che nella sua Costituzione pur professa di rispettare. Per giunta, l’Assemblea ha reso più arduo il cammino di riconciliazione fra i Cattolici delle «comunità clandestine» e quelli delle «comunità ufficiali», provocando una ferita profonda non solo alla Chiesa in Cina, ma anche alla Chiesa universale.

7. La Santa Sede si rammarica profondamente per il fatto che la celebrazione della suddetta Assemblea, come pure la recente ordinazione episcopale senza l’indispensabile mandato pontificio, abbiano danneggiato unilateralmente il dialogo e il clima di fiducia, avviati nei rapporti con il Governo della Repubblica Popolare Cinese. La Santa Sede, mentre riafferma la propria volontà di dialogare onestamente, sente il dovere di precisare che atti inaccettabili ed ostili come quelli appena menzionati provocano nei fedeli, dentro e fuori della Cina, una grave perdita di quella fiducia che è necessaria per superare le difficoltà e costruire una relazione corretta con la Chiesa, a vantaggio del bene comune.

8. Alla luce di quanto è avvenuto, rimane urgente l’invito che il Santo Padre ha rivolto a tutti i Cattolici del mondo, il 1º dicembre corrente, a pregare per la Chiesa in Cina, che sta vivendo momenti particolarmente difficili”.


PERSECUZIONI ANTICRISTIANE: una testimonianza dall’Iraq - Articoli CR Venerdì 17 Dicembre 2010 - CR n.1171 del 18/12/2010

Riportiamo qui di seguito una drammatica testimonianza di un giovane sacerdote iracheno, don Hani, inviata a vari amici italiani tra cui a Don Sabino Palumbieri, docente di Teologia presso l’università Salesiana, suo professore negli anni della sua formazione a Roma.

Carissimi confratelli e amici,

Avete sentito del dramma e della sofferenza che stanno vivendo i cristiani in Iraq, non sono riuscito a scrivere nulla prima, ma adesso non posso non esprimere il dolore e l’angoscia che sento e condivido con tutti loro. Sento il grido di due sacerdoti giovanissimi che vengono massacrati e bagnati dal loro sangue davanti all’altare mentre celebrano la santa messa e pregano per la pace , sento il grido di una donna il cui bambino di quattro mesi che teneva in braccio viene ucciso con un colpo di fucile, il grido di Adam ( un bambino di tre anni ucciso tra papà e mamma) per due ore ha detto solo questa parola: «basta, basta….» e poi viene ucciso anche lui, il grido di una donna incinta portata vicino a un kamikaze e fatta esplodere insieme a lui, il grido di un giovane che cerca di salvare il padre, con il quale verrà poi ucciso.

Tante storie dolorosissime mi hanno raccontato personalmente i feriti dall’attentato di Baghdad nella Chiesa intitolata a nostra Signora del perpetuo soccorso, i quali sono arrivati all’ospedale Gemelli grazie all’intervento della Santa Sede e dello stato Italiano. Più di sessanta cristiani uccisi dai fondamentalisti musulmani, i quali indisturbati continuano ad uccidere . Proprio mentre scrivo questa lettera mi è arrivata la notizia di altri due cristiani uccisi a Musol. Dicevo prima che i cristiani lì sono le vittime del fondamentalismo islamico, che uccide senza pietà senza distinguere tra bambini giovani, anziani, donne e uomini, inoltre senza rispettare alcun luogo di preghiera.

La nostra forza non è la violenza, non sono le bombe o fare il kamikaze per uccidere persone innocenti. La nostra forza è la preghiera, la fiducia nel Signore e nella Vergine Maria aiuto dei cristiani. Vi chiedo carissimi di pregare intensamente per questa situazione e per fare arrivare la nostra voce e il nostro grido che chiede, pace, stabilità e dignità di vivere.
Ovunque siamo facciamo capire al mondo cosa sta succedendo in Iraq. Grazie a tutti quelli che mi sono stati vicini e mi hanno mandato parole di conforto. Vi ricordo anch’io nelle mie preghiere, affidandovi al Signore. Don Hani.


Narnia, le cronache della conversione di Paolo Gulisano 17-12-2010 da http://www.labussolaquotidiana.it

Esce oggi sugli schermi il film Il viaggio del veliero, terzo episodio della saga cinematografica de Le Cronache di Narnia, tratta dall’omonimo capolavoro dello scrittore anglo-irlandese C.S. Lewis, ed è subito polemica.

«Narnia film di fede?» titolava nei giorni scorsi il quotidiano La Repubblica, sostenendo - anche attraverso le dichiarazioni di qualche attore - che una lettura cristiana dell’opera è una forzatura a fini commerciali, visto il clima di buoni sentimenti pre-natalizi, e una concessione indebita ad un sedicente «religiosamente corretto» che secondo il quotidiano starebbe prendendo sempre più piede. Perplessità sono state espresse dal buon Liam Neeson, che dà la voce al leone Aslan, e che pur ammettendo che tale personaggio ha evidenti simbolismi cristologici afferma che «rappresenta anche Maometto, Budda e i grandi leader spirituali»; e dal co-produttore del film Mark Johnson che a detta di Repubblica avrebbe sostenuto che «la resurrezione esiste in così tante religioni, in una forma o nell'altra, che è difficile definirla come un'esclusiva del cristianesimo».

Eppure è innegabile che l’opera di Lewis, al pari del Signore degli Anelli del suo grande amico Tolkien, è una grande epica religiosa e cristiana. Il Ciclo di Narnia prese il via con il romanzo Il leone, la strega e l’armadio, seguito da Il Principe Caspian, e quindi - tra il 1950 e il 1956 - furono in tutto sette i libri che uscirono, e che ebbero uno straordinario successo in tutto il mondo. Da allora generazioni di lettori, giovani e non solo, hanno attinto a tutta la bellezza e il fascino delle imprese dei quattro fratelli, del leone Aslan, e di altri indimenticabili personaggi, come quell’Eustachio Scrubb protagonista del Viaggio del veliero la cui vicenda rappresenta, con un simbolismo in realtà molto intuibile, il cammino della conversione e la salvezza rispetto alla triste sorte (diventare draghi, ovvero mostri) che ci riserverebbe l’essere schiavi del peccato.

Un tema che era molto caro al suo autore: C.S. Lewis, irlandese protestante di Belfast, nel nord dell’Irlanda, ferocemente anti-cattolico, poi ateo militante, infine convertito al Cristianesimo (nella Chiesa Alta Anglicana) grazie al suo migliore amico, il fervente cattolico J.R.R. Tolkien. Il suo itinerario spirituale fu complesso e tormentato, e quando infine giunse all’ammissione dell’esistenza di Dio, si definì il «convertito più riluttante di tutta l’Inghilterra». Ben presto tuttavia divenne uno degli scrittori cristiani più apprezzati della sua generazione, un’apologeta acuto quanto appassionato, autore di testi famosissimi come Le Lettere di Berlicche.

Lewis divenne un appassionato apologeta del Cristianesimo, e il modo che scelse per raccontare la propria conversione non si limitò alla saggistica, ma trovò il luogo più appropriato nell’allegoria, nel racconto fantastico. Questo tipo di narrativa offrì a Lewis la possibilità di descrivere, con il linguaggio del mito, lo scenario complesso, contraddittorio ma affascinant, della condizione umana, così come andava facendo il suo amico Tolkien. Entrambi avevano intrapreso il cammino della Mitopoiesi, ovvero della costruzione di miti, descrivendo mondi che, all’interno del romanzo, hanno una loro piena coerenza.

Lewis si affidò alla ragionevolezza delle fiabe in un mondo apparentemente razionale ma in realtà solo razionalistico, e più folle e intriso di male e di ingiustizia di qualsiasi racconto di orchi e draghi o streghe. Quella contenuta nelle favole è d’altra parte una ragionevolezza e una saggezza antica: queste storie meravigliose collocate nel magico reame del «c’era una volta» e della narrativa per l’infanzia hanno le loro radici nei racconti popolari. Dietro l’apparenza del racconto per ragazzi si cela un ciclo epico in cui si fondono grandi temi: un mosaico di miti e di simboli, che correttamente decifrati svelano al lettore più accorto come ogni elemento narrativo sia funzionale alla rappresentazione grandiosa e terribile dell’eterna lotta tra il Bene e il Male, tra Dio e il Nemico. Nell’opera di Lewis l’intento non è affatto equivocabile: prendere profondamente sul serio questa evidenza, prendere cioè sul serio il Cristianesimo stesso.


Avvenire.it, 16 dicembre 2010 - Cultura – INTERVISTA - Ostracismo o i modi di escludere gli altri di Roberto I. Zanini

La chiamano Rejection line. Letteralmente è "il telefono del rifiuto". La prima linea telefonica pensata per respingere gli indesiderati senza alcun coinvolgimento personale. È nata a New York e si è diffusa in quasi tutto il mondo anglosassone. L’idea originaria era quella di fornire le ragazze di uno strumento efficace per rifiutare gli approcci indesiderati. Qualcuno ti chiede il telefono, tu gli dai quello della Rejection line e il malcapitato si sente rispondere da una voce gentile che «sfortunatamente la persona che le ha dato questo numero non intende parlare con lei. Questo è un rifiuto ufficiale».

E ce ne sono anche di più evoluti, che consentono a chi chiama di scegliere fra alcune variabili di risposta, del tipo: «Se preme "1" potrà ascoltare le parole di conforto di un nostro esperto; se preme "2" ascolterà una triste poesia sull’abbandono; se vuole aggrapparsi a qualche irrealistica speranza prema "3"». Si tratta di un esempio fra i tanti raccolti da Adriano Zamperini, docente di Psicologia sociale presso l’Università di Padova, nel volume L’ostracismo. Essere esclusi, respinti e ignorati, edito da Einaudi. Un artic olato percorso nelle maniere antiche e soprattutto moderne che gli esseri umani utilizzano per allontanare e isolare i loro simili. «Metodi che nell’epoca del virtuale si moltiplicano e assumono connotati disumanizzanti».

In effetti la linea del rifiuto è il paradigma della disumanizzazione dei rapporti umani.
«E mette a nudo la schizofrenia della nostra epoca. Da una parte abbiamo una cultura che esalta l’Io a dismisura nel mito del self made man. Dall’altra abbiamo sviluppato una fitta rete di interconnessioni. Il nostro Io si muove in una logica possessiva, in un delirio di autoaffermazione, ma tutti i giorni è costretto a fare i conti con gli altri. Se gli altri ci servono, bene. Ma se avanzano pretese e creano problemi...».

Allora gli facciamo dare il benservito dal telefono.
«Senza renderci conto che utilizziamo un supporto culturale che sottolinea il nostro analfabetismo relazionale. Uno strumento che ha il solo scopo di continuare a tenere a galla il nostro Io».

E la convivenza, il costruire insieme?
«Vengono erosi da questa logica mercantile dei rapporti umani, che poi è un grande inganno».

Ci fa credere quello che non può essere?
«Ci pone in un meccanismo perverso. Per imporre il nostro Io ci scontriamo con altri Io che non si lasciano ostracizzare. Allora sgomitiamo, usiamo la forza. Al posto di forme di convivenza utilizziamo forme di esclusione. La nostra società è sempre più diffidente poiché abbiamo impoverito quel patrimonio di fiducia nei rapporti umani che è condizione essenziale per vivere bene e progredire. Senza la fiducia negli altri e degli altri non possiamo affermare noi stessi se non con la violenza. Spesso scordiamo che concedendo qualcosa, invece di impoverirci ci arricchiamo grazie a quello che altri concedono a noi».

La violenza dell’ostracismo, la violenza di chi reagisce...
«E il violento viene giustamente condannato, senza però che nessuno si preoccupi di capire. Ma la violenza ha sempre una sua ragione, solo che a indagarla si mettono in discussione i modi della convivenza, le nostre tante inciviltà. Allora si preferisce evitare».

Una forma di autodistruzione.
«Succede quando i principi mercantili vogliono disciplinare i rapporti umani. Internet è l’esempio classico. È uno strumento positivo, ma diventa deleterio se viene utilizzato, come spesso accade, come metro del successo personale. Chi ha tanti contatti ha tanto successo. Allora l’amicizia viene traviata. I contatti, cioè gli altri, diventano una merce che si può scambiare, che si può possedere come le figurine di un album, al solo scopo di quantificare il successo. È lo svilimento dei rapporti umani».

Del resto, questa non è l’epoca dei single?
«Ecco un altro inganno. L’enfasi che viene posta sullo stare soli dei cosiddetti single è una falsità. Sono persone che si sono costruite un modo altro di stare con gli altri, per il loro beneficio, per il desiderio di affermare il loro Io attraverso la maggiore visibilità. La solitudine vera nasce dalla percezione di essere posti ai margini, di essere ignorati».

Più sono visibile, meno sono solo?
«Così ci viene fatto credere. La visibilità come forma di autorealizzazione. Che poi è la logica dei reality. Ci sono migliaia di persone che fanno la fila per i cast, migliaia di mamme che portano i loro piccoli alle selezioni per la pubblicità. È una logica di mercificazione. La vita è un prodotto e vogliamo che sia notato e comprato».

E il pudore?
«In questo contesto è un difetto, un deficit di socialità. Il problema è che diamo ancora poca importanza ai cambiamenti prodotti dalla tecnologia intesa come un prolungamento dell’identità della persona. Continuiamo a distinguere il reale dal virtuale, ma ormai il virtuale è realtà. Si moltiplicano i casi di ragazzi che stanno male perché vengono esclusi o ostracizzati da un sito internet. E se quello che accade nella rete fa male, vuol dire che è reale».

Quali sono le forme di ostracismo?
«Il non vedere gli altri; il cacciare fisicamente gli altri; l’esclusione degli altri su base sociale».

Il caso più attuale di esclusione su base sociale?
«Intorno all’aspetto fisico si concentrano molte forme di esclusione. Tutti gli handicap sono ostracizzati, ma gli obesi sono fra le persone più ostracizzate, perché rappresentano una scorrettezza rispetto agli imperativi dei richiami sessuali. Anche la classe medica li colpevolizza. Molti rinunciano a curarsi per non sentirsi umiliati dai medici. Soffrono una vera crisi di identità. Su internet si trovano gruppi di tutti i tipi, ma quelli di obesi sono rari».


Avvenire.it, 17 dicembre 2010 - Per un autentico rispetto di fede e coscienza - La via maestra della civiltà di Andrea Lavazza

Libertà religiosa, via per la pace. Alla fine di un anno che, come sottolinea Benedetto XVI, è stato segnato da «persecuzione, discriminazione e terribili atti di violenza e di intolleranza», la strada erta e faticosa per recuperare in tante realtà la convivenza umana e civile non può che passare dal primo dei diritti fondamentali. Le libertà di coscienza, pensiero e religione, coartate con la violenza fisica o con l’emarginazione sociale e culturale, rappresentano infatti il patrimonio più prezioso che dovrebbero custodire gli uomini di buona volontà, credenti e non credenti.

La lucida analisi e l’accorato richiamo del Papa non si rivolgono infatti solo a chi ha fede nella verità della rivelazione cristiana, ma hanno come interlocutori tutti coloro che con esercizio di razionalità e onestà intellettuale si dispongano al tema. Nel suo messaggio per la Giornata della Pace, il Pontefice esorta «gli Stati e le varie comunità umane» a non dimenticare mai «che la libertà religiosa è condizione per la ricerca della verità e la verità non si impone con la violenza, ma con la "forza della verità stessa". In questo senso, la religione è una forza positiva e propulsiva per la costruzione della società civile e politica».

Qual è la minaccia portata dai cristiani iracheni allo Stato democratico che faticosamente cerca di emergere dalle macerie della guerra e della dittatura? Qual è l’insidia che i vescovi legati alla Santa Sede costituiscono per la Cina rampante sul fronte economico? Qual è la sfida che la presenza cattolica rappresenta nell’India diventata indipendente con l’azione pacifica del Mahatma Gandhi? Ma qual è anche il pericolo che possono rappresentare minoranze di altri credi in Paesi dove la maggioranza appartiene a fedi diverse?

Le persecuzioni cui sono sottoposti farebbero pensare a nemici della società, mentre sono, nella loro coraggiosa e ostinata determinazione a non abiurare alle proprie convinzioni, l’ultima e più preziosa fiammella della libertà. "Dissidenti" pacifici che alzano la bandiera della tolleranza e segnalano con la loro sola presenza e, a volte, con il loro martirio, il volto oppressivo e intollerante delle nazioni in cui vivono. Sono le icone di un pluralismo che non è relativismo, di una dignità della persona che non può essere calpestata.

Nel 2010, la libertà di religione va per questo difesa con convinzione e determinazione. Anche nel mondo occidentale, dove certo laicismo aggressivo – che prende di mira soprattutto una caricatura del cristianesimo – ambisce a screditare la religione in quanto tale, negandone il ruolo umanizzante e il «contributo che le comunità religiose apportano alla società», come ricorda il Papa. L’apporto etico della religione, seppure in alcuni casi possa risultare in contrasto con morali laiche, è alla radice stessa della società e della cultura europea, malgrado il rifiuto del pubblico riconoscimento delle loro origini cristiane.

Lo stesso dispiegarsi del liberalismo e della scienza moderna, che pure in passato sono entrati in urto con alcune espressioni storiche della religione, è debitore della dignità della persona e del valore della libera ricerca della verità che sono oggi invocate da Benedetto XVI, e senza le quali saremmo privati non solo di uno strumento ma di un fine che tante donne e tanti uomini vogliono continuare a perseguire. Difendere un’autentica libertà religiosa, dunque, equivale a difendere i presupposti stessi della nostra civiltà.


Avvenire.it, 17 dicembre 2010 – RAI - Colpo di mano dei radicali - In onda spot pro eutanasia

I radicali sono riusciti a fare andare in onda lo spot pro-eutanasia. Lo spot, prodotto in Australia e tradotto in italiano dall'associazione Luca Coscioni, è stato trasmesso su Rai Tre all'interno del programma Dieci minuti di...programmi dell'accesso, dedicato al mondo dell'associazionismo, che oggi ospitava l'associazione radicale.

Nei dieci minuti di programma, il segretario, Marco Cappato, ha svolto azione promozionale nei confronti dell'attività dell'associazione. Al termine degli interventi di esponenti radicali, da Maria Antonietta Coscioni a Mina Welby, è stato trasmesso anche lo spot dichiaratamente pro-eutanasia. Trenta secondi circa, in cui un malato terminale chiede al governo di avere libertà di scelta riguardo la propria fine.

LE REAZIONI
Il governo «opera con coerenza a tutela della vita, di qualunque vita come di qualunque fase della vita. E su questo discrimine non possono che definirsi alleanze o contrapposizioni». Lo afferma il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Maurizio Sacconi, con la delega del Consiglio dei ministri per il coordinamento delle politiche in materia di bioetica, commentando lo spot pro-eutanasia messo in onda su Rai Tre. Lo spot, continua Sacconi, «evidenzia il livello del conflitto politico e culturale sui temi antropologici». «Dall'inizio alla fine di vita, passando per la protezione delle fragilità umane e considerando in generale il rapporto tra ricerca ed etica - conclude Sacconi - si è definita un'agenda che inesorabilmente impegna la politica e le istituzioni».

«Lo spot dei Radicali sull'eutanasia trasmesso da Raitre è un vero golpe mediatico. Si sta "pubblicizzando" un atto illecito come qualsiasi prodotto commerciale». Lo sostiene Luca Borgomeo, presidente dell'associazione di telespettatori cattolici Aiart. «Forse andrebbe anche rivista la logica degli spazi autogestiti - continua Borgomeo - Troppo spesso hanno una caratterizzazione politica e non accolgono tutte le opinioni».

Lo spot dei radicali a favore dell'eutanasia, trasmesso su una rete del servizio pubblico nello spazio dedicato alle associazioni, «dimostra  ancora una volta con chiarezza che è in corso una campagna politica, prima che ideologica, per introdurre l'eutanasia nel nostro Paese». Lo sostiene il sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella. La stessa campagna, sottolinea il sottosegretario, «cui abbiamo assistito nel corso della trasmissione su Rai 3 di Fazio e Saviano, Vieni via con me, durante la quale lo spazio sulla televisione pubblica è stato concesso soltanto alla propaganda pro-eutanasia mentre la possibilità di avere voce è stata negata a chi si occupa quotidianamente dei più fragili».

«La Rai deve intervenire perché uno spazio pubblico dedicato al sostegno delle associazioni è stato usato per fare una proposta in dissenso esplicito con l'attuale ordinamento italiano che proibisce e condanna l'eutanasia». Così Paola Binetti, deputata dell'Udc. «Uno spazio pubblico - aggiunge Binetti - è stato usato per ferire i principi e lo stesso codice italiano, e immagino che i radicali si fossero ben guardati dal dire di cosa avrebbero parlato, sapendo che altrimenti quello spazio non sarebbe stato concesso. Un vero abuso di fiducia». «Stanno facendo di tutto, usando tutte le situazioni, dal piano esistenziale, a quello della comunicazione, e delle iniziative a sostegno delle associazioni - conclude Binetti - per promuovere qualcosa che non solo il nostro codice condanna, ma anche la sensibilità della maggioranza degli italiani. Voglio vedere se stavolta la Rai saprà concedere subito uno spazio anche a tutte le associazioni pro-life che propongono il messaggio opposto».

«Dopo aver visto proporre una palese propaganda dell'eutanasia, che rimane un atto illecito, all'interno di uno spazio della rete pubblica nazionale, sollecitiamo ancora una volta la Rai affinché dia uguale voce tutti coloro che chiedono garanzia di assistenza e cura per chi, pur in condizione di massima fragilità, si batte per riaffermare il diritto a vivere». Questa l'istanza dell'Associazione Scienza e Vita.

Sulla vicenda interviene anche il Movimento per la Vita, per il quale lo spot trasmesso dai Rai Tre «è solo l'ultimo episodio (in ordine di tempo) di una strategia eutanasica che mira, complici diversi mezzi di comunicazione, a propagandare la dolce morte». Il Movimento per la vita «denuncia e stigmatizza con forza questa massiccia campagna che continua da mesi nell'indifferenza di molti». E auspica che "le autorità di vigilanza della Rai possano attivarsi con tempestività per fare chiarezza su quanto accaduto».

«Da cattolici non possiamo condividere l'atteggiamento tenuto oggi da alcuni esponenti del partito radicale che hanno utilizzato la spazio che Rai Tre dedica alle associazioni per promuovere uno spot pro eutanasia. È stato un gesto che condanniamo in quanto "esagerato" e che viola i principi del nostro ordinamento. A questo punto speriamo che la Rai intervenga per assicurare i dovuti spazi a tutte quelle associazioni che promuovono la vita». Lo dichiarano in una nota Antonio Buonfiglio, Aldo Di Biagio e Claudio Barbaro, deputati di Futuro e Libertà per l'Italia.


Comunicato n° 23 del 17 Dicembre 2010 - SCIENZA & VITA: NO ALL’EUTANASIA - DATE SPAZIO A CHI SOSTIENE LA VITA

“Dopo aver visto proporre una palese propaganda dell’eutanasia, che rimane un atto illecito, all’interno di uno spazio della rete pubblica nazionale, sollecitiamo ancora una volta la Rai affinché dia uguale voce a tutti coloro che chiedono garanzia di assistenza e cura per chi, pur in condizione di massima fragilità, si batte per riaffermare il diritto a vivere”.
Questa l’istanza dell’Associazione Scienza & Vita dopo la messa in onda dello spot pro eutanasia, promosso dai Radicali stamane su Rai3.
“L’opzione eutanasica non è mai scelta di libertà, quanto frutto di disperazione, di sofferenza non lenita e di abbandoni. – ricorda il presidente Lucio Romano – E’ inoltre indubbia la grave pericolosità insita nel diffondere messaggi pubblicitari demagogici e fuorvianti verso un pubblico indifferenziato e potenzialmente suggestionabile. Pensiamo in particolare ai più giovani e a tutti coloro che si trovano in un momento particolarmente difficile della propria vita”.
“Ricordare che cosa significa veramente eutanasia, senza banalizzazioni e semplificazioni, è un dovere etico che ci interpella tutti. – conclude Lucio Romano – In tal senso Scienza & Vita condivide con forza quanto affermato dal ministro Ferruccio Fazio, che oggi ha ricordato che togliere i supporti vitali come aria, nutrizione e idratazione vuol dire compiere eutanasia”.


SPOT PRO EUTANASIA/ I radicali riescono a farlo trasmettere su Rai Tre Redazione - venerdì 17 dicembre 2010 – ilsussidiario.net

LO SPOT PRO-EUTANASIA VA IN ONDA IN ITALIA - Rai Tre ha mandato integralmente in onda lo spot pro-eutanasia prodotto in Australia e tradotto, in Italia, dall’associazione Luca Coscioni.

Dopo Vieni via, la trasmissione condotta da Fabio Fazio e Roberto Saviano, in cui è stata data voce in maniera univoca alle posizioni in favore della “dolce morte”, Rai Tre segue nuovamente un simile copione. I radicali, infatti, sono riusciti a far andare in onda sulla tv pubblica lo spot pro-eutanasia prodotto dall’associazione Exit International in Australia, dove l’autorità per le telecomunicazioni lo ha bloccato.

Lo spot, tradotto nel nostro Paese dall’associazione Luca Coscioni, è stato trasmesso all’interno del programma “Dieci minuti di... programmi dell'accesso”. Nel corso della trasmissione, hanno avuto modo di esporre le proprie tesi sull’autodeterminazione delle cure e sulla legittimità di scegliere quando morire il segretario dei Partito radicale, Marco Cappato, Maria Antonietta Coscioni e Mina Welby.

Al termine delle loro dichiarazioni è andato in onda il filmato che mostra un attore interpretare un malato terminale che dice: «La vita è questione di scelta, io ho scelto l’università, ho scelto di sposare Tina, ho scelto che macchina guidare. Quello che non ho scelto è di diventare un malato terminale e certamente non ho scelto che la mia famiglia debba vivere questo inferno insieme a me. Adesso ho fatto la mia scelta finale, ho solo bisogno che il governo mi ascolti».


Avvenire.it, 17 dicembre 2010 - PENA CAPITALE - Usa, ucciso con una sostanza per abbattere gli animali

Si chiamava John David Duty, bianco 58 anni, il primo condannato a morte nella storia a essere ucciso con l'iniezione di una sostanza con cui sino a oggi venivano abbattute le bestie. Lo Stato dell'Oklahoma ha stabilito di ricorrere a questo nuovo e contestatissimo sistema, a causa dell'impossibilità di reperire sul mercato il Sodium Thiopental, il sedativo che assieme ad altre tre sostanze, compone il cocktail letale, il metodo sinora usato in tanti altri Stati americani.

Duty, la cui esecuzione è l'ultima del 2010, è stato condannato alla pena capitale per aver strangolato nel 2001, con una stringa di scarpe, il suo compagno di cella, Curtis Wise, un giovane di appena 22 anni. Duty era dentro nell'Oklahoma State Penitentiary di McAlester, dal 1978, condannato a tre ergastoli per stupro, rapina a mano armata e tentato omicidio. I suoi avvocati hanno cercato sino alla fine di ottenere una moratoria, osservando che questa sostanza con cui si uccidono gli animali non è mai stata utilizzata su esseri umani. Per cui, a loro giudizio, è una pena «inusuale e crudele» e quindi contraria alla Costituzione americana. Tuttavia ogni loro ricorso è stato respinto.


DESIDERIO E CERTEZZA DI DIO - Presentato a Roma il Meeting per l’amicizia fra i popoli 2011 di Antonio Gaspari (ZENIT.org)

ROMA, venerdì, 17 dicembre 2010 (ZENIT.org).- E' stata presentata ieri sera, 16 dicembre, a Roma la XXXII edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, in programma a Rimini dal 21 al 27 agosto 2011, sul tema: “E l'esistenza diventa una immensa certezza”.
Introdotto e moderato da Roberto Fontolan, direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione (Cl), l’incontro ha visto l’intervento del Cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, il quale ha spiegato che : “Abbiamo tutti i bisogni assicurati, ma rimarrà sempre il desiderio di qualcosa di più grande, di più puro, che alla fine è desiderio di Dio”.
“Prima di desiderare Dio - ha precisato il porporato -, dobbiamo fare l’esperienza di essere desiderati da Lui. Così viene la certezza nella vita. Non siamo abbandonati al fato, siamo conosciuti e riconosciuti da un Dio, come persona con una intelligenza e un cuore. Nella storia è successo che un uomo si è presentato come il figlio di Dio per farsi conoscere dall’uomo”.
“Il tempo nostro – ha sottolineato il Cardinale Tauran - non è qualcosa che passa, ma qualcuno che viene”.
Di fronte ad una platea che vedeva tra gli altri i nuovi ambasciatori d’Italia e d'Egitto presso la Santa Sede, il porporato ha detto: “In una giornata che vede una felice coincidenza con la pubblicazione odierna del messaggio del Papa per la Giornata Mondiale della Pace. Quello delle libertà religiosa è uno dei temi forti di questi anni della settimana riminese. Oggi vogliamo gettare un ponte tra il Meeting trascorso e quello che verrà”.
Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, ha spiegato che la scorsa edizione “ha avuto successo perché ha incontrato l’esigenza di ritrovare uno sguardo positivo verso la realtà” ed è stata “una proposta per il bisogno di cambiamento e di ripresa della vita sociale”, ma anche “l’occasione per verificare che, a partire da un punto inossidabile che rilancia l’umano, ci sono persone e realtà di uomini che mettono l’uomo nelle condizioni di attraversare sicuro la continua tempesta della vita, senza essere in balia delle circostanze”.
Per questo, ha affermato la Guarnieri, il tema del Meeting 2011 è: “E l’esistenza diventa una immensa certezza”. La Presidente della Fondazione Meeting ha poi riflettuto sull’incertezza “di tipo antropologico” che caratterizza il mondo moderno, ed ha assicurato che “il Meeting proverà a raccogliere questa sfida del nostro tempo, riaprendo una partita da molti dichiarata ormai chiusa”.
“In questa nebbia del relativismo - ha sottolineato la Guarnirei -, in questa società in cui gli uomini cercano di arrangiarsi: non si rischia, i giovani sono abbandonati al loro destino e in mano a cattivi maestri. Eppure in mezzo a tutto questo ci sono scintille di diversità che indicano che una certezza c’è”.
“Ci sono esperienze in atto di persone – ha concluso la Presidente del Meeting – che non si accontentano di concepire la propria esistenza come destinata al nulla. Investire su questa scintilla di diversità è la strada perché la vita diventi un’immensa certezza”.


Prof., sei l'unico... - Autore: Bruschi, Franco  Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - venerdì 17 dicembre 2010

Questa è una mail che ho ricevuto dalla mia alunna Lucia a cui avevo inviato gli auguri di buon onomastico.
Una lezione in classe diventa un avvenimento di vita se è la testimonianza dell’incontro con Cristo che ha cambiato te e la tua intelligenza, se è l’offerta di un giudizio nuovo e di una certezza che rendono quel che dici affascinante per l’umanità di chi ti ascolta. Allora è evidente che in quella lezione avviene ciò che una persona da sempre avrebbe desiderato sentirsi dire, la lezione diventa una novità tanto attesa!
Se la fede non diventa giudizio su tutti gli aspetti della vita, se la fede non diventa cultura dentro la circostanza di un’ora di lezione, se non diventa luce che illumina la realtà grigia, opaca, non interessa più a nessuno. Invece una fede capace di offrire le ragioni di tutto diventa una storia nuova in quel pezzo di mondo che è la tua classe, la tua scuola, l’inizio di un mondo nuovo, una amicizia al lavoro carica di speranza per te, per le tue alunne e per tutti. E’ un lavoro affascinante.
E di questi tempi in cui si vedono manifestazioni o si sentono e si leggono pareri, dibattiti che nulla hanno a che vedere col compito educativo della scuola, anzi confondono maggiormente le idee, non mi pare poco dare voce a esperienze come queste.
Salve Prof,
grazie ancora per gli auguri, sinceramente La ringrazio di cuore per tutto quello che fa per le sue alunne. E’ l’UNICO professore che si interessa veramente di noi, del nostro IO, della nostra vita... l’anno scorso abbiamo iniziato insieme un fantastico percorso con le sue lezioni, che ogni volta mi fanno scoprire cose nuove, mi fanno aprire gli occhi, interessare a cose che davo per scontate o ritenevo banali, poi invece si sono rivelate più affascinanti e interessanti delle cose a cui presto attenzione e credo siano importanti.
Ad esempio la lezione sul Battesimo (riprendendo il tema del significato del nome nel XXX canto del Purgatorio), evento che riguarda la maggior parte di noi, ma in origine non siamo noi a scegliere di compiere questo passo decisivo, a iniziare una nuova vita, a entrare nella Comunità Cristiana... a questo, come ha detto anche lei, ci pensano i nostri genitori, che cercano di avviarci sulla giusta via… via della quale ogni tanto si perdono le coordinate purtroppo… Capita di distrarsi con cose effimere, che riescono sì a darci una felicità, ma solo istantanea.
Io penso che ognuno sia libero di far quello che vuole della propria vita, ma è un vero peccato sprecarla… bisognerebbe viverla al meglio, per tentare di scoprire le verità nascoste che ci seguono ovunque… Noi possiamo anche far finta di non pensarci, ma loro si ripresentano sempre davanti ai nostri occhi! Vede Prof, questo è il mio pensiero dopo aver iniziato il cammino insieme a Lei, pensiero che non avevo mai avuto prima e di cui mi sento orgogliosa.
Comunque, secondo me aver un prof. che ti chiama per nome, ti saluta per nome, che si ricorda di fare gli auguri a ogni ricorrenza vuol dire che è interessato non solo al tuo andamento scolastico, ma soprattutto alla tua persona, a conoscerti, ad aiutarti e ciò mi fa sentire molto più tranquilla, sicura e accettata e mi predispone alle sue lezioni in modo diverso, più positivo, più volenteroso, rispetto ad altre lezioni.
Poi le volevo dire che sono proprio onorata di avere questo nome, al contrario prima non mi piaceva molto il nome in sé, ma dopo che ho letto l’articolo che mi ha inviato ho capito l’importanza del suo significato. Grazie!
Mi ha lusingato soprattutto il compito che ha avuto Santa Lucia nella vicenda di Dante: “E’ Lucia che invia Beatrice a soccorrere il poeta disperso nella selva oscura. E’ lei che gli permette di superare un insormontabile ostacolo nella salita al Purgatorio, mostrando “Li occhi suoi belli”. Ed è lei che Dante contempla nella sfolgorante luce del Paradiso, seduta in uno degli scranni più alti della Candida Rosa”.
Prof. poi volevo dirle che anche oggi mi è capitata la stessa cosa che le ho detto ieri, ora le spiego meglio.
Nei giorni passati ho avuto delle discussioni con la mamma, ascoltando la sua lezione sulla confessione di Dante e sul significato del sacramento della confessione, mi è venuta voglia di scriverle un messaggio: “Mamma, se vuoi andiamo a confessarci e facciamo pace!” Queste sono le testuali parole dello sms alla mamma, perché anche oggi ascoltando attentamente la lezione su Dante mi ha molto colpito e mi ha fatto subito ripensare a quello spiacevole episodio, allora ho pensato che la CONFESSIONE era un ottima cosa per ricongiungerci, io e la mamma.

Quindi, sarò ripetitiva ma...
GRAZIE
GRAZIE!!!!!!!!!


I vespri con gli universitari romani - Una nuova classe di intellettuali per una cultura al servizio dell'uomo (©L'Osservatore Romano - 18 dicembre 2010)

C'è bisogno di "una nuova classe di intellettuali capaci di interpretare le dinamiche sociali e culturali offrendo soluzioni non astratte, ma concrete e realistiche". Lo ha detto il Papa nell'omelia dei vespri celebrati nella basilica Vaticana giovedì sera, 16 dicembre, alla presenza di studenti e docenti delle università di Roma.

"Siate costanti, fratelli, fino alla venuta del Signore" (Gc 5, 7).
Con queste parole l'apostolo Giacomo ci ha introdotto nel cammino di immediata preparazione al Santo Natale che, in questa Liturgia vespertina, ho la gioia di iniziare con voi, cari studenti e illustri docenti degli Atenei di Roma. A tutti rivolgo il mio saluto cordiale, in particolare al consistente gruppo di coloro che si preparano a ricevere la Cresima, ed esprimo il mio vivo apprezzamento per l'impegno che ponete nell'animazione cristiana della cultura della nostra Città. Ringrazio il Magnifico Rettore dell'Università di Roma Tor Vergata, Prof. Renato Lauro, per le parole augurali che a nome di tutti voi mi ha rivolto. Uno speciale e deferente saluto rivolgo al Cardinale Vicario e alle varie Autorità accademiche e istituzionali.
L'invito dell'Apostolo ci indica la strada che conduce a Betlemme liberando il nostro cuore da ogni fermento di insofferenza e di falsa attesa, che può sempre annidarsi in noi se dimentichiamo che Dio è già venuto, è già operante nella nostra storia personale e comunitaria e chiede di essere accolto. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe si è rivelato, ha mostrato il suo volto e ha preso dimora nella nostra carne, in Gesù, figlio di Maria - vero Dio e vero uomo - che incontreremo nella Grotta di Betlemme. Tornare lì, in quel luogo umile e angusto, non è un semplice itinerario ideale:  è il cammino che siamo chiamati a percorrere sperimentando nell'oggi la vicinanza di Dio e la sua azione che rinnova e sostiene la nostra esistenza. La pazienza e la costanza cristiana - di cui parla san Giacomo - non sono sinonimo di apatia o di rassegnazione, ma sono virtù di chi sa che può e deve costruire, non sulla sabbia, ma sulla roccia; virtù di chi sa rispettare i tempi e i modi della condizione umana e, perciò, evita di offuscare le attese più profonde dell'animo con speranze utopistiche o fugaci, che poi deludono.
"Guardate l'agricoltore:  egli aspetta con costanza il prezioso frutto della terra" (Gc 5, 7). Cari amici, a noi, immersi in una società sempre più dinamica, può suonare sorprendente questo invito che fa riferimento al mondo rurale, ritmato dai tempi della natura. Ma il paragone scelto dall'Apostolo ci chiama a volgere lo sguardo al vero ed unico "agricoltore", il Dio di Gesù Cristo, al suo mistero più profondo che si è rivelato nell'Incarnazione del Figlio. Infatti, il Creatore di tutte le cose non è un despota che ordina e interviene con potenza nella storia, ma piuttosto è come l'agricoltore che semina, fa crescere e fa portare frutto. Anche l'uomo può essere, con Lui, un buon agricoltore, che ama la storia e la costruisce in profondità, riconoscendo e contribuendo a far crescere i semi di bene che il Signore ha donato. Andiamo dunque anche noi verso Betlemme con lo sguardo rivolto al Dio paziente e fedele, che sa aspettare, che sa fermarsi, che sa rispettare i tempi della nostra esistenza. Quel Bambino che incontreremo è la manifestazione piena del mistero dell'amore di Dio che ama donando la vita, che ama in modo disinteressato, che ci insegna ad amare e chiede solo di essere amato.
"Rinfrancate i vostri cuori". Il cammino verso la Grotta di Betlemme è un itinerario di liberazione interiore, un'esperienza di libertà profonda, perché ci spinge ad uscire da noi stessi e ad andare verso Dio che si è fatto a noi vicino, che rinfranca i nostri cuori con la sua presenza e con il suo amore gratuito, che ci precede e ci accompagna nelle nostre scelte quotidiane, che ci parla nel segreto del cuore e nelle Sacre Scritture. Egli vuole infondere coraggio alla nostra vita, specialmente nei momenti in cui ci sentiamo stanchi e affaticati e abbiamo bisogno di ritrovare la serenità del cammino e sentirci con gioia pellegrini verso l'eternità.
"La venuta del Signore è vicina". È l'annuncio che riempie di emozione e di stupore questa celebrazione, e che rende il nostro passo veloce e spedito verso la Grotta. Il Bambino che troveremo, tra Maria e Giuseppe, è il Logos-Amore, la Parola che può dare consistenza piena alla nostra vita. Dio ci ha aperto i tesori del suo profondo silenzio e con la sua Parola si è comunicato a noi. A Betlemme l'oggi perenne di Dio tocca il nostro tempo passeggero, che riceve orientamento e luce per il cammino della vita.
Cari amici delle Università di Roma, a voi, che percorrete il cammino affascinante ed impegnativo della ricerca e della elaborazione culturale, il Verbo Incarnato domanda di condividere con Lui la pazienza del "costruire". Costruire la propria esistenza, costruire la società, non è opera che possa essere realizzata da menti e cuori distratti e superficiali. Occorrono una profonda azione educativa e un continuo discernimento, che devono coinvolgere tutta la comunità accademica, favorendo quella sintesi tra formazione intellettuale, disciplina morale e impegno religioso che il beato John Henry Newman aveva proposto nella sua "Idea di Università". Nei nostri tempi si avverte il bisogno di una nuova classe di intellettuali capaci di interpretare le dinamiche sociali e culturali offrendo soluzioni non astratte, ma concrete e realistiche. L'Università è chiamata a svolgere questo ruolo insostituibile e la Chiesa se ne fa convinta e fattiva sostenitrice. La Chiesa di Roma, in particolare, è da molti anni impegnata nel sostenere la vocazione dell'Università e a servirla con il contributo semplice e discreto di tanti sacerdoti che operano nelle cappellanie e nelle realtà ecclesiali. Vorrei esprimere il mio apprezzamento al Cardinale Vicario e ai suoi collaboratori per il programma di pastorale universitaria che, quest'anno, in sintonia con il progetto diocesano, è ben sintetizzato dal tema:  "Ite, missa est... nel cortile dei gentili". Il saluto al termine della celebrazione eucaristica - "Ite, missa est" - invita tutti ad essere testimoni di quella carità che trasforma la vita dell'uomo e così innesta nella società il germe della civiltà dell'amore. Il vostro programma di offrire alla città di Roma una cultura a servizio dello sviluppo integrale della persona umana, come ho indicato nell'Enciclica Caritas in veritate, è un concreto esempio del vostro impegno a promuovere comunità accademiche nelle quali si matura e si esercita quella che Giovanni Battista Montini, quando era Assistente della Fuci, chiamava "la carità intellettuale".
La comunità universitaria romana, con la sua ricchezza di istituzioni statali, private, cattoliche e pontificie, è chiamata ad un compito storico notevole:  quello di superare precomprensioni e pregiudizi che talvolta impediscono lo sviluppo di una cultura autentica. Lavorando in sinergia, in particolare con le Facoltà teologiche, le Università romane possono indicare che è possibile un nuovo dialogo e una nuova collaborazione tra la fede cristiana e i diversi saperi, senza confusione e senza separazione, ma condividendo la medesima aspirazione a servire l'uomo nella sua pienezza. Auspico che il prossimo Simposio internazionale sul tema "L'Università e la sfida dei saperi:  verso quale futuro?", possa costituire una significativa tappa in questo rinnovato cammino di ricerca e di impegno. In tale prospettiva desidero incoraggiare anche le iniziative promosse dalla Direzione generale della Cooperazione allo sviluppo del Ministero per gli Affari Esteri, che ha coinvolto Università di tutti i continenti, da ultimo anche quelle del Medio Oriente, qui rappresentate da alcuni Rettori.
Cari giovani universitari, è risuonato in questa assemblea il ricordo della Croce delle Giornate Mondiali della Gioventù. Al termine della celebrazione, la delegazione universitaria africana consegnerà l'Icona di Maria Sedes Sapientiae alla delegazione universitaria spagnola. Inizierà così il pellegrinaggio di questa effigie mariana in tutte le Università di Spagna, un segno che ci orienta verso l'incontro del prossimo mese di agosto a Madrid. È molto importante la presenza di giovani universitari preparati e desiderosi di comunicare ai propri coetanei la fecondità della fede cristiana non solo in Europa, ma in tutto il mondo. Con Maria che ci precede nel nostro cammino di preparazione, vi do appuntamento a Madrid e confido molto sul vostro generoso e creativo impegno. A lei, Sedes Sapientiae, affido l'intera comunità universitaria romana. Con lei apprestiamoci ad incontrare il Bambino nella Grotta di Betlemme:  è il Signore che viene per noi! Amen.