Nella rassegna stampa di oggi:
1) Benedetto XVI: la Quaresima, invito alla conversione - Udienza generale nel Mercoledì delle Ceneri
2) «Credo alle lacrime della Madonnina». Ecco la firma di Wojtyla
3) MONS. GRILLO: »LA CHIESA DICA SI’ ALLA MADONNINA. HA VERAMENTE PIANTO SANGUE NELLE MIE MANI»
4) MERCOLEDÌ DELLE CENERI - TORNARE ALLA SAPIENZA DEL LIMITE
5) UNA GRAVIDANZA TENACE, FINO A VINCERE IL CANCRO
6) L'appello per i 67 "no Papa" e quello "per la ragione". Accademici contro
Benedetto XVI: la Quaresima, invito alla conversione - Udienza generale nel Mercoledì delle Ceneri
CITTA' DEL VATICANO, mercoledì, 6 febbraio 2008 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito il testo dell'intervento pronunciato da Benedetto XVI questo mercoledì, primo giorno di Quaresima, in occasione dell'udienza generale.
* * *
Cari fratelli e sorelle,
quest'oggi, Mercoledì delle Ceneri, riprendiamo, come ogni anno, il cammino quaresimale animati da un più intenso spirito di preghiera e di riflessione, di penitenza e di digiuno. Entriamo in un tempo liturgico "forte" che, mentre ci prepara alle celebrazioni della Pasqua - cuore e centro dell'anno liturgico e dell'intera nostra esistenza - ci invita, anzi potremmo dire ci provoca, a imprimere un più deciso impulso alla nostra esistenza cristiana. Poiché gli impegni, gli affanni e le preoccupazioni ci fanno ricadere nell'abitudine, ci espongono al rischio di dimenticare quanto straordinaria sia l'avventura nella quale Gesù ci ha coinvolti, abbiamo bisogno, ogni giorno, di iniziare nuovamente il nostro esigente itinerario di vita evangelica, rientrando in noi stessi mediante pause ristoratrici dello spirito. Con l'antico rito dell'imposizione delle ceneri, la Chiesa ci introduce nella Quaresima come in un grande ritiro spirituale che dura quaranta giorni.
Entriamo dunque nel clima quaresimale, che ci aiuta a riscoprire il dono della fede ricevuta con il Battesimo e ci spinge ad accostarci al sacramento della Riconciliazione, ponendo il nostro impegno di conversione sotto il segno della misericordia divina. In origine, nella Chiesa primitiva, la Quaresima era il tempo privilegiato per la preparazione dei catecumeni ai sacramenti del Battesimo e dell'Eucaristia, che venivano celebrati nella Veglia di Pasqua. La Quaresima veniva considerata come il tempo del divenire cristiani, che non si attuava in un solo momento, ma esigeva un lungo percorso di conversione e di rinnovamento. A questa preparazione si univano anche i già battezzati riattivando il ricordo del Sacramento ricevuto, e disponendosi a una rinnovata comunione con Cristo nella celebrazione gioiosa della Pasqua. Così, la Quaresima aveva, ed ancor oggi conserva, il carattere di un itinerario battesimale, nel senso che aiuta a mantenere desta la consapevolezza che l'essere cristiani si realizza sempre come un nuovo diventare cristiani: non è mai una storia conclusa che sta alle nostre spalle, ma un cammino che esige sempre un esercizio nuovo.
Imponendo sul capo le ceneri il celebrante dice: "Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai" (cfr Gen 3,19), oppure ripete l'esortazione di Gesù: "Convertitevi e credete al Vangelo" (cfr Mc 1,15). Entrambe le formule costituiscono un richiamo alla verità dell'esistenza umana: siamo creature limitate, peccatori bisognosi sempre di penitenza e di conversione. Quanto è importante ascoltare ed accogliere questo richiamo in questo nostro tempo! Quando proclama la sua totale autonomia da Dio, l'uomo contemporaneo diventa schiavo di sé stesso e spesso si ritrova in una solitudine sconsolata. L'invito alla conversione è allora una spinta a tornare tra le braccia di Dio, Padre tenero e misericordioso, a fidarsi di Lui, ad affidarsi a Lui come figli adottivi, rigenerati dal suo amore. Con sapiente pedagogia la Chiesa ripete che la conversione è anzitutto una grazia, un dono che apre il cuore all'infinita bontà di Dio. Egli stesso previene con la sua grazia il nostro desiderio di conversione e accompagna i nostri sforzi verso la piena adesione alla sua volontà salvifica. Convertirsi vuol dire allora lasciarsi conquistare da Gesù (cfr Fil 3,12) e con Lui "ritornare" al Padre.
La conversione comporta quindi porsi umilmente alla scuola di Gesù e camminare seguendo docilmente le sue orme. Illuminanti sono al riguardo le parole con cui Egli stesso indica le condizioni per essere suoi veri discepoli. Dopo aver affermato che "chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del vangelo, la salverà", aggiunge: "Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima"? (Mc 8,35-36). La conquista del successo, la bramosia del prestigio e la ricerca delle comodità, quando assorbono totalmente la vita sino ad escludere Dio dal proprio orizzonte, conducono veramente alla felicità? Ci può essere felicità autentica a prescindere da Dio? L'esperienza dimostra che non si è felici perché si soddisfano le attese e le esigenze materiali. In realtà, la sola gioia che colma il cuore umano è quella che viene da Dio: abbiamo infatti bisogno della gioia infinita. Né le preoccupazioni quotidiane, né le difficoltà della vita riescono a spegnere la gioia che nasce dall'amicizia con Dio. L'invito di Gesù a prendere la propria croce e a seguirlo in un primo momento può apparire duro e contrario a quanto noi vogliamo, mortificante per il nostro desiderio di realizzazione personale. Ma guardando più da vicino possiamo scoprire che non è così: la testimonianza dei santi dimostra che nella Croce di Cristo, nell'amore che si dona, rinunciando al possesso di se stesso, si trova quella profonda serenità che è sorgente di generosa dedizione ai fratelli, specialmente ai poveri e ai bisognosi. E questo dona gioia anche a noi stessi. Il cammino quaresimale di conversione, che oggi intraprendiamo con tutta la Chiesa, diventa pertanto l'occasione propizia, "il momento favorevole" (cfr 2 Cor 6,2) per rinnovare il nostro abbandono filiale nelle mani di Dio e per mettere in pratica quanto Gesù continua a ripeterci: "Se qualcuno vuole venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua" (Mc 8,34), e così si inoltri sulla strada dell'amore e della vera felicità.
Nel tempo quaresimale la Chiesa, facendo eco al Vangelo, propone alcuni specifici impegni che accompagnano i fedeli in questo itinerario di rinnovamento interiore: la preghiera, il digiuno e l'elemosina. Nel Messaggio per la Quaresima di quest'anno, pubblicato pochi giorni fa, ho voluto soffermarmi "sulla pratica dell'elemosina, che rappresenta un modo concreto di venire in aiuto a chi è nel bisogno e, al tempo stesso, un esercizio ascetico per liberarsi dall'attaccamento ai beni terreni" (n. 1). Noi sappiamo quanto purtroppo la suggestione delle ricchezze materiali pervada in profondità la società moderna. Come discepoli di Gesù Cristo siamo chiamati a non idolatrare i beni terreni, ma ad utilizzarli come mezzi per vivere e per aiutare gli altri che sono nel bisogno. Indicandoci la pratica dell'elemosina, la Chiesa ci educa ad andare incontro alle necessità del prossimo, ad imitazione di Gesù, che, come nota san Paolo, si è fatto povero per arricchirci della sua povertà (cfr 2 Cor 8,9). "Alla sua scuola - ho scritto ancora nel citato Messaggio - possiamo imparare a fare della nostra vita un dono totale; imitandolo riusciamo a renderci disponibili, non tanto a dare qualcosa di ciò che possediamo, bensì noi stessi". Ed ho aggiunto: "L'intero Vangelo non si riassume forse nell'unico comandamento della carità? Ecco allora che l'elemosina, praticata con profondo spirito di fede, diviene un mezzo per capire e realizzare meglio la nostra stessa vocazione cristiana. Quando infatti, gratuitamente offre se stesso, il cristiano testimonia che non è la ricchezza materiale a dettare le leggi dell'esistenza, ma l'amore" (n. 5).
Cari fratelli e sorelle, chiediamo alla Madonna, Madre di Dio e della Chiesa, di accompagnarci nel cammino quaresimale, perché sia cammino di vera conversione. Lasciamoci condurre da Lei e giungeremo, interiormente rinnovati, alla celebrazione del grande mistero della Pasqua di Cristo, rivelazione suprema dell'amore misericordioso di Dio.
Buona Quaresima a tutti!
[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto voi, Piccoli cantori di Merano, grazie per il vostro canto, e vi incoraggio a proseguire con gioia il vostro impegno di animazione liturgica. Saluto voi, rappresentanti del Comitato Pio IX, di Senigallia, convenuti a Roma in occasione del 130° anniversario della morte del beato Pio IX, la cui memoria liturgica si celebra domani. Vi ringrazio per il vostro generoso impegno teso a richiamare l'attenzione sulla figura e sull'esemplarità delle virtù di questo grande Pontefice, che espletò con eroica carità la missione di pastore universale della Chiesa, avendo sempre come obiettivo la salvezza delle anime. Nel suo lungo pontificato, segnato da avvenimenti burrascosi, egli cercò di riaffermare con forza le verità della fede cristiana di fronte a una società esposta ad una progressiva secolarizzazione. La sua testimonianza di indomito e coraggioso servitore di Cristo e della Chiesa costituisce anche oggi un luminoso insegnamento per tutti. Auspico di cuore che questa significativa ricorrenza contribuisca a far conoscere meglio lo spirito e il "volto" di questo mio beato predecessore e a farne apprezzare ancor più la sapienza evangelica e la fortezza interiore.
Saluto infine i giovani, i malati e gli sposi novelli, invitando tutti ad accogliere con prontezza e attuare con generosa perseveranza l'invito alla conversione, che la Chiesa oggi ci rivolge in modo singolare.
In questi giorni sono particolarmente vicino alle care popolazioni del Ciad, sconvolte da dolorose lotte intestine, che hanno causato numerose vittime e la fuga di migliaia di civili dalla Capitale. Affido anche alla vostra preghiera e alla vostra solidarietà questi fratelli e sorelle che soffrono, chiedendo che siano loro risparmiate ulteriori violenze e venga assicurata la necessaria assistenza umanitaria, mentre rivolgo un accorato appello a deporre le armi e a percorrere la via del dialogo e della riconciliazione.
«Credo alle lacrime della Madonnina». Ecco la firma di Wojtyla
Un documento prova che il Santo Padre venerava la statua di Civitavecchia
di Andrea Tornielli
La «prova» è un documento di due pagine, datate 8 ottobre 2000, che porta la firma dell’allora vescovo di Civitavecchia, Girolamo Grillo. E una sigla inconfondibile: quella di Papa Wojtyla. Ieri il prelato, intervistato da Uno Mattina, ha confermato personalmente la notizia pubblicata per la prima volta il 25 gennaio di tre anni fa dal Giornale: Giovanni Paolo II credeva nella Madonnina di Civitavecchia, la statuina di gesso che nel febbraio 1995 pianse lacrime di sangue. Volle venerarla e averla con sé in Vaticano. E cinque anni dopo volle lasciare un attestato che provasse questa venerazione.
Monsignor Grillo, inizialmente scettico, venne «invitato» a essere più possibilista sull’ipotesi soprannaturale proprio da Papa Wojtyla, che riteneva quello delle lacrime di Maria un messaggio importante. Nel documento, che viene ora mostrato per la prima volta dopo che il prelato è stato autorizzato a farlo, si legge la ricostruzione di quella straordinaria serata, quando Grillo oltrepassò le mura vaticane portando con sé la piccola statua di gesso di proprietà della famiglia Gregori. «Come Ella ricorderà - scriveva il vescovo nella lettera per Wojtyla - prima di sederci a cena, durante la quale abbiamo parlato della lacrimazione di sangue della “Madonnina di Civitavecchia” avvenuta anche fra le mie mani, abbiamo pregato assieme dinanzi alla stessa effigie della Madonna, che Ella ha benedetto, mettendole, sul capo, dopo averla baciata, una piccola corona d’oro e nelle mani la coroncina d’oro del Rosario che la statuina tuttora porta con sé».
«Mi disse quindi - scriveva ancora Grillo a Papa Wojtyla - che, per ora, sarebbe stato meglio non parlare di questo incontro e che un giorno sarei stato libero di dirlo al mondo... Desidero esprimere viva gratitudine a Vostra Santità per l’“Atto di affidamento” di tutta la Chiesa fatto alla Madonna con la solenne concelebrazione eucaristica di domenica 8 ottobre in piazza San Pietro, accogliendo così anche una mia proposta in tal senso, presentata a Vostra Santità in seguito alla lacrimazione di sangue della Vergine».
Infine, nel documento, il vescovo di Civitavecchia ribadiva l’autenticità di quanto avvenuto: «In pieno possesso delle mie facoltà di intendere e volere, in tutta franchezza e verità... dichiaro di aver visto il 15 marzo 1995 alle ore 8.15 lacrimare nelle mie mani la statuina della Madonna proveniente dalla parrocchia di Sant’Agostino in Civitavecchia. Di questo sono stato testimone oculare e pertanto non posso minimamente dubitare della sua realtà. Tuttora - scriveva ancora Grillo - non riesco a spiegarmi come ciò sia avvenuto, mancando ogni trucco o inganno sia all’interno della statuina già accuratamente passata ai raggi X, sia in me e nei miei familiari che eravamo in stato di piena coscienza né propensi ad assistere ad una nuova lacrimazione». A questo testo, che ricordava quanto accaduto, Giovanni Paolo II volle apporre, con la calligrafia già tremolante, la sua sigla e la data, 20 ottobre 2000.
Nel documento e nel diario personale, il vescovo non si spinge oltre. Ma risulta evidente che il mistico Karol Wojtyla considerava quelle lacrime un «segno» importante. Com’è noto, manca ancora un pronunciamento ufficiale e definitivo della Chiesa su quel mistero. Ma quanto è accaduto non potrà non avere un peso.
Il Giornale 05 febbraio 2008
Si riapre clamorosamente il caso di Civitavecchia. Anche Giovanni Paolo II venerò la statuetta della Madonnina di Pantano». E ai vescovi: «Siete troppo dubbiosi»
MONS. GRILLO: »LA CHIESA DICA SI’ ALLA MADONNINA. HA VERAMENTE PIANTO SANGUE NELLE MIE MANI» Esorcismi e sequestri, misteriose telefonate ed inquietanti coincidenze. Un «diario segreto». Dopo anni di silenzio riesplode il caso della Madonnina di Civitavecchia che pianse non solo nel giardino della famiglia Gregori ma anche nella casa del vescovo, nelle mani di monsignor Girolamo Grillo. E lontano dagli occhi dei media Papa Wojtyla venero’ la statuina. «Un giorno rivelerà al mondo questo mio gesto di venerazione» dirà al presule di Civitavecchia.
============================================================================
Di Giuseppe De Carli
«Che brutta storia quella delle Madonne che piangono. C’e’ sempre qualche burlone che si prende lo sfizio di imbrattare gli oggetti sacri. Poveri noi, dove siamo capitati! Con il parroco don Pablo Martin che va anche dietro a queste stupidaggini. Mater boni consilii, ora pro me!». (giorno 5 febbraio 1995). E’ l’apertura del «Diario del Vescovo». Il vescovo e’ monsignor Girolamo Grillo, già vescovo emerito di Civitavecchia che incontriamo a Tarquinia. Parla dopo anni di silenzio. Parla con un permesso speciale della Santa Sede.
E’ nelle sue mani (nelle mani di un vescovo!) che la Madonnina di Civitavecchia lacrimerà lacrime di sangue il 15 marzo 1995. Sarà la quattordicesima lacrimazione dopo che la statuina, tolta alla famiglia di Fabio e Anna Maria Gregori, arriva nella casa del pastore della diocesi, tenuta sotto chiave per impedire che qualcuno la rubasse. Madonne che appaiono, che parlano, che lacrimano come quella di Siracusa. Bambini ignoranti e persone umili, mai un vescovo nelle vesti di protagonista. Un vescovo, ovvero colui che dovrebbe, secondo la rigorosa procedura della Chiesa specie se si tratta di presunti miracoli o di apparizioni della Vergine, autenticare la veridicità o meno del fenomeno soprannaturale. Su un vescovo, infatti, incombe una gravissima responsabilità: smascherare gli impostori e i visionari (e sono stati migliaia nei secoli), sgomberare il campo da ogni sospetto avvalendosi di testimoni certi e di prove scientifiche altrettanto certe. E’ accaduto nei casi dei due santuari più famosi del mondo, quello di Lourdes e di Fatima. Civitavecchia va fuori dalle righe. Un successore degli Apostoli testimone del fatto «straordinario» e non spiegabile naturalmente, e giudice più alto e inappellabile del suo fondamento. Questo dice già dell’eccezionalità degli accadimenti che chi scrive, per uno strano concatenarsi di circostanze, ha potuto leggere attraverso il «diario personale» di monsignor Grillo. Pagine ancora segretissime che contengono riflessioni intense, shoccanti, episodi inediti. Vedono coinvolto un Papa, Giovanni Paolo II, in una misura finora inimmaginabile. Che si debba riaprire clamorosamente il «dossier della Madonnina di Civitacecchia»? I presupposti ci sono tutti. La testimonianza che ha reso monsignor Grillo – lo confesso – mi ha profondamente turbato. E’ quella di un uomo passato dallo scetticismo allo stato puro, ad una sorta di progressiva illuminazione. Ad una conversione, per meglio dire. E dalla testimonianza orale, ripresa dalla TV e mandata in onda su Uno Mattina di RAIUNO, e dalla lettura del diario si viene a sapere che Papa Wojtyla venerò in gran segreto la Madonnina al terzo piano del Palazzo apostolico (9 giugno 1995); si apprende di telefonate notturne dell’allora segretario di Stato della Santa Sede, il cardinale Angelo Sodano, al confratello vescovo di Civitavecchia («Non si preoccupi - dirà Sodano a Girolamo Grillo – Pietro e’ dalla sua parte»), di una visita privatissima dell’allora presidente della Camera, Irene Pivetti, alla località Pantano di Civitavecchia; di una, forse due visite, altrettanto privatissime, dello stesso pontefice a Civitavecchia, durante una delle tante fughe «in incognito» che il pontefice polacco amava fare fuori dalla «prigione dorata» del Vaticano. Addirittura, in una lettera al Sommo Pontefice (8 ottobre 2000) monsignor Grillo ringrazia Giovanni Paolo II per l’Atto di Affidamento di tutta la Chiesa alla Madonna «accogliendo così una mia proposta in tal senso, presentata a Vostra Santità in seguito alla lacrimazione di sangue della Vergine». La lettera contiene il solenne giuramento davanti alla Trinità di monsignor Grillo. Il vescovo dichiara di «aver visto il 15 marzo 1995 alle ore 8,15 lacrimare nelle mie mani la statuina della Madonna proveniente dalla parrocchia di S. Agostino in Civitavecchia». Di più non possiamo rivelare. Basterà aggiungere che di suo pugno Giovanni Paolo II firma la lettera del vescovo, quasi a porvi un sigillo non solo di ricezione, bensì di approvazione del contenuto. Infine, c’e’, da parte di Papa Wojtyla, la consegna del silenzio. Il vescovo deve tacere sull’atto di venerazione avvenuto, lontano dai riflettori, in Vaticano. «Un giorno – dire il Papa a monsignor Grillo – rivelerà al mondo questo mio gesto». E il momento probabilmente e’ venuto.
Eccellenza, dallo scetticismo alla sorpresa
Sì. L’11 febbraio del 1995 a nove giorni dalla prima apparizione, ricevo verso mezzanotte una telefonata del cardinale Angelo Sodano. Mi invita a non essere troppo sospettoso ad aprirmi anche ad altre ipotesi interpretative.
Una strana telefonata.
Che mi ha alquanto impensierito. Anche in Vaticano, rifletto, non hanno altro da pensare; vedono pure la TV! Il 23 febbraio, sempre il Segretario di Stato mi ringrazia, a nome del Papa, per essere stato più possibilista in una intervista, commentata da Enzo Biagi, a proposito delle lacrime di sangue versate dalla Madonnina.
L’irrompere di Giovanni Paolo II in questa vicenda e’ misterioso. Del Papa che ha versato il suo sangue nell’attentato in Piazza S. Pietro il 13 maggio 1981. Ora cominciamo a capire perchè non abbia sottovalutato Civitavecchia. E lei?
I miei convincimenti cominciavano a franare. Un Papa come Giovanni Paolo II che irrompe nella questione e che irrompe nella mia vita non l’avevo messo in conto. Sarà a conoscenza di qualche segreto, penso. Oppure anche il Papa e’ impazzito?
Intanto le analisi del sangue rivelano che si tratta di sangue maschile. Sarà il sangue del Figlio di Maria? Mah. La Madonnina viene radiografata al Policlinico Gemelli. Le fanno persino una TAC. Ricoverata come una paziente. Di lei si interessa il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Non ha mai pensato, eccellenza, che in tutto quello che avveniva ci potesse essere lo zampino del diavolo?
Oh, sì. Abbiamo fatto tanti esorcismi. Ho contattato l’esorcista della diocesi. Ho ordinato addirittura ai preti di stare lontani da questa faccenda. Il vescovo Grillo - lo affermo per la prima volta- aveva persino ordinato che quella statuina fosse distrutta!
Lei ha incontrato anche il padre Gabriele Amorth, che di demoni se ne intende.
Amorth escluse un influsso satanico. Non si poteva trattare di allucinazioni ad opera diabolica. Don Amorth aggiunse che un’anima di Firenze, da lui diretta spiritualmente, le aveva detto che la Madonna avrebbe pianto lacrime di sangue a Civitavecchia. Otto mesi prima! Lacrime con tristi presagi per il futuro dell’Italia. Elezione nel mese di giugno, vittoria di Prodi e attentato al premier, guerra civile nel nostro Paese. Un presagio funesto che si poteva bloccare con una grande preghiera. Il messaggio di Amorth lo comunico a mia sorella.
Che rimane profondamente turbata, leggo dal suo diario. La mattina del 15 marzo l’imprevedibile.
Ho appena celebrato l’Eucarestia. «Non ho dormito questa notte. Ho ripensato alle parole di padre Amorth. Prima di tornare a Roma mi fai pregare davanti alla Madonna?», implora mia sorella.
Lei abitava nella villa San Francesco, la sua residenza.
E’ così. Pregare non nuoce, ho pensato . Chiamo una della due suore, suor Tereza rumena, e le chiedo di estrarre dall’armadio, dove era chiusa a chiave, la statuina. Con me c’erano, dunque, mia sorella, mio cognato, la religiosa.
Cosa pregavate?
Senza metterci d’accordo, recitavamo l’identica preghiera, la «Salve Regina». Io in latino. Ero arrivato alle parole: «illos tuos misericordes oculos ad nos converte», volgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi… Quando mio cognato mi da’ una gomitata: «Non vede che ripiange!!».
Cosa stava accadendo?
Una lacrima scendeva dall’occhio destro della statuina come un filo di capello. La lacrima scendeva, quasi come una lacrima normale, ma fermandosi prima della gota formava come una piccola perla di rubino, la quale voleva superare la gota, per rifare lo stesso tracciato di quella precedente asportata al Policlinico Gemelli. Sono sbiancato tanto che mia sorella si mise a gridare: «aiuto, aiuto», macchiandosi il dito con il sangue per l’agitazione. Al suo grido, accorsero suor Mariana e mio nipote Angelo che ancora riposava. Chiamarono subito il primario cardiologo dell’ospedale civile, il professor Di Gennaro, il quale si avvide sia dello stato grave di shock in cui mi trovavo, sia della nuova lacrima di sangue ancora fresca…
Mai avuto dubbi? Una allucinazione, una percezione deviata, qualcosa di patologico, una suggestione?
Ma eravamo in quattro! Diventati poi sei! Quale scherzo? Quale allucinazione o suggestione collettiva? Allucinazione o percezione sbagliata potevano essere quelle di Lourdes o Fatima…La’, dei ragazzi, hanno visto la Madonna. Io non ho visto niente. Ho visto il sangue scorrere e restare. Ha capito?! Il fatto e’ stato un fatto constatabile, non una visione. Quante volte sono stato preso da scrupolo. Torturato: «E’ possibile che una Madonnina abbia pianto?». «Eccellenza - mi rimproverava suor Tereza che allora aveva 25 anni- e’ una brutta tentazione! Un cattivo pensiero. Se lo tolga dalla mente!
Quindi, a distanza di 13 anni lei può affermare con totale sicurezza che…
Che la Madonnina ha pianto nelle mie mani! Era deposta in un cestino nelle mie mani. Ed era sangue! C’e’ poco da aggiungere. Era sangue! Questa e’ la verità!
Impressionante! Monsignor Grillo, la notizia della quattordicesima lacrimazione a casa sua (come le stazioni della Via Crucis) fa il giro del mondo. Il 22 maggio arriva da lei, in gran segreto, il presidente della Camera dei Deputati, l’onorevole Irene Pivetti. Il 25 maggio incontra il Papa al termine dell’incontro coi vescovi italiani. Cosa le chiese il papa?
Notizie sulla Madonnina. Alla mia esitazione a rispondere, Giovanni Paolo II si lasciò andare ad una battuta tagliente: «Ah! Voi altri vescovi italiani avete la testa dura e siete sempre dubbiosi». Ora credo che egli abbia avuto ragione.
La giornata indimenticabile per lei e’ però il 9 giugno.
Si’, sono stato invitato a cena dal Santo Padre il quale ha voluto – cosa che nessuno sa finora – che gli portassi la Madonnina. L’ho informato dei miei contatti coi cardinali Sodano, Ratzinger e Ruini. Il Papa ha citato piu’ volte, a proposito del pianto, il grande teologo Hans Urs Von Balthasar. Il pianto della Vergine e’ un invito alla conversione. Al termine della cena abbiamo pregato a lungo davanti alla Madonnina.
E poi?
L’ha venerata, l’ha baciata, l’ha benedetta, le ha imposto sul capo una corona d’oro che avevo portato con me; ad una mano le ha appeso la corona del rosario.
Il sigillo di Pietro su quell’evento?
E’ probabile. Al termine di quelle ore, che non dimenticherò più, il Papa mi ha imposto il silenzio su quanto era avvenuto.
Con quali parole?
Tremo ancora nel ricordarle. «Un giorno – mi disse il papa – lei lo farà sapere al mondo; cioè farà conoscere a tutti questo mio atto di venerazione». Poi ha aggiunto: «Mettiamo tutto nelle mani di Ratzinger…» Il giorno successivo il cardinale Sodano mi fa sapere della soddisfazione del Santo Padre. «Per la Madonnina – esclama- si può procedere senza tentennamenti. Pietro e’ con lei!».
Questo segno di sangue lascia senza parole. Molti l’hanno interpretato come preannuncio di sciagure per l’Italia e per l’umanità.
Non posso sbilanciarmi. La Madonna non può non seguire da vicino il cammino dei suoi figli nel tempo, i loro affanni e le loro preoccupazioni. Il credente non deve scartare alcuna ipotesi, per chi non crede…. Non vorrei essere nei panni di un teologo che deve dare una qualche spiegazione ad una statua di Maria che lacrima sangue maschile. Un giorno l’allora cardinale Ratzinger mi disse: «I teologi, se questo e’ vero, avranno da discutere molto sulla natura del sangue di Maria».
Lei un uomo di fede, naturalmente. E’ un vescovo. Ha toccato quel sangue… potrebbe essere il sangue di Cristo! Cio’ non la sconvolge?
A dir la verità non l’ho toccato. L’ha toccato mia sorella. Lei sa che la Commissione Diocesana incaricata di affrontare la questione ha dato dieci pareri positivi su undici. Sette di questi propendevano per l’evento non spiegabile, per un evento soprannaturale.
Ci si e’ fermati sulla soglia ( e non capisco il perchè), ne’ un giudizio positivo ne’ negativo. Quasi a voler archiviare il fatto, a derubricarlo nel dimenticatoio della storia.
Io non avevo chiesto se il fenomeno era soprannaturale, solo se la Madonnina aveva pianto. E la risposta che le ho dato e’ che, sì, la Madonnina ha pianto, ma non so che cosa sia!
Questo premere dell’eterno sul mondo travolge ogni umana, positiva certezza. Monsignore, questo fatto le ha procurato più gioie o sofferenze?
(esita a lungo) Non dico nulla!
Il vescovo di prima, dopo quell’evento, non c’e’ più.
No. La lacrimazione ha sconvolto la mia vita e tutto e’ diventato effimero, caduco. E’ come se avessi una percezione nuova delle cose e della vita.
So che tocco corde molto intime. La sua devozione mariana si e’ irrobustita…
Questo sì. Io sono sempre stato devoto della Madonna. Molti mi chiedono: quando pensi alla Madonnina? La domanda andrebbe rovesciata: quando non penso alla Madonnina!
Forse c’e’ una lezione da trarre da tutto questo: bisogna avere il coraggio di non respingere il mistero di Dio.
Dio però ama la libertà. Ha creato l’uomo libero, libero anche di negarlo. Aprirsi al mistero di Dio significa lasciarsi toccare da Dio. Essere disponibili. Prego molto perché le donne e gli uomini del nostro tempo sentano, come un dono, quello di essere toccati da Dio.
Civitavecchia con la sua Madonnina rischiano la «damnatio memoriae». Lei non vuole. Lei, autorizzato dal Segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, dopo tanti anni, ha finalmente parlato. Lei, forse, vorrebbe qualcosa di piu’ dalla Chiesa, un passo meno esitante…
Può darsi che sia arrivato il momento da parte della Chiesa di dire il suo sì a Civitavecchia. Teniamo conto del miracolo delle conversioni, delle famiglie che si ricompongono, delle persone che si sentono attratte da questo mistero di luce. A Civitavecchia quella Madonnina, e’ incredibile, attira, chiama. «Monsignore, dopo avere sconvolto la Francia adesso non parla più» mi ha detto un po’ bruscamente il rettore del santuario di Lourdes. Era accompagnato da monsignor Massimo Camisasca. «Che parli io - ho risposto – non importa, parla lei, la Madonna. Lo dimostra il fatto che senza essere invitato e’ venuto qui perché ha sentito una forza misteriosa. Io l’ho incontrata per caso. Quindi, meno si parla – ho aggiunto – e più parla Lei». Speriamo che dopo queste mie parole continui a parlare. Questa e’ la mia speranza.
DA MEDJUGORJE A CIVITAVECCHIA
La Madonna di Civitavecchia e’ alta 43 centimetri ed ha un basamento di 6 centimetri. Pesa poco più di due chilogrammi ed e’ stata realizzata nel laboratorio dell’artigiano croato, Sqepan Vlaho, in un villaggio nei pressi di Medjugorje.
Viene acquistata nel 1994 da don Pablo Marin, parroco di Civitavecchia, e donata ai coniugi Anna Maria Accorsi e Fabio Gregori.
Il 2 febbraio 1995, Jessica Gregori, (cinque anni), figlia di Annamaria e Fabio, scorge sulle guance della statuetta collocata in giardino delle lacrime di sangue.
Le lacrimazioni si ripetono anche davanti a diversi testimoni. Il 5 febbraio inizia il «Diario del Vescovo» che annota impressioni sulla vicenda. Monsignor Girolamo Grillo e’ scettico e sospettoso.
Le prime analisi sul sangue confermano che si tratta di liquido biologico. La statuina e’ sottoposta ad esorcismo e portata al Policlinico «Agostino Gemelli» per delle radiografie e una TAC.
Il 28 febbraio esplode la notizia che si tratta di sangue umano con caratteristiche maschili. Il vescovo si reca in Vaticano dal cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Si mette in moto la magistratura per accertare eventuali trucchi e la statuina viene posta sotto sequestro. Il 15 marzo alle ore 8,15 la lacrimazione di sangue nelle mani dello stesso vescovo Girolamo Grillo. Il fatto straordinario si verrà a conoscere solo venti giorni dopo.
Il 22 maggio, in forma privata, la presidente della Camera dei Deputati, onorevole Irene Pivetti, prega insieme a monsignor Grillo davanti alla Madonnina. Recitano il rosario per l’Italia.
Il 9 giugno e’ lo stesso Giovanni Paolo II a pregare davanti alla statuina. Siamo nel suo appartamento. Col vescovo Grillo il segretario personale del papa, Stanislao Dsziwisz. La Madonnina torna definitivamente nel quartiere di Pantano il 17 giugno dando inizio al pellegrinaggio dei fedeli che continua tutt’ora. E il 17 giugno si chiude anche il «Diario del Vescovo».
L’8 ottobre 2000 monsignor Girolamo Grillo invia una lettera a Giovanni Paolo II con un solenne giuramento su Dio, Gesù Cristo, lo Spirito Santo e Maria Madre di Dio. Afferma di aver visto lacrimare sulle sue mani la statuina della Madonna proveniente dalla parrocchia di S. Agostino in Civitavecchia. «Di questo fatto – scrive il vescovo – sono stato testimone oculare e pertanto non posso minimamente dubitare della sua realtà».
MERCOLEDÌ DELLE CENERI - TORNARE ALLA SAPIENZA DEL LIMITE
Avvenire, 6.2.2008
PIERANGELO SEQUERI
Nelle nostre società evolute, a quanto sembra, gli spiriti animali del godimento non si contentano più della loro dose quotidiana. La loro esosità eccede ormai la tenuta della nostra psiche collettiva. Altro che modica quantità. Quegli spiriti animali (con tutto il rispetto per gli animali veri) forzano il limite, fino al sacrificio dell’umano (il nostro, preferibilmente).
Nella società, come negli individui, la perdita del senso del limite (ossia la sua sostanziale ignoranza, che astuti venditori cercano di piazzare come audacia creativa) può accendere attimi di esaltazione, ma spegne l’entusiasmo per generazioni. Una cultura che decida di coltivare tale ignoranza, addolcendone l’incoscienza, rende lo sconforto che ne deve seguire endemico e incurabile. Non lo respiriamo già come una specie di smog dell’anima? Non sta già trasformando noi – i nostri figli! – in una specie mutante, straordinariamente eccitabile ma orribilmente anaffettiva? Riconoscere i propri limiti, significa possedere l’alta sapienza che è necessaria per decidere da sé, in tutta scienza e coscienza, i modi della qualità umana. Possibilmente, prima che l’irresponsabilità delle nostre insipienti forzature ci imponga una sorta di anomala regressione zoologica e vegetale dell’ominizzazione. Mascherata chimicamente o ciberneticamente, finché si vuole, l’automazione è il contrario dell’autodeterminazione umana. Il popolo cristiano, entrando nel tempo della Quaresima, ripete simbolicamente il gesto di iniziazione che ci restituisce alla sapienza più profonda del limite. E pertanto, alla signoria della libertà degna dell’uomo. Lo so che il simbolo è diventato uno slogan per esorcizzare il fastidio di facce smunte e deprimenti, o di periodi di precarietà e di penuria. A sentir noi, è sempre tempo quaresimale. Facciamo già fin troppi sacrifici. Vero. Però, con tutto il rispetto, ma proprio tutto, non scherziamo. Noi siamo nella parte del pianeta più ingozzata e ingorda che ci sia. Predichiamo di uno sviluppo sostenibile e razzoliamo nella religione dei consumi, non importa come. Ci stanno cedendo tutti i legami umani, consideriamo superate tutte le forme di coltivazione dell’anima, le trasformiamo in mere fonti di eccitazione senza pensiero. E provvediamo ossessivamente a un’unica iniziazione dei giovani: quella al godimento sicuro. E vogliamo passare per quaresimalisti forzati, come se il cristianesimo fosse fermo ai simboli del Medioevo? È del rischio di un binario morto della storia che parliamo, genti d’Europa. La Quaresima è l’ultimo simbolo di sobrietà volontaria e sovrana che ci sia rimasto. L’unica signorile sprezzatura del dogma libidico dell’anti-sacrificio a tutti i costi, al quale è diventato difficilissimo rifiutarsi di sacrificare in pubblico.
La sento l’obiezione: tutto questo avviene con sacrificio di molti però, anche qui, che sono sfruttati, demoralizzati, resi insicuri dalla frantumazione violenta di ogni limite. Compresi quelli che annodano legami di pace, combattono la disperazione, subiscono innocenti la loro disinteressata passione per la giustizia. E anche quelli che sanno e patiscono, per tutti, l’enormità degli inganni di cui si servono le potenze che cercano il ritorno dell’umano a pianta e ameba. Aggiungiamo anche i moltissimi che sperano ormai solo in una grande tregua della corsa al godimento, per poter crescere generazioni ancora capaci di spiritualità, di pensiero, di poesia. ( Tutto questo, padri e madri della fede, è il mistero del peccato che fronteggiamo: non l’eccesso di cioccolatini). Di che parlavo, appunto? E di che parla, evocando l’abisso, una quaresima cristiana, oggi?
UNA GRAVIDANZA TENACE, FINO A VINCERE IL CANCRO
Avvenire, 6.2.2008
Storia di Michelle tre volte madre
GABRIELLA SARTORI
In questa convulsa fase della cronaca italiana e internazionale segnata da tenebrosi delitti, caos politico, ripresa dei terrorismi, tutto si può dire tranne che sia facile scovare qualche notizia capace di dare speranza. Ma la speranza c’è: e stavolta la buona notizia viene proprio da dove meno si sarebbe potuto aspettarselo, vale a dire da quella Gran Bretagna in cui – tra creazione di ibridi uomoanimale e proposta choc di proibire, a scuola, l’uso di parole e concetti davvero non negoziabili come mamma e papà – potrebbe sembrare che lo spazio lasciato alla speranza si sia pesantemente ristretto. E invece no. È, dunque, accaduto che in quel Paese Michelle Stepney, 35 anni, madre già di Jack, cinque anni, abbia scoperto, mentre era incinta di due gemelline, di essere affetta da tumore alla cervice dell’utero. Con una difficile decisione, (non volevo far del male né a Jack, privandolo della sua mamma, né alle sue due sorelline, privandole della vita, ha detto), ha deciso di non abortire, accettando solo una chemioterapia leggera che non danneggiasse irreparabilmente le bambine. Che sono nate felicemente,sane e vitali, anche se prive di capelli per gli effetti indotti della chemio materna, e si chiamano Harriet e Alice. Storia bellissima, che però, fin qui, assomiglia a tante bellissime storie analoghe. Perché quando una donna permette che, dentro di lei, nasca la madre, questo e tanti altri miracoli diventano possibili. Ma quel che di più particolare questa storia ha sta nel sèguito: le due gemelline, mentre crescevano nel ventre di mamma Michelle, hanno letteralmente spostato il cancro che l’aggrediva in modo da privarlo della sua carica maligna e impedendogli di diffondersi nei gangli vitali. Al punto che, una volta nate, la loro mamma ha potuto felicemente essere operata di isterectomia, senza alcuna conseguenza negativa. E adesso stanno bene tutte e tre: a Michelle è stata riconosciuta una nomination per il Women Courage Award, premio istituito dal Cancer Research britannico, destinato a chi faccia qualcosa di davvero speciale «per sé e per gli altri». E che Michelle l’abbia fatto, non c’è dubbio. Non solo per il fatto di aver rinunciato alle cure anteponendo al proprio interesse quello dei suoi figli, ma anche per averlo fatto in un Paese come la Gran Bretagna in cui, benché l’83% delle donne usino regolarmente gli anticoncezionali, e benché il ricorso a questo tipo di prevenzione sia caldeggiato dalle autorità, il numero altissimo degli aborti non accenna a calare e anzi, a livello di minorenni, è diventato una vera e propria piaga nazionale che non si riesce a frenare in alcun modo. A riprova del fatto che questo tipo di 'prevenzione' dell’aborto non serve allo scopo teorizzato. Anzi. Quello che serve, in Gran Bretagna come da noi o in Spagna e in tutti gli altri Paesi europei – dove, più avanza la 'libertà' di eliminare feti e embrioni, più avanzano vecchiezza e povertà umana, morale e perfino economica – è una moratoria a questo precipitoso andazzo verso la fine, è quella «riflessione culturale», non ideologica, di cui anche Giuliano Ferrara si è fatto promotore. E ancor più servono i 'miracoli' che hanno la forza del calore umano e del volto sorridente di mamma Michelle e delle sue stupende gemelline: tre donne, una grande e due piccolissime, che non solo hanno sconfitto la paura e il terrore, non solo hanno sconfitto, in un modo che la scienza non sa spiegare, il mostro del cancro. Ma hanno anche dimostrato che si può felicemente farlo vivendo in una Paese in cui tutto questo è terribilmente out, in cui tutto – leggi, parenti, amici, mentalità dominante – ti indurrebbe a fare il contrario. Il bene c’è, ed è duro tentare di farlo morire. Staremo a vedere, adesso, se sarà poi così semplice cancellare, nelle scuole britanniche, l’idea stessa di marternità e paternità. Staremo a vedere se, e come, sarà possibile impedire a Jack, ad Alice e ad Harriet, a casa o quando andranno a scuola, di chiamare Michelle e loro padre con gli insostituibili nomi di mamma e papà.
Choc a Londra, embrione «creato» da tre genitori
Avvenire, 6.2.2008
DA LONDRA
ELISABETTA DEL SOLDATO
Gli scienziati del Regno Unito hanno annunciato ieri quella che sarebbe a loro avviso l’ennesima scoperta di portata storica nel campo della fecondazione artificiale: sono riusciti a creare un embrione umano da tre genitori diversi.
Il team dell’università di Newcastle – al quale qualche settimana fa l’authority britannica che sovrintende l’embriologia e fecondazione artificiale Hfea ha garantito la licenza per creare embrioni ibridi – sostiene infatti che questa nuova scoperta potrebbe rivelarsi «rivoluzionaria » per la cura di malattie ereditarie tra cui alcune forme di epilessia.
Gli embrioni sono stati creati usando il Dna di un uomo e di due donne. Usando la nuova procedura gli scienziati inglesi promettono di risolvere il problema della trasmissione di malattie gravi tra madre e figlio e di aiutare a procreare alle donne con il mitocondrio malato. I difetti del mitocondri, microorganismi che si trovano nelle cellule individuali, provocano circa cinquanta malattie conosciute, alcune delle quali portano all’invalidità o alla morte. Una persona su 6500, si legge nelle statistiche del ministero della Sanità inglese, è affetta da queste malattie: distrofia muscolare, cecità, diabete e sordità le più note, patologie per le quali al momento non esistono trattamenti per la cura efficaci.
Durante i loro esperimenti gli scienziati di Newcastle hanno effettuato un trapianto di mitocondri su dieci embrioni scartati dalla fecondazione artificiale. Poche ore dopo la creazione, i nuclei contenente il Dna del padre e della madre è stato rimosso dall’embrione e trasferito nell’ovulo della donatrice al quale gran parte del Dna era già stato rimosso. L’unica informazione genetica rimasta dall’ovulo prelevato alla donatrice riguarda solo una piccola parte che controlla la produzione di mitocondri: vale a dire 16mila dei tre miliardi di parti che compongono il genoma umano. Gli embrioni poi continuano a crescere ma vengono distrutti dopo sei giorni.
«Siamo convinti – ha spiegato il professor Patrick Chinnery, scienziato dell’Università di Newcastle – che sviluppando questa tecnica potremo presto offrire alle famiglie la speranza di non trasmettersi a vicenda malattie gravi».
Attualmente il team di ricercatori ha il permesso di portare avanti gli esperimenti ma non quello di offrirli come trattamento terapeutico. Fino a oggi, conferma il team di Newcastle, gli esperimenti effettuati sui topi dimostrano che quelli nati con il nuovo mitocondrio non portano con se informazioni che definiscano attributi umani.
06.02.2008, L'appello per i 67 "no Papa" e quello "per la ragione". Accademici contro, Il Foglio