Nella rassegna stampa di oggi:
1) BENEDETTO XVI: IN MEDIO ORIENTE LA CHIESA SIA “STRUMENTO DI UNITÀ” - Intervento in occasione dell'Angelus domenicale (ZENIT.org)
2) BIG SOCIETY/ Vittadini: la sussidiarietà ora parla inglese Giorgio Vittadini - domenica 10 ottobre 2010 – il sussidiario.net
3) IL CASO/ Così l'Europa del silenzio ha sconfitto gli abortisti Renato Farina - lunedì 11 ottobre 2010 – il sussidiario.net
4) Avvenire.it, 10 ottobre 2010- INEDITI - Lenin architetto del terrore di Paolo Sensini
5) Avvenire.it, 11 Ottobre 2010 – CINA - Nobel pace, la moglie Liu agli arresti domiciliari
6) 10/10/2010 - VATICANO - M. ORIENTE - Papa: Il Sinodo per sostenere le Chiese del Medio Oriente e la missione universale - Al via l’Assemblea speciale con la messa presieduta da Benedetto XVI. È necessario potenziare la comunione e la testimonianza dei cristiani, rafforzando i legami fra le Chiese cristiane e il dialogo con ebrei e musulmani. Ma occorre garantire ai cristiani della regione “di vivere dignitosamente nella propria patria”, garantendo libertà religiosa, pace e giustizia. Occorre il contributo di tutti: della comunità internazionale; delle religioni perché rifiutino la violenza; della Chiesa universale perchè i fedeli sentano "la gioia di vivere in Terra Santa" (AsiaNews).
BENEDETTO XVI: IN MEDIO ORIENTE LA CHIESA SIA “STRUMENTO DI UNITÀ” - Intervento in occasione dell'Angelus domenicale (ZENIT.org)
ROMA, domenica, 10 ottobre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito le parole pronunciate questa domenica da Benedetto XVI nell'introdurre la preghiera mariana dell'Angelus recitata insieme ai fedeli e ai pellegrini riuniti in piazza San Pietro.
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Cari fratelli e sorelle!
Vengo or ora dalla Basilica di San Pietro dove ho presieduto la Messa di apertura dell’Assemblea Speciale per il Medio Oriente del Sinodo dei Vescovi. Questa straordinaria assise sinodale, che durerà due settimane, vede riuniti in Vaticano i Pastori della Chiesa che vive nella regione mediorientale, una realtà quanto mai variegata: in quelle terre, infatti, l’unica Chiesa di Cristo si esprime in tutta la ricchezza delle sue antiche Tradizioni. Il tema su cui rifletteremo è il seguente: "La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza". Infatti, in quei Paesi, purtroppo segnati da profonde divisioni e lacerati da annosi conflitti, la Chiesa è chiamata ad essere segno e strumento di unità e di riconciliazione, sul modello della prima comunità di Gerusalemme, nella quale "la moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola" (At 4,32). Questo compito è arduo, dal momento che i cristiani del Medio Oriente si trovano spesso a sopportare condizioni di vita difficili, sia a livello personale che familiare e di comunità. Ma ciò non deve scoraggiare: è proprio in quel contesto che risuona ancora più necessario e urgente il perenne messaggio di Cristo: "Convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,15). Nella mia recente visita a Cipro ho consegnato lo Strumento di Lavoro di questa Assemblea sinodale; ora che essa è iniziata, invito tutti a pregare invocando da Dio un’abbondante effusione dei doni dello Spirito Santo.
Il mese di ottobre è detto il mese del Rosario. Si tratta, per così dire, di un’«intonazione spirituale» data dalla memoria liturgica della Beata Vergine Maria del Rosario, che si celebra il giorno 7. Siamo dunque invitati a lasciarci guidare da Maria in questa preghiera antica e sempre nuova, che a Lei è specialmente cara perché ci conduce direttamente a Gesù, contemplato nei suoi misteri di salvezza: gioiosi, luminosi, dolorosi e gloriosi. Sulle orme del Venerabile Giovanni Paolo II (cfr Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae), vorrei ricordare che il Rosario è preghiera biblica, tutta intessuta di Sacra Scrittura. E’ preghiera del cuore, in cui la ripetizione dell’"Ave Maria" orienta il pensiero e l’affetto verso Cristo, e quindi si fa supplica fiduciosa alla Madre sua e nostra. E’ preghiera che aiuta a meditare la Parola di Dio e ad assimilare la Comunione eucaristica, sul modello di Maria che custodiva nel suo cuore tutto ciò che Gesù faceva e diceva, e la sua stessa presenza.
Cari amici, sappiamo quanto la Vergine Maria sia amata e venerata dai nostri fratelli e sorelle del Medio Oriente. Tutti guardano a Lei quale Madre premurosa, vicina ad ogni sofferenza, e quale Stella di speranza. Alla sua intercessione affidiamo l’Assemblea sinodale che oggi si apre, affinché i cristiani di quella regione si rafforzino nella comunione e diano a tutti testimonianza del Vangelo dell’amore e della pace.
[DOPO L’ANGELUS]
Nei giorni scorsi si è svolta a Roma la "Missione ai Giovani 2010", organizzata dal Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile. Quest’anno essa ha raggiunto i quartieri di Tor Bella Monaca e Torre Angela, con molte iniziative di animazione spirituale, incontri nelle parrocchie, nelle scuole e nell’università, visite agli ammalati. Al centro di tutto, l’adorazione eucaristica, cioè la presenza di Gesù Cristo vivo. Esprimo il mio apprezzamento ai giovani missionari, ai seminaristi e a quanti si sono impegnati in questa esperienza. Grazie, avete fatto molto bene! Il Signore faccia fruttificare i semi di Vangelo che avete sparso con fede e con amore!
[Il Papa ha poi salutato i pellegrini in diverse lingue. In Italiano ha detto:]
Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo venuto da Pordenone per la presentazione di un libro sul Cardinale Celso Costantini, la Fondazione San Vito di Mazara del Vallo, i fedeli di Lamezia Terme, agenti e familiari della Polizia Municipale di Agropoli e i chierichetti di Certaldo. A tutti auguro una buona domenica. Grazie a tutti voi!
BIG SOCIETY/ Vittadini: la sussidiarietà ora parla inglese Giorgio Vittadini - domenica 10 ottobre 2010 – il sussidiario.net
Il concetto di Big Society, proposto come punto chiave dell’agenda del premier inglese David Cameron, è solo riducibile alla revisione in senso liberale di un modello economico o è anche una ridefinizione politico-filosofica dei rapporti tra individui, società e Stato che implica una certa idea di uomo?
Nel discorso programmatico del 19 luglio a Liverpool, Cameron afferma: “Si tratta di un grande cambiamento culturale, in cui le persone, nella vita di tutti i giorni, nelle loro case, nei quartieri, nei posti di lavoro, cessano di rivolgersi a funzionari, autorità locali, o governi centrali per trovare le risposte ai problemi che incontrano, e sono invece abbastanza forti e libere da aiutare loro stesse e le loro comunità...”.
Big Society vuol dire “comunità capaci di costruire nuovi edifici scolastici, vuol dire servizi capaci di formare al lavoro, vuol dire fondazioni che aiutano i criminali a riabilitarsi...”. Al centro della Big Society c’è quindi innanzitutto una certa idea di uomo e del valore della sua iniziativa (fondamento del principio di sussidiarietà).
Un uomo concepito non come individuo isolato - secondo una concezione antropologica che ha preso piede a partire dal Settecento -, ma come essere strutturalmente relazionale (accento che troviamo forte nell’enciclica Caritas in veritate di Benedetto XVI), e che realizza i suoi scopi mettendosi insieme ad altri uomini. Il concetto di “comunità” di Cameron è ciò che ha dato vita ai corpi intermedi, tipici della tradizione secolare e attuale del “welfare sussidiario”.
Fin dal Medioevo, scuole, ospedali, opere di assistenza, università, e, in tempi più recenti per iniziativa dei movimenti cattolico e operaio, anche istituti di credito e mutue, sono nati dall'azione di comunità di uomini mossi da criteri ideali. Anche oggi, in tutto il mondo, realtà fondamentali per il nostro benessere – dalla Mayo Clinic di Rochester, alle grandi università americane, al Food Bank (o Banco Alimentare di casa nostra) – nascono e crescono per l'azione di queste comunità di cittadini non assimilabili né al privato for profit né all'ente pubblico.
Ne nasce un’idea innovativa (sicuramente per l'Italia) del rapporto tra Stato e opere nate dalle realtà di base. Dice ancora Cameron: “Perciò il governo non può restare neutrale: deve promuovere e sostenere una nuova cultura del volontarismo, della filantropia, dell’azione sociale. [...].
Dobbiamo liberarci di una burocrazia centralizzata che spreca soldi e fiacca lo spirito pubblico. Al suo posto dobbiamo dare molta più libertà ai professionisti, aprire il servizio pubblico a nuovi operatori come fondazioni, imprese sociali, aziende private, e così offrire più innovazione, diversità e responsabilità nei confronti delle domande pubbliche...”.
E' ancora una volta la concezione di sussidiarietà antica e moderna che riconosce il valore di realtà che, pur non essendo di diritto pubblico, sono di pubblica utilità, così come sancì la nostra Corte Costituzionale a proposto delle Fondazioni di origine bancaria (sentenza n.301/2003).
Una concezione che suggerisce una teoria e una prassi ben lontana dalla neutralità (o, peggio, dall’ostilità) con cui l'ente pubblico, anche nel nostro Paese, per lo più vede l'azione del privato sociale. Come disse don Giussani al convegno della DC Lombarda nel 1987, “è nel primato della società di fronte allo Stato che si salva la cultura della responsabilità.
Primato della società allora: come tessuto creato da rapporti dinamici tra movimenti, che creando opere e aggregazioni, costituiscono comunità intermedie e quindi esprimono la libertà delle persone potenziata dalla forma associativa”. Una prospettiva nata dall’insistenza cattolica sul valore del singolo uomo e della sua iniziativa (base della sussidiarietà), ma che può essere ben compresa e realizzata da un liberale non liberista quale Cameron, è ciò che sembra proporsi all'inizio del suo mandato.
(Pubblicato su Il Sole 24 Ore del 10 Ottobre 2010)
IL CASO/ Così l'Europa del silenzio ha sconfitto gli abortisti Renato Farina - lunedì 11 ottobre 2010 – il sussidiario.net
Questa è una storia bellissima e impossibile. Ha una forza simbolica eccezionale. Può essere tutto: che finisca così, con una gloria effimera. Oppure può essere un punto di partenza. Qui proviamo a evitare che sia insabbiata, dimenticata oppure travisata, ridotta a un incidente folcloristico, devoto, consolatorio.
Veniamo al punto. Per la prima volta una istituzione europea ha affermato la negatività dell’aborto, il diritto-dovere di mettere al primo posto la persona, affermando uno di quei principi non-negoziabili che Benedetto XVI invoca continuamente, non in nome di una etica cattolica, ma sulla base di un amore semplice alla verità del nostro essere uomini.
È accaduto il 7 ottobre di quest’anno. Si doveva discutere e votare su una risoluzione al Consiglio d’Europa. Per intenderci, qui c’è un’assemblea parlamentare che raccoglie la volontà popolare di 47 Paesi d’Europa. Non solo i 27 dell’Unione Europea, ma qualcosa di più largo: ci sono anche la Russia, la Turchia, l’Albania, la Georgia, l’Ucraina…
Non è un’istituzione da niente. Da essa dipende la Corte europea dei diritti umani. Siamo noi del Consiglio d’Europa ad eleggere i suoi giudici, gli stessi che hanno stabilito di togliere i crocefissi dalle pareti dei luoghi pubblici.
In ballo stavolta c’era una decisione sull’obiezione di coscienza di medici e operatori sanitari in tema di aborto. Nelle commissioni la tesi era quella solita del nichilismo progressista che domina nella cultura dell’Occidente. E cioè chi sceglie di dire di no all’interruzione volontaria di gravidanza nega la libertà individuale delle donne.
Tutto è stato predisposto per limitare la scelta libera e cosciente di ginecologi e infermieri. Essi - secondo il documento portato avanti da socialisti ma anche da esponenti del Partito popolare europeo - devono essere obbligati a praticare l’aborto in caso di urgenza, oppure quando l’ospedale dove provvedere all’eliminazione dell’intoppo (che sarebbe un bambino) sia considerato lontano.
Non basta: si deve dichiarare che non ci può essere alcuna clinica riconosciuta dallo Stato che non preveda nelle sue strutture di operare gli aborti. Insomma, venendo al concreto: o il Policlinico Gemelli o la clinica dei Camilliani devono essere disponibili alla pratica che avete capito.
L’Italia viene citata come esempio infame: il 70 per cento dei medici e il 50 per cento degli anestesisti obietta. Occorre intervenire.
La battaglia era perduta. Nelle commissioni affari sociali e in quella delle pari opportunità passano emendamenti sempre più duri. Si rifiuta qualsiasi dialogo, mediazione, eccezione. Niente da fare, in apparenza. Invece…
Invece un gruppetto (Volontè, eccellente capogruppo nel Ppe, un irlandese, un olandese, un lituano protestante, i russi, chi qui scrive) prepara emendamenti. Si prova a ragionare sulla realtà piuttosto che sull’ideologia. Dimostriamo che l’obiezione di coscienza attiene alla libertà incoercibile. Si dimostra che la preparazione del rapporto ha escluso testimonianze non allineate alla tesi precostituita.
Ed eccoci in aula. Diciamo le nostre ragioni. Proponiamo di ridiscutere tutto. Non accettano, i nostri avversari. Emendamento dopo emendamento, guadagniamo consensi. La risoluzione cambia radicalmente. Diventa l’affermazione del primato della persona, del buon diritto all’obiezione, della negazione del diritto all’aborto.
Vinciamo tutto, nello stupore di chi era abituato a colonizzare e a imbrigliare il giudizio di tanti parlamentari. Dalla Georgia arrivano in aereo i parlamentari, con un volo predisposto per questa scelta. In Albania, il Parlamento sospende le sedute per consentire il voto ai due rappresentanti di Tirana. Gli ungheresi, con gravi sacrifici economici, arrivano in tempo. Risultato: 56 contro 51, più 4 astenuti.
Noi italiani abbiamo fatto fatica ad esserci. Personalmente ho ricevuto un sms intimidatorio che mi imponeva di non partire firmato dal capogruppo, senza che ci fossero votazioni in aula. Ma un gruppetto del Pdl ha sfidato l’imposizione e c’era. Bergamini, Tofani, Nessa. Uno dell’Api, Russo. Uno dell’Api di Rutelli, Giacinto Russo. Oltre a Volontè dell’Udc, il capogruppo Ppe. Nessuno dei democratici cattolici del Pd.
C’è un’altra Europa, che non dà per scontato che il mondo scivoli inesorabilmente verso il nichilismo. Se ne sono accorti in Francia, in Gran Bretagna. In Polonia i deputati sono rientrati e hanno indetto manifestazioni per contrastare l’inerzia del dissolvimento di una tradizione. In Spagna, la risoluzione è già usata contro le leggi liberticide di Zapatero. In Russia il Patriarcato di Mosca guarda con stupore felice. Da noi: zero, nessuna dichiarazione, solo Avvenire dà spazio. Il resto della politica si ferma al reciproco addentare i polpacci.
Eppure qualcosa accade. Niente trionfalismi. Tra l’altro anche se si vincesse sempre, questo non è garanzia di un bel niente. Non sono le leggi a cambiare il mondo. Anche se avessimo perso la partita sarebbe quella di sempre: non è certo la politica a salvare l’uomo, e neanche i politici. Ma c’è una unità nel riconoscimento delle esigenze del cuore che spalanca orizzonti nuovi per l’Europa. Tocca accorgersene. Lavorare per questo. Sapendo che - come dice T. S. Eliot - perché distruggano gli altari bisogna pure che prima qualcuno li costruisca.
Personalmente, in questa battaglia devo dire che molto ho imparato dai nostri amici che scrivono su IlSussidiario.net, da Andrea Simoncini a Marta Cartabia. Abbiamo scoperto un attimo dopo che questa vittoria è accaduta il 7 ottobre, anniversario di Lepanto, festa della Madonna del Rosario. Forse la bandiera d’Europa, che ha il fondo azzurro e la corona di stelle come dice della Madonna l’Apocalisse, ha qualcosa di profetico. Purché noi ci si converta.
Avvenire.it, 10 ottobre 2010- INEDITI - Lenin architetto del terrore di Paolo Sensini
«Dell’uomo si può fare quel che si vuole! Io voglio che nel pensare e nel reagire le masse russe seguano uno schema comunista!». Con queste parole, pronunciate poco dopo il colpo di mano del 25 ottobre 1917, Vladimir Il’ic Ul’janov – in arte Lenin – si rivolgeva al fisiologo russo Ivan Pavlov per chiedergli se il suo lavoro di scienziato sui riflessi condizionati del cervello potesse aiutare il Partito a «controllare il comportamento umano».
Ed è esattamente questa, al di là delle contingenze e dei diversivi tattici del momento, la posta in gioco che la hýbris leninista bramava fin dall’inizio: «raddrizzare il legno storto dell’umanità». Raddrizzarlo nel senso voluto da Lenin (ossia: «Costringeremo il genere umano a essere felice, costi quel che costi!»).
Da questo punto di vista l’opera di Sergej Mel’gunov che viene presentata al pubblico italiano dopo quasi novant’anni dalla sua apparizione in lingua russa a Berlino – opera che va letta al tempo stesso come rigetto morale e messa in guardia intellettuale di un socialista deciso a far conoscere per la prima volta al mondo l’«abisso» in cui era sprofondata la Russia dopo la presa del potere dei bolscevichi – rappresenta un’occasione straordinaria per osservare in presa diretta, senza veli e senza distorsioni gli eventi per come si sono svolti, i primi decisivi atti di quell’immane tragedia che ha condizionato la storia europea e mondiale del XX secolo.
In Italia questo libro, che è stato il primo a denunciare pubblicamente nel dicembre 1923 la realtà storica in cui si è affermato il potere bolscevico in Russia, non ha mai trovato nessun editore disposto a farne conoscere gli sconvolgenti contenuti. L’opera di Mel’gunov risulta un contributo imprescindibile per chiunque voglia capire a fondo la situazione che si è determinata in Russia negli anni successivi ai «dieci giorni che sconvolsero il mondo».
Una delle cose più ardue da far rivivere oggi, di quella convulsa sequenza, risiede per esempio nella «furia rivoluzionaria» che i bolscevichi misero in campo per cancellare fin da subito qualsiasi traccia della cultura preesistente, fosse essa iconografica, ideografica o semplicemente letteraria, quasi a voler marcare col fuoco un «prima» e un «dopo» il loro avvento messianico nella stanza dei bottoni. Bisognava insomma «sparare sugli orologi del tempo alienato» per costituire il «nuovo calendario» della civiltà futura, cosa che appunto proponeva uno dei massimi esponenti del movimento Proletkul’t (acronimo di "Cultura proletaria") per lumeggiare quale sarebbe stato l’apporto paracletico dei rivoluzionari finalmente giunti al potere: «In nome del nostro domani – si leggeva su un documento ufficiale del gruppo –, metteremo al rogo Raffaello, distruggeremo i musei, schiacceremo i fiori dell’Arte».
Ovvio che, con una simile «rivoluzione totale» da portare a compimento, il Partito comunista e i suoi «ingegneri delle anime umane» ("inzenery celoveceskich duš") non si sarebbero più fermati fino a quando gli individui sottoposti al suo imperio non si fossero finalmente trasformati in «rotelle» ("vintiki") impersonali e sostituibili di un «ingranaggio tecnico».
Oppure in una sorta di «robot umani» incapaci di pensiero individuale e perfettamente obbedienti a quel «demone della distruzione e demiurgo della creazione» che fu Lenin. Ma come riuscire ad imporre a un sesto del mondo un simile programma in così breve tempo? Semplice, con il «Terrore rosso di massa». Un Terrore programmato, brutale e inesorabile che era stato architettato da Lenin molto prima della «rivoluzione», il quale si estese fin da subito all’insieme della popolazione e all’esercito. Il sistema era poi ulteriormente «integrato», come mezzo per indurre chiunque a sottomettersi alla «dittatura del proletario», dalla più completa licenza di saccheggio, rappresaglia e sterminio dei «nemici di classe».
Fu dunque sotto il regime di Lenin, e non sotto quello di Stalin, che la Ceka creò un autentico Stato di polizia, e fu sempre Lenin a compiere la mostruosità giuridica di fondere in una sola struttura gli organi che conducevano l’istruttoria, quelli che emettevano i verdetti, spesso alla pena di morte, e infine quelli che eseguivano le condanne. Essa era stata organizzata in modo tale da poter disporre di proprie infrastrutture leviataniche, dai comitati di controllo insediati in ogni fabbrica fino ai «campi di rieducazione mediante il lavoro», nel cui ambito operavano oltre duecentocinquantamila addetti, la cui ferocia e arbitrio senza limiti potevano evocare, mutatis mutandis, gli omologhi opricniki, i detestati scherani di Ivan il Terribile.
Durante la guerra civile erano costoro a garantire la sopravvivenza del regime sul cosiddetto «fronte interno», quando ormai il Terrore era la conditio sine qua non del sistema. Un’attività, quella delle «Commissioni istruttorie straordinarie, che costituisce un esempio forse unico nella storia dei popoli civili». In aggiunta agli illimitati poteri di cui godeva, la Ceka, «il cui lavoro si svolge in condizioni particolarmente difficili», venne dichiarata «infallibile» e fu proibita ogni critica nei suoi riguardi. Nei primi mesi successivi all’Ottobre, attuando le idee di Lenin e sotto la sua personale direzione, si delineò quindi compiutamente uno Stato di tipo nuovo, uno Stato totalitario caratterizzato non dal rigore della legge, ma essenzialmente dall’arbitrio più totale.
A tale riguardo un alto funzionario della Ceka, Iosif Unšlicht, nelle sue affettuose memorie su Lenin scritte nel 1934, osservava con malcelato orgoglio: «[Lenin] trattava con implacabile brutalità i gretti membri del partito che deprecavano la spietatezza della Ceka; egli derideva e sbeffeggiava l’“umanità” del mondo capitalista». Se il partito era l’ossatura dell’apparato statale, la Commissione straordinaria ne era la muscolatura. Il partito forniva l’Idea: «tutto è lecito, lavoriamo per la Storia». La Ceka invece, «questa meravigliosa macchina per distruggere l’essere umano», forniva il braccio che attuava l’arbitrio assoluto.
È stato assai difficile raffigurarsi quanto avvenuto di fronte a una vulgata storiografica compiacente, fraudolenta, omertosa e quasi sempre mistificante, che aveva come sua precipua missione d’impedire la conoscenza di quel gigantesco esperimento d’ingegneria sociale per ciò che veramente ha rappresentato. Forse, a oggi, il più terrificante e grandioso dell’intera storia dell’umanità.
Avvenire.it, 11 Ottobre 2010 – CINA - Nobel pace, la moglie Liu agli arresti domiciliari
La moglie del dissidente cinese e premio Nobel per la Pace Liu Xiaobo, Liu Xia, ha confermato su Twitter di essere agli arresti domiciliari a Pechino e di non poter usare il telefono. "Amici miei - ha scritto la Liu sul sito web di microblogging -, sono tornata a casa. L'8 ottobre sono stata messa agli arresti domiciliari. Non so quando potrò vedere qualcuno. Il mio cellulare è fuori uso e non posso effettuare nè ricevere chiamate". La donna ha confermato anche di aver fatto visita in carcere al marito: "Ho visto Xiaobo e gli ho detto che ha vinto il premio. Vi dirò altro più tardi. Per favore, aiutatemi tutti voi a comunicare tramite Twitter. Grazie", ha chiesto infine la Liu.
La donna non ha contatti col mondo esterno ed è guardata a vista dalla polizia politica cinese. Poliziotti in borghese e guardie private controllano tutte le persone che entrano ed escono dal centro residenziale nel quale abita la Liu. Sul cancello è stato sistemato un cartello che avverte che 'nessuno dei residenti di questo centro accetta intervistè. Fuori ci sono decine di giornalisti stranieri, in gran parte di Hong Kong e di Taiwan, dove la notizia del premio al dissidente ha avuto una forte risonanza.
In Cina i mezzi d'informazione continuano a tacere la notizia, mentre su internet non è possibile effettuare ricerche usando le parole 'Nobel' e 'Liuxiabò. Liu, 54 anni, è stato condannato a 11 anni di prigione per aver partecipato alla stesura di Carta08, un documento favorevole alla democrazia sottoscritto da migliaia di cittadini cinesi.
10/10/2010 - VATICANO - M. ORIENTE - Papa: Il Sinodo per sostenere le Chiese del Medio Oriente e la missione universale - Al via l’Assemblea speciale con la messa presieduta da Benedetto XVI. È necessario potenziare la comunione e la testimonianza dei cristiani, rafforzando i legami fra le Chiese cristiane e il dialogo con ebrei e musulmani. Ma occorre garantire ai cristiani della regione “di vivere dignitosamente nella propria patria”, garantendo libertà religiosa, pace e giustizia. Occorre il contributo di tutti: della comunità internazionale; delle religioni perché rifiutino la violenza; della Chiesa universale perchè i fedeli sentano "la gioia di vivere in Terra Santa" (AsiaNews).
Città del Vaticano (AsiaNews) – L’Assemblea speciale per il Medio oriente che comincia oggi non ha motivi politici, ma pastorali. Essa deve riflettere “sul presente e sul futuro dei fedeli e delle popolazioni del Medio Oriente”, concentrandosi “sugli aspetti propri della loro missione”. Benedetto XVI ha spiegato così il valore del Sinodo dei vescovi che si raduna in Vaticano da oggi fino al 24 ottobre, alla presenza di 177 Padri sinodali e circa 70 sacerdoti dei diversi riti e tradizioni ecclesiali. A sottolineare la varietà dei riti e l'universalità della celebrazione, il vangelo è stato cantato in latino e in greco. I cori hanno cantato in latino e in arabo.
Nella sua omelia durante l’odierna celebrazione eucaristica in san Pietro, Benedetto XVI ricorda di aver “accolto volentieri la proposta di Patriarchi e Vescovi di convocare un’Assemblea sinodale”, dopo aver personalmente visitato Turchia, Terra Santa - Giordania, Israele, Palestina - e Cipro “dove ho potuto conoscere da vicino le gioie e le preoccupazioni delle comunità cristiane”.
I circa 3 milioni di cattolici ( e 14 milioni di cristiani) di questa regione sono colpiti dall’inquieta situazione politica, da violenta persecuzione, da problemi economici che li spingono all’emigrazione. Il papa conosce tutte queste situazioni, ma chiede che i partecipanti al Sinodo vedano il Medio oriente da un punto di vista più specifico: “questa regione del mondo Dio la vede da una prospettiva diversa, si direbbe ‘dall’alto’: è la terra di Abramo, di Isacco e di Giacobbe; la terra dell’esodo e del ritorno dall’esilio; la terra del tempio e dei profeti; la terra in cui il Figlio Unigenito è nato da Maria, dove ha vissuto, è morto ed è risorto; la culla della Chiesa, costituita per portare il Vangelo di Cristo sino ai confini del mondo. E noi pure, come credenti, guardiamo al Medio Oriente con questo sguardo, nella prospettiva della storia della salvezza”.
“Guardare quella parte del mondo nella prospettiva di Dio - ribadisce - significa riconoscere in essa la ‘culla’ di un disegno universale di salvezza nell’amore, un mistero di comunione che si attua nella libertà e perciò chiede agli uomini una risposta”.
Il Sinodo deve servire ad approfondire "comunione e testimonianza" delle Chiese, come recita anche il titolo scelto per l’Assemblea sinodale, “La Chiesa Cattolica nel Medio Oriente: comunione e testimonianza. ‘La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuor solo e un’anima sola’ (At 4, 32)”.
“Senza comunione – afferma il pontefice - non può esserci testimonianza: la grande testimonianza è proprio la vita di comunione”. E ciò avviene anche se i cristiani di questa regione sono una minoranza. “I primi cristiani, a Gerusalemme, erano pochi – spiega Benedetto XVI. Nessuno avrebbe potuto immaginare ciò che poi è accaduto. E la Chiesa vive sempre di quella medesima forza che l’ha fatta partire e crescere. La Pentecoste è l’evento originario ma è anche un dinamismo permanente, e il Sinodo dei Vescovi è un momento privilegiato in cui si può rinnovare nel cammino della Chiesa la grazia della Pentecoste, affinché la Buona Novella sia annunciata con franchezza e possa essere accolta da tutte le genti”.
Ravvivare la comunione fra tutti i membri della Chiesa (patriarchi, vescovi, sacerdoti, religiosi, persone di vita consacrata e laici”, produrrà frutti ecumenici “nei rapporti con le altre Chiese” e nel “dialogo con gli ebrei, ai quali ci lega in modo indissolubile la lunga storia dell’Alleanza, come pure con i musulmani”.
“Tutti – ha aggiunto il papa - auspichiamo che i fedeli sentano la gioia di vivere in Terra Santa, terra benedetta dalla presenza e dal glorioso mistero pasquale del Signore Gesù Cristo. Lungo i secoli quei Luoghi hanno attirato moltitudini di pellegrini ed anche comunità religiose maschili e femminili, che hanno considerato un grande privilegio il poter vivere e rendere testimonianza nella Terra di Gesù. Nonostante le difficoltà, i cristiani di Terra Santa sono chiamati a ravvivare la coscienza di essere pietre vive della Chiesa in Medio Oriente, presso i Luoghi santi della nostra salvezza”.
Ma perché ciò avvenga, i cristiani di questa regione hanno bisogno di vivere “un diritto umano fondamentale”: “vivere dignitosamente nella propria patria”. Per questo è necessario “favorire condizioni di pace e di giustizia, indispensabili per uno sviluppo armonioso di tutti gli abitanti della regione”.
“Tutti – afferma il pontefice - sono chiamati a dare il proprio contributo: la comunità internazionale, sostenendo un cammino affidabile, leale e costruttivo verso la pace; le religioni maggiormente presenti nella regione, nel promuovere i valori spirituali e culturali che uniscono gli uomini ed escludono ogni espressione di violenza. I cristiani continueranno a dare il loro contributo non soltanto con le opere di promozione sociale, quali gli istituti di educazione e di sanità, ma soprattutto con lo spirito delle Beatitudini evangeliche, che anima la pratica del perdono e della riconciliazione. In tale impegno essi avranno sempre l’appoggio di tutta la Chiesa, come attesta solennemente la presenza qui dei Delegati degli Episcopati di altri continenti”.
Benedetto XVI ha concluso l’omelia affidando ai santi e alle sante del Medio oriente e alla Vergine Maria, “affinché le prossime giornate di preghiera, di riflessione e di comunione fraterna siano portatrici di buoni frutti per il presente e il futuro delle care popolazioni mediorientali. Ad esse rivolgiamo con tutto il cuore il saluto augurale: ‘Pace a te e pace alla tua casa e pace a quanto ti appartiene!’ (1Sam 25,6)”.
Il Sinodo per le Chiese del Medio Oriente è stato anche il tema della riflessione del papa all’Angelus con le decine di migliaia di pellegrini radunati in piazza san Pietro. Benedetto XVI ha ricordato il tema del Sinodo, quello della comunione e testimonianza, in Paesi “purtroppo segnati da profonde divisioni e lacerati da annosi conflitti”.
“Questo compito – ha aggiunto - è arduo, dal momento che i cristiani del Medio Oriente si trovano spesso a sopportare condizioni di vita difficili, sia a livello personale che familiare e di comunità. Ma ciò non deve scoraggiare: è proprio in quel contesto che risuona ancora più necessario e urgente il perenne messaggio di Cristo: "Convertitevi e credete nel Vangelo" (Mc 1,15). Nella mia recente visita a Cipro ho consegnato lo Strumento di Lavoro di questa Assemblea sinodale; ora che essa è iniziata, invito tutti a pregare invocando da Dio un’abbondante effusione dei doni dello Spirito Santo”.
E dopo aver ricordato che il mese di ottobre è dedicato al rosario, Benedetto XVI ha concluso: “Cari amici, sappiamo quanto la Vergine Maria sia amata e venerata dai nostri fratelli e sorelle del Medio Oriente. Tutti guardano a Lei quale Madre premurosa, vicina ad ogni sofferenza, e quale Stella di speranza. Alla sua intercessione affidiamo l’Assemblea sinodale che oggi si apre, affinché i cristiani di quella regione si rafforzino nella comunione e diano a tutti testimonianza del Vangelo dell’amore e della pace”.