mercoledì 12 maggio 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1) Avvenire.it, 12 MAggio 2010 - Fronteggiare le tenebre - Per imparare di nuovo a custodire il nome di Dio - Pierangelo Sequeri
2) IL PAPA: LA CHIESA VUOLE COLLABORARE CON CHI NON EMARGINA LA RELIGIONE - Nel suo primo discorso arrivando in Portogallo
3) DISCORSO DI BENEDETTO XVI AL SUO ARRIVO IN PORTOGALLO - LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato questo martedì mattina da Benedetto XVI all'aeroporto internazionale Portela di Lisbona.
4) LA PIÙ GRANDE PERSECUZIONE DELLA CHIESA NASCE DAL PECCATO AL SUO INTERNO - Dichiarazioni del Papa sul volo per Lisbona
5) IL ROSARIO, COMPENDIO DEL VANGELO - Messaggio dell'Arcivescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi - di Antonio Gaspari
6) Elezioni e bioetica: può cambiare qualcosa in Gran Bretagna? - Autore: Amato, Gianfranco Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - mercoledì 12 maggio 2010
7) Dal sito Amici di Papa Ratzinger- mercoledì 12 maggio 2010 - L'inquietante caso Mixa: le accuse si avviano al fiasco totale ma intanto il danno è fatto. Consegnata all'ex vescovo di Augusta una lettera del Papa - Carissimi amici, il "caso" Mixa si fa sempre piu' inquietante perche' le accuse si stanno dimostrando non solo infondate ma anche clamorosamente false. - Grazie ad Alberto, Vatykanista, Eufemia ed Antonio ricostruiamo la vicenda. Mi permetto di riportare i singoli post.
8) MALATTIA E ACCENTUAZIONE DIABOLICA - In alcuni casi l'intervento dell'esorcista non basta, come non può bastare quello del medico – dal sito Pontifex.roma.it
9) Cattolici sul ramo - Lorenzo Albacete - mercoledì 12 maggio 2010 - La candidatura da parte del presidente Obama di Elena Kagan alla carica di giudice della Corte Suprema ha aperto un nuovo fronte nella battaglia culturale che attualmente caratterizza la politica negli Stati Uniti.
10) J’ACCUSE/ Julien Ries: ecco i poteri forti che vogliono spazzar via il Papa e le religioni – Redazione - mercoledì 12 maggio 2010 – ilsussidiario.net
11) LETTURE/ Flannery O’Connor: anche il peccato di Head è stato sconfitto dalla pietà - Laura Cioni - mercoledì 12 maggio 2010

Avvenire.it, 12 MAggio 2010 - Fronteggiare le tenebre - Per imparare di nuovo a custodire il nome di Dio - Pierangelo Sequeri
Non ci si deve limitare a proteggere l’albero dalla tempesta. Lo si deve curare, tagliando i rami secchi. La lettura odierna del "messaggio" di Fatima, ha spiegato il Papa, va dritta al cuore dell’odierna passione ecclesiale: «Non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa».

La Chiesa sa come fronteggiare il male che avvilisce la comunità degli umani e ogni singolo, con la stessa nettezza con la quale sa di doversi battere con il peccato che la insidia e la ferisce nell’intimo. Lo sappiamo e lo riconosciamo da sempre, certo. Ma oggi «vediamo in modo realmente terrificante che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa». Non è un fatto così consueto che la franchezza di questo duro riconoscimento appaia così ispirata dalla dignità e dalla grazia di un’autentica testimonianza: da fare tutt’uno con essa. In un solo gesto, di umile trasparenza, la Chiesa confessa (è il dono speciale del ministero di Pietro, sin dall’inizio) la propria vulnerabilità alla contraddizione del peccato e la propria certezza nel soprassalto della grazia.

Nessuna vischiosità, nessuna dissimulazione. Cercare perdono e giustizia, secondo verità, come deve essere. I venditori di almanacchi registrino anche questo. E i credenti si disincantino. Lo sanno che non devono aspettarsi niente che non tocchi a loro fare. Lo facciano. Giuda non fermò Gesù. Gli evangelisti raccontano con sobria e franca semplicità tutta la storia, per filo e per segno. La tradizione degli Apostoli autorizzò e incoraggiò la circolazione di questi testi fondatori, riconoscendo in essi la parola di Dio che – indisgiungibilmente – ci ricorda la loro e la nostra vulnerabilità. In questo modo si affermò in tutto il mondo, e per tutti i tempi, senza ipocrisia alcuna, la splendida ostinazione della grazia di Lui: che incalza i suoi, trasformando la loro confessione in testimonianza per tutti. Noi, che dobbiamo espiare anche per i nostri peccati, abbiamo un doppio motivo per abbandonarci al suo perdono e alla sua giustizia.

E proprio così, abbiamo la possibilità di restituire onore alla tenacia dei molti (moltissimi) contro gli avvilimenti che l’assuefazione al peccato cerca di trasformare in rassegnazione all’ipocrisia. Il pregiudizio ostile alla buona testimonianza – Dio sa se esiste! – si smaschera, in ogni modo, con l’abbandono di ogni ipocrisia. Simulare e dissimulare, giurare e spergiurare, è lavoro dei gazzettieri. Noi non giuriamo né sul trono, né sull’altare, per dare più forza a ciò che conviene: a noi tocca «dire sì, se è sì, dire no, se è no» (Mt 5, 37). Il resto è roba per i potenti di questo mondo, e viene dal maligno. Punto.

Il segreto più impensato e trasparente di Fatima infine è questo: «Dai piccoli nasce una nuova forza della fede, che non si riduce ai piccoli, ma che ha un messaggio per tutto il mondo, in tutta la storia, in tutto il suo presente e illumina questa storia». Per il resto l’autentico credente si mette in mezzo, a suo rischio, fra Giuda e i suoi "piccoli" discepoli, drammaticamente increduli di sgomento e di smarrimento, perché imparino di nuovo – quando verrà la loro ora – che cosa vuol dire custodire in nome di Dio.
Dio ti benedica, Papa.
Pierangelo Sequeri

IL PAPA: LA CHIESA VUOLE COLLABORARE CON CHI NON EMARGINA LA RELIGIONE - Nel suo primo discorso arrivando in Portogallo
LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- “La Chiesa è aperta per collaborare con chi non marginalizza né riduce al privato l’essenziale considerazione del senso umano della vita”. Con queste parole, pronunciate appena giunto all'aeroporto di Portela di Lisbona, Benedetto XVI ha inaugurato questo martedì la sua visita apostolica in Portogallo.
Dopo l'arrivo dell'aereo papale, alle 11.00 ora locale, il Pontefice è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica, Aníbal Cavaco Silva, dal Patriarca di Lisbona, il Cardinale José Policarpo, e da altre autorità ecclesiali e civili.
Su un palco preparato per l'occasione, e dopo il saluto del Presidente Cavaco Silva, il Papa ha pronunciato un breve discorso nel quale ha alluso alla concezione di laicità positiva e all'importanza del riconoscimento della libertà religiosa nella vita pubblica.
La relazione con Dio, ha spiegato ai presenti, “è costitutiva dell’essere umano: questi è stato creato e ordinato verso Dio, cerca la verità nella propria struttura conoscitiva, tende verso il bene nella sfera volitiva, ed è attratto dalla bellezza nella dimensione estetica”.
“Non si tratta di un confronto etico fra un sistema laico e un sistema religioso, bensì di una questione di senso alla quale si affida la propria libertà”, ha spiegato Benedetto XVI.
In questo senso, ha alluso alla Costituzione della Repubblica Portoghese, che celebra quest'anno il suo centenario e che ha stabilito formalmente la separazione tra Chiesa e Stato nel Paese.
“La svolta repubblicana, verificatesi cento anni fa in Portogallo, ha aperto, nella distinzione fra Chiesa e Stato, un nuovo spazio di libertà per la Chiesa, a cui i due Concordati del 1940 e del 2004 avrebbero dato forma, in ambiti culturali e prospettive ecclesiali assai segnate da rapidi cambiamenti”.
Questa separazione, ha riconosciuto il Papa, ha provocato “sofferenze”, che però “sono state in genere affrontate con coraggio”.
“Il vivere nella pluralità di sistemi di valori e di quadri etici richiede un viaggio al centro del proprio io e al nucleo del cristianesimo per rinforzare la qualità della testimonianza fino alla santità, trovare sentieri di missione fino alla radicalità del martirio”, ha aggiunto.
Fatima
Il Pontefice ha sottolineato che la sua visita nel Paese lusitano “sotto il segno della speranza” “intende essere una proposta di sapienza e di missione”.
“Vengo nelle vesti di pellegrino della Madonna di Fatima, investito dall’Alto nella missione di confermare i miei fratelli che avanzano nel loro pellegrinaggio verso il Cielo”, ha affermato.
In questo senso, ha dichiarato che le apparizioni della Vergine in questa piccola località sono state “un amorevole disegno da Dio; non dipende dal Papa, né da qualsiasi altra autorità ecclesiale”.
“Non fu la Chiesa che ha imposto Fatima – direbbe il Cardinale Manuel Cerejeira, di venerata memoria –, ma fu Fatima che si impose alla Chiesa”, ha esclamato.
In quell'avvenimento, il Cielo si aprì “ proprio sul Portogallo – come una finestra di speranza che Dio apre quando l’uomo Gli chiude la porta – per ricucire, in seno alla famiglia umana, i vincoli della solidarietà fraterna che poggiano sul reciproco riconoscimento dello stesso ed unico Padre”.
“La Vergine Maria è venuta dal Cielo per ricordarci verità del Vangelo che costituiscono per l’umanità, fredda di amore e senza speranza nella salvezza, sorgente di speranza”, una speranza che si basa sulla relazione “verticale e trascendente” dell'uomo con Dio.
Papa Benedetto XVI ha quindi concluso il suo discorso affidando il Portogallo “alla Madonna di Fatima, immagine sublime dell’amore di Dio che abbraccia tutti come figli”.
Radici cristiane
Dal canto suo, il Presidente Cavaco Silva ha affermato nel suo discorso di benvenuto che la separazione tra Chiesa e Stato in Portogallo “convive con i segni profondi dell'eredità cristiana presente nella cultura, nel patrimonio e, al di sopra di tutto, nei valori”.
Il Portogallo “riconosce il ruolo della Chiesa cattolica e rispetta e sostiene il servizio inestimabile che presta alla società”, ha sottolineato.
“In altri tempi, dando un contributo prezioso all'espansione della fede cristiana, abbiamo aperto il mondo al dialogo universale”, ha ricordato. “Un atteggiamento particolarmente idoneo in un momento in cui, forse più che mai, si reclama un'intesa tra il discorso della ragione e quello della fede”.
DISCORSO DI BENEDETTO XVI AL SUO ARRIVO IN PORTOGALLO - LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo il discorso pronunciato questo martedì mattina da Benedetto XVI all'aeroporto internazionale Portela di Lisbona.
* * *
Signor Presidente della Repubblica,
Illustri Autorità della Nazione,
Venerabili Fratelli nell’Episcopato
Signore e Signori!
Soltanto adesso mi è stato possibile accogliere gli amabili inviti del Signor Presidente e dei miei Fratelli Vescovi per visitare quest’amata e antica Nazione, che in quest’anno celebra un secolo di proclamazione della Repubblica. Nel toccarne il suolo la prima volta da quando la Divina Provvidenza mi ha chiamato alla Sede di Pietro, provo grande onore e gratitudine per la presenza deferente e ospitale di tutti voi. La ringrazio, Signor Presidente, per le sue cordiali espressioni di benvenuto, interpretando i sentimenti e le speranze del buon popolo portoghese. A tutti, indipendentemente dalla loro fede e religione, va il mio saluto amichevole, in particolare a quanti non hanno potuto venire al mio incontro. Vengo nelle vesti di pellegrino della Madonna di Fatima, investito dall’Alto nella missione di confermare i miei fratelli che avanzano nel loro pellegrinaggio verso il Cielo.
Sin dagli albori della propria nazionalità, il popolo portoghese si è rivolto al Successore di Pietro per vedere riconosciuta la propria esistenza come Nazione; in seguito, un mio Predecessore avrebbe onorato il Portogallo, nella persona del suo Re, con il titolo di fedelissimo (cfr Pio II, Bolla Dum tuam, 25 gennaio 1460), per alti e prolungati servizi resi alla causa del Vangelo. Quanto all’evento successo 93 anni orsono, che cioè il Cielo si sia aperto proprio sul Portogallo – come una finestra di speranza che Dio apre quando l’uomo Gli chiude la porta – per ricucire, in seno alla famiglia umana, i vincoli della solidarietà fraterna che poggiano sul reciproco riconoscimento dello stesso ed unico Padre, si tratta di un amorevole disegno da Dio; non dipende dal Papa, né da qualsiasi altra autorità ecclesiale: "Non fu la Chiesa che ha imposto Fatima – direbbe il Cardinale Manuel Cerejeira, di venerata memoria –, ma fu Fatima che si impose alla Chiesa".
La Vergine Maria è venuta dal Cielo per ricordarci verità del Vangelo che costituiscono per l’umanità, fredda di amore e senza speranza nella salvezza, sorgente di speranza. Certo, questa speranza ha come prima e radicale dimensione non la relazione orizzontale, ma quella verticale e trascendente. La relazione con Dio è costitutiva dell’essere umano: questi è stato creato e ordinato verso Dio, cerca la verità nella propria struttura conoscitiva, tende verso il bene nella sfera volitiva, ed è attratto dalla bellezza nella dimensione estetica. La coscienza è cristiana nella misura in cui si apre alla pienezza della vita e della sapienza, che abbiamo in Gesù Cristo. La visita, che ora inizio sotto il segno della speranza, intende essere una proposta di sapienza e di missione.
Da una visione sapiente sulla vita e sul mondo deriva il giusto ordinamento della società. Posta nella storia, la Chiesa è aperta per collaborare con chi non marginalizza né riduce al privato l’essenziale considerazione del senso umano della vita. Non si tratta di un confronto etico fra un sistema laico e un sistema religioso, bensì di una questione di senso alla quale si affida la propria libertà. Ciò che distingue è il valore attribuito alla problematica del senso e la sua implicazione nella vita pubblica. La svolta repubblicana, verificatesi cento anni fa in Portogallo, ha aperto, nella distinzione fra Chiesa e Stato, un nuovo spazio di libertà per la Chiesa, a cui i due Concordati del 1940 e del 2004 avrebbero dato forma, in ambiti culturali e prospettive ecclesiali assai segnate da rapidi cambiamenti. Le sofferenze causate dalle trasformazioni sono state in genere affrontate con coraggio. Il vivere nella pluralità di sistemi di valori e di quadri etici richiede un viaggio al centro del proprio io e al nucleo del cristianesimo per rinforzare la qualità della testimonianza fino alla santità, trovare sentieri di missione fino alla radicalità del martirio.
Carissimi fratelli e amici portoghesi, vi ringrazio ancora una volta per il cordiale benvenuto. Dio benedica coloro che si trovano qui e tutti gli abitanti di questa nobile e diletta Nazione, che affido alla Madonna di Fatima, immagine sublime dell’amore di Dio che abbraccia tutti come figli.
[© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana]
LA PIÙ GRANDE PERSECUZIONE DELLA CHIESA NASCE DAL PECCATO AL SUO INTERNO - Dichiarazioni del Papa sul volo per Lisbona
LISBONA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Rispondendo a un giornalista sul volo che questo martedì mattina lo ha portato a Lisbona, Benedetto XVI ha spiegato che la più grande persecuzione della Chiesa nasce dal peccato al suo interno.
A bordo dell'Airbus 320 dell’Alitalia gremito di giornalisti all’inizio del suo 15° viaggio apostolico internazionale, il primo in Portogallo, il Papa ha risposto a una domanda che molte altre persone avrebbero voluto porgli.
Il giornalista gli ha chiesto se è possibile cogliere nel Messaggio di Fatima, oltre a ciò che riguardò Giovanni Paolo II e l’attentato subito, anche il senso delle sofferenze che vive la Chiesa contemporanea, scossa dalle vicende degli abusi sessuali sui minori.
Benedetto XVI ha affermato che ciò che di nuovo si può scoprire oggi nel Messaggio di Fatima è che in esso si vede la “passione” che vive la Chiesa, che “si riflette sulla persona del Papa”.
“Non solo da fuori vengono attacchi al Papa e alla Chiesa, ma le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa”, ha aggiunto.
“Anche questo si è sempre saputo, ma oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione alla Chiesa non viene dai nemici di fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa, e che la Chiesa quindi ha profondo bisogno di reimparare la penitenza, di accettare la purificazione, di imparare da una parte il perdono, ma anche la necessità della giustizia. Il perdono non sostituisce la giustizia”.
Il Papa ha ribadito che “il Signore è più forte del male e la Madonna per noi è la garanzia visibile, materna della bontà di Dio, che è sempre l’ultima parola nella storia”.
In precedenza, il Pontefice aveva risposto a una domanda sulla realtà della secolarizzazione del Portogallo, Paese un tempo profondamente cattolico.
Benedetto XVI ha riconosciuto anzitutto la presenza lungo i secoli di una “fede coraggiosa, intelligente e creativa”, testimoniata dalla nazione lusitana anche in molte parti del mondo, come in Brasile. Pur notando come “la dialettica tra fede e secolarismo in Portogallo” conti “una lunga storia”, ha detto, non sono mancate tuttavia persone intenzionate a “creare dei ponti”, a “creare un dialogo” tra le due posizioni.
“Penso che proprio il compito, la missione dell’Europa in questa situazione è trovare questo dialogo, integrare fede e razionalità moderna in un'unica visione antropologica che completa l’essere umano e rende così anche comunicabile le culture umane”, ha constatato.
“La presenza del secolarismo è una cosa normale, ma la separazione, la contrapposizione tra secolarismo e cultura della fede è anomala e deve essere superata - ha detto il Papa -. La grande sfida di questo momento è che i due si incontrino, così che trovino la loro vera identità. E’ una missione dell’Europa e una necessità umana in questa nostra storia”
Benedetto XVI ha anche risposto a una domanda sulla crisi economica che metterebbe a rischio, per alcuni, la stabilità stessa dell’Europa comunitaria.
Prendendo spunto dalla Dottrina Sociale della Chiesa, che invita il positivismo economico a entrare in dialogo con una visione etica dell’economia, il Papa ha anche confessato che la fede cattolica ha “spesso” lasciato, in passato, le questioni economiche al mondo pensando solo “alla salvezza individuale”.
“Tutta la tradizione della Dottrina Sociale della Chiesa va nel senso di allargare l’aspetto etico e della fede, oltre l'individuo, alla responsabilità del mondo, a una razionalità 'performata' dall’etica. E d’altra parte, gli ultimi avvenimenti sul mercato in questi ultimi due-tre anni hanno dimostrato che la dimensione etica è interna e deve entrare nell’interno dell’agire economico “.
“Solo così, l’Europa realizza la sua missione”, ha concluso.
IL ROSARIO, COMPENDIO DEL VANGELO - Messaggio dell'Arcivescovo di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi - di Antonio Gaspari
ROMA, martedì, 11 maggio 2010 (ZENIT.org).- Con un invito affinché il mese di maggio sia “un ininterrotto inno di ringraziamento e di lode alla Vergine Maria, grazie alla quale Dio si è fatto uno di noi” si conclude il messaggio che monsignor Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo di Trieste, ha inviato a tutti i credenti della diocesi.
Il messaggio ha per titolo “Il Rosario: compendio del Vangelo” e ricorda che è durante il mese di maggio che la Chiesa Cattolica, diffusa in ogni parte del mondo, dedica le preghiere alla Vergine Maria invocata come Madre di Dio e Aiuto dei Cristiani.
“Il sì a Dio di Maria”, ha rilevato l’Arcivescovo, l’ha designata a essere “collaboratrice speciale del Suo progetto di salvezza per l’umanità intera”.
E’ in questo contesto che deve essere praticato il Rosario, preghiera raccomandata dai Pontefici, tanto cara al popolo cristiano e indicata da Paolo VI come “compendio di tutto il Vangelo”.
Monsignor Crepaldi ha spiegato che pregare il Rosario significa “sentirsi famiglia orante”, si tratta di “un richiamo profetico per tante persone indifferenti che hanno bisogno di ritrovare le strade dello stupore, le quali si diramano dall’interiore colloquio che è la preghiera, che fa assaporare la serenità di sapersi al centro di una solerte e amorosa attenzione, proveniente da Dio per rendere l’uomo capace del senso del vivere”.
“Il Santo Rosario – ha sottolineato l’Arcivescovo – è un’esperienza che ci fa sentire popolo in cammino per le contrade della storia, con un grande desiderio nel cuore di conoscere il nostro Dio, che si è fatto uomo per la salvezza del mondo”.
Nel Rosario, che Paolo VI definì “preghiera evangelica di orientamento cristologico”, vi è tutto il Vangelo che la Chiesa proclama”.
Per questo - ha sostenuto monsignor Crepaldi - attraverso i Misteri si ripercorre la storia della vita del Signore Gesù.
“Ispirate dai Misteri gaudiosi - ha affermato il presule -, le famiglie sapranno cogliere l’invito a sviluppare una maggiore consapevolezza della loro vocazione di custodi della vita, diventando capaci di accoglierla e accompagnarla con dedizione e amore; di assumere con responsabilità il difficile esercizio dei compiti educativi, facendosi testimoni credibili di vita cristiana per i loro figli e per la società; di perseguire con tutte le loro forze la vocazione a essere modelli di santità”.
Per monsignor Crepaldi, “i Misteri luminosi ci ricordano il grande dono del Battesimo e dell’Eucarista”, che “oltre a toglierci dall’impoverimento inferto all’intera umanità dal peccato originale, ci dona quella vita divina che dobbiamo conservare e tutelare evitando il peccato e facendo efficace esperienza di comunione con Cristo nostra forza nei sacramenti”.
Per quanto riguarda i misteri dolorosi l’Arcivescovo ha ricordato che “la sofferenza è una dimensione che appartiene all’umanità. Possiamo cercare di limitare la sofferenza, di lottare contro di essa, ma non possiamo eliminarla… Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo”.
Per questo motivo il Rosario “non è un tranquillizzante devozionale”, bensì una personale e vitale presa di coscienza del fatto che “il Verbo di Dio si è piegato all’esperienza del dolore e della sofferenza”.
“Il Signore Gesù – ha sottolineato l’Arcivescovo - afferma sì di essere l’uomo dei dolori, ma anche il Dio della speranza che, pur nella kénosi (svuotamento, abbassamento) che Lo umilia sino alla morte di croce, offre un senso nuovo e definitivo a coloro che in Lui credono e a Lui si affidano anche nel momento della prova, della sventura e del dolore fisico e morale”.
“La Passione di Cristo - ha continuato - è mistero di consolazione per ognuno di noi, perché Dio si rivela come Colui che è presente in ogni sofferenza umana e condivide ogni sopportazione, diffondendo in ogni sofferenza la con-solatio, la consolazione dell’amore partecipe di Dio, facendo così sorgere la stella della speranza”.
Per spiegare i misteri gloriosi, monsignor Crepaldi ha fatto riferimento alla contemplazione della risurrezione di Cristo, “un avvenimento reale che ha avuto manifestazioni storicamente constatate, come attesta il Nuovo Testamento”.
L’Arcivescovo ha concluso invitando i fedeli a offrire la preghiera del Rosario per “la Chiesa di Cristo sparsa su tutta la terra” e, in modo particolare, a pregare “il Padrone della messe perché mandi operai nella sua vigna, offrendoci la consolazione di numerose e sante vocazioni al ministero ordinato, alla vita religiosa e alla consacrazione laicale”.
Monsignor Crepaldi ha chiesto preghiere affinché la Chiesa che è in Trieste “possa essere edificata e guidata quale ‘sale e luce’ per le Genti tra le quali essa è radicata, al fine di testimoniare e offrire quella ‘buona notizia’ che salva che è il Cristo, buon Pastore e vero amico dell’uomo”.
Elezioni e bioetica: può cambiare qualcosa in Gran Bretagna? - Autore: Amato, Gianfranco Curatore: Mangiarotti, Don Gabriele - Fonte: CulturaCattolica.it - mercoledì 12 maggio 2010
Sembra inarrestabile il fenomeno della deriva eugenetica che sta attraversando la legislazione britannica e che continua a porre seri problemi di ordine etico alla ricerca scientifica.
La questione, purtroppo, assume una dimensione trasversale, trascendendo partiti, leader e coalizioni politiche. Anche Cameron e i suoi conservatori, ahimè, non rappresentano proprio un fulgido esempio in materia di bioetica. Da qui nasce un certo giustificato scetticismo circa la possibilità che il recente risultato elettorale possa in qualche modo mutare l’attuale clima culturale.
Per comprendere questo scetticismo funge da utile cartina di tornasole l’atteggiamento assunto dai due partiti che stanno trattando per una coalizione di governo - i conservatori di David Cameron ed i liberaldemocratici di Nick Clegg – in merito alla famigerata Human Fertilisation and Embryology Act 2008.
Proprio quella legge sulla fecondazione umana e l’embriologia, infatti, ha regalato perle di aberrazione genetica che hanno fatto inorridire il mondo. Due per tutte: la creazione di ibridi uomo-animale e la creazione dei cosiddetti “saviour siblings” (fratelli salvatori).
Nel primo caso si è trattato di autorizzare esperimenti finalizzati a combinare tessuti umani con tessuti animali, nel tentativo di ottenere cellule potenzialmente ”utili” ai fini terapeutici.
Nel secondo caso, quello relativo ai saviour siblings, si è trattato, invece, di creare e selezionare in provetta degli embrioni allo scopo di “aiutare” un fratellino malato, attraverso il prelevamento dei tessuti. Praticamente si è consentito per legge di dare origine ad un numero elevato di embrioni compatibili con un soggetto malato da curare e impiantarli in utero: gli altri embrioni si possono tranquillamente scartare, solo perché non hanno il patrimonio genetico richiesto.
Quale è stato l’atteggiamento dei due partiti citati è presto detto.
In casa tory è regnato un totale relativismo etico o, se vogliamo usare un’espressione di casa nostra, la più assoluta “anarchia dei valori”. In entrambi i temi, e su tutte le altre nefandezze eugenetiche della legge, la regola è stata quella della libertà di coscienza dei parlamentari conservatori. Se guardiamo, poi, le posizioni assunte dal leader David Cameron, la situazione rischia di apparire ancora più deprimente.
Sulla creazione degli ibridi uomo-animale, infatti, Cameron ha votato a favore, mostrando l’assoluta ingenuità di credere alla fandonia che una simile mostruosità genetica potesse aiutare lo sviluppo della ricerca scientifica. Circostanza che in seguito, peraltro, la storia ha puntualmente smentito. Il 20 maggio 2008 lo stesso Cameron, in un’intervista alla GMTV, ha ribadito «la necessità di non ostacolare il progresso della scienza medica», perché sarebbe stato interesse dell’intera umanità «sconfiggere malattie come l’epilessia, la paralisi cerebrale e le patologie del motoneurone».
Ciò che ha colpito particolarmente il mondo pro-life in quell’occasione è stata l’incredibile superficialità con cui Cameron ha liquidato la questione degli ibridi: «Non si tratta di creare una sorta di mostro di Frankenstein, ma semplicemente di prendere l’ovocita di una mucca e iniettarvi un po’ di DNA umano e tenerlo dentro solo per 14 giorni».
Per quanto riguarda i saviour siblings, pur dichiarandosi favorevole in linea di principio, Cameron ha deciso di non votare.
Detto per inciso, durante la discussione sulla Human Fertilisation and Embryology Act, furono presentati degli emendamenti per modificare la legge sull’aborto, in merito alla quale i conservatori hanno sempre avuto un’assoluta libertà di coscienza. In quell’occasione, per la verità, Cameron si è dichiarato disponibile a votare per l’abbassamento del limite a 20 settimane (solo in caso di aborto dovuto a motivi di carattere sociale), mentre Andrew Lansley, ministro ombra della sanità, si è battuta per il termine delle 24 settimane. Entrambi, comunque, si sono dichiarati disponibili a rendere l’aborto «quicker and easier», più veloce e più accessibile.
Un’intervista resa da Cameron al quotidiano Daily Mail il 17 marzo 2008 sull’aborto eugenetico ha fatto letteralmente infuriare gli attivisti pro-life. Il leader conservatore, infatti, si è dichiarato favorevole all’aborto tardivo anche in caso di lievi malformazione del feto. Hanno pesato le parole rese da Cameron in quell’intervista a proposito della proposta di cambiare la norma che consente l’aborto fino a 39 settimane nel caso di accertate disabilità del nascituro. «Io non avallerò quella proposta», è stata la secca replica del leader tory, «e l’attuale legge deve rimanere esattamente com’è».
Sul tema del fine vita, David Cameron ha condannato l’idea di depenalizzare il suicidio assistito ed ha ammonito che aiutare un malato terminale a morire può essere «pericoloso per la società». Comunque, il partito conservatore ha lasciato libertà di coscienza ai suoi membri della Camera dei Lord quando si è tentato di limitare i danni di un disegno di legge in materia, il Coroners and Justice Bill del 2009.
Come si vede, quindi, anche in caso di una vittoria schiacciante dei conservatori, la prospettiva di un miglioramento nel Regno Unito del clima culturale in tema di bioetica non sarebbe apparsa del tutto rosea. Se poi si considera che, come risulta dalle ultime notizie, si imporrebbe un’alleanza tattica con il partito liberaldemocratico di Nick Clegg, allora le prospettive di un seppur minimo miglioramento sono, ahimè, destinate a svanire.
Pur ammettendo il voto di coscienza, in casa liberaldemocratica hanno mostrato di avere le idee un po’ più chiare dei conservatori sulla Human Fertilisation and Embryology Act, essendosi espressi, tra l’altro, decisamente a favore degli ibridi uomo-animale e dei saviour siblings. Per quanto riguarda gli emendamenti sull’aborto, il leader lib-dem Nick Clegg ha risolutamente votato contro ogni possibilità di riduzione dei limiti di tempo per ricorrere all’interruzione volontaria della gravidanza.
In materia di eutanasia, poi, la linea del partito è quella della piena legalizzazione. Già nel 2004 i liberaldemocratici approvarono una mozione sulla necessità di «legalizzare la morte medicalmente assistita», pur consentendo la libertà di coscienza ai parlamentari che non avessero ritenuto di esprimersi secondo la linea del partito. Questa posizione, peraltro, fu assunta dai liberaldemocratici nel 2006 durante il dibattito sul Lord Joffe’s Bill, il disegno di legge avente per oggetto la legalizzazione della dolce morte.
Dallo scenario che ho delineato si comprende, quindi, come nel Regno Unito la difesa dei valori pro-life non dipenda in realtà dai singoli partiti, né tantomeno dai leader. Il particolare sistema elettorale vigente, infatti, costringe ad un’accurata scelta dei singoli candidati collegio per collegio. E da una prima sommaria analisi degli ultimi risultati elettorali non pare, ad oggi, si possano registrare significativi cambiamenti rispetto al passato, essendo rimasto più o meno invariato il numero degli eletti pro-life.
A questa considerazione vanno aggiunti due corollari.
Il primo è che l’eventuale alleanza tattica tra conservatori e liberaldemocratici immolerà sull’altare della realpolitik i temi in materia di bioetica, i quali rischierebbero di apparire divisivi e di minare una fragile maggioranza. Il secondo è che l’agenda politica del prossimo futuro in Gran Bretagna, come nel resto del mondo, sarà dominata dalla questione economica e dallo spettro di una nuova crisi finanziaria internazionale, lasciando poco spazio ai temi della vita e della morte. Mala tempora currunt!
Dal sito Amici di Papa Ratzinger- mercoledì 12 maggio 2010 - L'inquietante caso Mixa: le accuse si avviano al fiasco totale ma intanto il danno è fatto. Consegnata all'ex vescovo di Augusta una lettera del Papa - Carissimi amici, il "caso" Mixa si fa sempre piu' inquietante perche' le accuse si stanno dimostrando non solo infondate ma anche clamorosamente false. - Grazie ad Alberto, Vatykanista, Eufemia ed Antonio ricostruiamo la vicenda. Mi permetto di riportare i singoli post.

Un altro giornale locale (lasciamo perdere i big) riferisce due circostanze:

1) il procuratore generale Helmut Walter ha detto di non avere elementi ancora sufficienti nemmeno per individuare un reato specifico;
2) il Nunzio in Germania Jean Claude Perisset ha consegnato a Mixa una lettera del Pontefice che Mixa ha definito calda e amichevole
Der Fall Walter Mixa. Bislang kein konkreter Straftatbestand
Alberto
Intanto anche la Radio Vaticana nell'edizione tedesca comincia a sollevare dei dubbi:
http://www.radiovaticana.org/ted/Articolo.asp?c=392045
(Traduzione)
Antonio
Intanto, dalla Newsletter di Radio Vatikan (già edited by von Gemmingen), ecco la perla:
"Augsburger Domkapital berät über Mixa-Nachfolger
„Es soll ein Bischof sein, der eint, der volksnah ist, und eine Persönlichkeit darstellt.“ So stellt sich der Augsburger Diözesanadministrator, Weihbischof Josef Grünwald, den Nachfolger von Walter Mixa auf dem Bischofsstuhl vor. Bald werde das Domkapitel eine Liste mit drei möglichen Kandidaten für die Amtsnachfolge beim Vatikan einreichen, so Grünwald. Nach vorn blicken, laute das Motto - dazu will er auch die Katholiken in Augsburg ermutigen:
„Die Menschen sind aufgewühlt, sind zum Teil enttäuscht. Aber es muss weitergehen! Wir sind Kirche, Kirche auf dem Weg. Und es ist unser Auftrag, das Evangelium auch unter schwierigen Verhältnissen zu verkünden.“
Unterdessen scheinen sich die gegen den zurückgetretenen Augsburger Bischof Mixa erhobenen Vorwürfe nach ersten Vorermittlungen nicht zu bestätigen. Der mit den Vorermittlungen befasste Ingolstädter Leitende Oberstaatsanwalt Helmut Walter sagte dem Bayerischen Rundfunk, die Hinweise reichten nicht aus, um einen „konkreten Straftatbestand zu benennen“. Auch sei seiner Behörde bisher kein mögliches Opfer namentlich bekannt. (kap/dlf/domradio)"
In realtà, va letto anche:
http://www.oecumene.radiovaticana.org/ted/Articolo.asp?c=391899
(Traduzione)
dove l'Ausiliare elogia postumamente il povero Mixa.
(Notare che nel pezzo si accenna all'insufficienza di prove contro 'Mixa-abusatore', subito dopo che l'ausiliare e amministratore apostolico dice che "la gente è delusa, abbiamo bisogno di un pastore vicino al popolo, Noi simao Chiesa in cammino, etc..." , naturalmente aggiungendo che il Capitolo della Cattedreale sta già preparando una lista di tre nomi -a loro immagine e somiglianza- da cui far scegliere, a Roma...
Se non è un golpe questo... Lo si chiami pure 'collegialità'.)
Vatykanista
Un giornale abbastanza diffuso, Stern, ha riportato la notizia del procuratore perplesso collegandola all'ammissione aerea delle colpe della Chiesa, anche per loro inusuale e vista come un complimento. Eufemia
http://www.stern.de/panorama/sexueller-missbrauch-staatsanwaltschaft-zweifelt-an-vorwuerfen-gegen-mixa-1565713.html
(Traduzione)
Grazie a tutti!
MALATTIA E ACCENTUAZIONE DIABOLICA - In alcuni casi l'intervento dell'esorcista non basta, come non può bastare quello del medico – dal sito Pontifex.roma.it
Non meravigliamoci dell'influsso demoniaco su tutti questi mali. Il Vangelo ci parla di una donna che aveva da 18 anni uno spirito maligno che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo e Gesù la liberò (Luca 12,1017). L'evangelista San Matteo ci parla di un indemoniato, cieco e muto, guarito da Gesù (Matteo 12,22). Questi due infelici non avevano una possessione diabolica, ma la presenza di un demonio che provocava loro quei gravi disturbi fisici (1). Una volta scacciato il demonio, essi riacquistarono la salute. La malattia è un disordine nell'ordine creato da Dio. Col peccato noi apriamo le porte alla malattia. Del resto la Bibbia ci dice che, a causa del peccato, sono entrati nel mondo il male, la malattia e la morte. E' chiaro che a volte i demoni provocano le malattie o le accentuano (e ciò capita quando viene fatto un maleficio proprio per provocare queste malattie); negli altri casi è ...
... d'obbligo ricorrere alla medicina che è anch'essa un grande dono di Dio. Anche in quest'ultimo caso bisogna pregare Perché la preghiera giova a tutto ed al Signore è ugualmente facile guarire da un male fisico come liberare da un male malefico. Ciò vale anche quando una malattia è accentuata da un'azione diabolica, dato che il Maligno fa di tutto per non farsi scoprire e cerca di confondere la sua azione malefica con la malattia.
Padre Leone, il noto esorcista di Andretta, che mi ha insegnato molto e mi ha incoraggiato verso il ministero della liberazione, con felice intuito sacerdotale ha detto a tale proposito: "In alcuni casi l'intervento dell'esorcista non basta, come non può bastare quello del medico.
Ecco Perché è importante che la scienza non escluda la religione. L'epilettico indemoniato, è un malato che ha manifestazioni di epilessia ma spezza le catene e gira per i cimiteri, quindi si tratta di accentuazione diabolica, oltre che di malattia. La prima, l'epilessia, curabile dalla medicina; la seconda, l'accentuazione diabolica, ricorrendo a Dio.
Questo fatto è stato forse il motivo che ha indotto il prof. Cancrini a pronunciarsi favorevolmente per l'avvenuta chiusura dei manicomi. Una scelta giusta, che io stesso, da esorcista cattolico, condivido pienamente, richiamando tuttavia, l'attenzione delle istituzioni e la collaborazione dei colleghi esorcisti affinché le scienze religiose possano servire all'assistenza successiva del malato psichico, dimesso dal manicomio. Il noto luminare prof. Cardarelli, ad esempio, si consigliava con San Giuseppe Moscati dicendo: "Peppino, come mai imbrocchi sempre ogni diagnosi... è nell'umano sbagliare!".
Il santo medico allora rispondeva: "lo non visito mai un ammalato affidandomi solo alla scienza medica, ma chiedo al paziente anche la sua collaborazione attraverso la preghiera ed i sacramenti". Dunque, questo escludere Dio da parte di molti medici ed ammalati non credenti, è un grande danno, Perché non si tiene conto 272 dei limiti, delle carenze e delle colpe che esistono nell'umano". [tratto da un testo di don Pasqualino Fusco]
Carlo Di Pietro


Cattolici sul ramo - Lorenzo Albacete - mercoledì 12 maggio 2010 - La candidatura da parte del presidente Obama di Elena Kagan alla carica di giudice della Corte Suprema ha aperto un nuovo fronte nella battaglia culturale che attualmente caratterizza la politica negli Stati Uniti.
Il canovaccio delle reazioni alla sua candidatura sembrerebbe già scritto e, infatti, fin da questi primi giorni si sono delineate sui media le differenti posizioni ideologiche coinvolte nella battaglia e, a meno di fatti imprevisti, non dovrebbero esservi novità sotto questo profilo da qui a luglio, quando il Senato voterà sulla candidatura.
In caso di sua approvazione, per la prima volta non vi saranno protestanti nella Corte Suprema, dove siederanno invece sei cattolici e tre ebrei, compresa la Kagan. È difficile immaginare che saranno in molti tra i senatori cattolici a essere influenzati nel voto dalla loro fede cattolica, così come i senatori ebrei dichiareranno quasi certamente che il loro giudizio non ha nulla a che fare con la loro fede.
Ma qual è esattamente la visione cattolica su come la fede influenza la cultura? La pretesa cristiana è che la fede è un metodo per conoscere la realtà. La fede e la conoscenza del reale non possono essere separate.
Questo modo di considerare il rapporto tra fede e conoscenza ha importanti conseguenze per la comprensione delle relazioni tra fede e cultura, perché la cultura in cui viviamo è costruita invece proprio sulla separazione tra fede e conoscenza della realtà.
Nel suo splendido libro Beyond Consolation (Soggetti smarriti, edito da Lindau) John Waters pone la questione in questi termini: “Le nostre culture, quindi, nello spazio pubblico in cui trascorriamo una parte così importante del nostro tempo, non sono più lo strumento che ci permette di vedere noi stessi come veramente siamo.
La religione un tempo garantiva un accordo semantico con la totalità del reale, ma oggi è screditata, stretta in una morsa a tenaglia tra le reducciones e gli abusi perpetrati in nome della fede, da un lato, e, dall’altro, la reazione che hanno suscitato all’esterno. Uno schieramento rivendica l’esclusiva sulla redenzione, l’altro la vittoria sull’irrazionalità…
Senza più un linguaggio in grado di cogliere la realtà assoluta, le nostre culture diventano opprimenti in modi che non siamo nemmeno in grado di percepire. Abbiamo subito una perdita ed è la perdita di noi stessi, della nostra umanità essenziale, ma nonostante questo ci hanno convinti a considerarla una liberazione. Accogliamo l’invito a festeggiare la nostra vittoria sulla tradizione come se ignorassimo di aver segato per metà il ramo sul quale siamo seduti…abbiamo creato una cultura che nega la nostra umanità a più livelli”.
Mentre la cultura laicista dominante “diventa opprimente”, coloro il cui senso religioso conferma il legame del loro cuore con l’infinito sono tentati di combatterla usando la fede come un’arma, senza rendersi conto che tutto quello che la cultura laicista deve fare è aspettare fino a quando “il ramo su cui siamo seduti” cada.
Come dobbiamo quindi rispondere a questo circolo vizioso culturale? La risposta di monsignor Luigi Giussani è di cercare la salvezza dentro la stessa nostra umanità, attraverso un incontro che allarghi ed espanda la nostra esperienza della realtà oltre i confini della attuale guerra culturale: “Ciò che ci interessa è la realtà”, egli insiste (cfr. la lezione agli universitari di Milano del 21 giugno 1996).
“Se qualcosa non è reale, chi se ne cura? Cosa ce ne importa? Noi non siamo interessati a una ‘verità’ di cui non si può avere un’esperienza nel reale. Se qualcosa è vero, allora esiste; se non è vero, non esiste. Se è vero, è vero solo se viene percepito come qualcosa che c’è, non come qualcosa che penso io…”.
La verità e la realtà sono riconoscibili solo nel farne esperienza. Ciò che esiste diventa evidente nell’esperienza. Ma cosa vuol dire questo? Cosa significa dire che qualcosa è entrato nella nostra esperienza?
“Significa che io posso vederlo come se fosse questo bicchier d’acqua, come se fosse un amico, come una cosa che colgo tra le tante persone e cose, che viene da non so dove e va dove non so, ma che a un certo punto diventa evidente… La realtà compare sul nostro schermo radar come il contenuto della nostra attività e noi la afferriamo in quanto entra nella nostra esperienza. Infatti, ‘esperienza’ è il rendersi evidente della realtà.”

“Diventare evidente” significa proprio questo, significa che non è qualcosa in via di formazione ora e che si realizzerà e si incontrerà solo nel futuro, o qualcosa richiamato dal passato che può spingermi e muovermi oggi. Non è così. Diventare evidente vuol dire afferrare qualcosa che si impone come già presente, qualcosa che c’è già e che si rende evidente.
Secondo Giussani, tre domande riassumono il nostro atteggiamento verso la cultura:
a. Di cosa è fatta la realtà? Risposta (cfr. Capitolo 10 del Senso Religioso): “La realtà si imprime nei nostri occhi come qualcosa che esiste già… viene da qualcosa d’altro, perché ciò che ne emerge è altro rispetto a ciò che sto guardando.”
b. Come possiamo conoscere qualcosa su questo “altro” che chiamiamo il “Mistero” o “Dio”? Solo se Lui si rivela, risponde Giussani. “Dio si rivela solo diventando uomo, in quanto si identifica con qualcosa che è evidente nell’esperienza.” Per questo Cristo è essenziale per conoscere la realtà. Dio (e perciò la realtà) può essere completamento conosciuto nell’uomo Gesù Cristo, nell’incontro con questo uomo che ha vinto la morte.
c. Ma dove è quest’uomo, Gesù Cristo, oggi? Risposta: “Questo Gesù è nella compagnia di uomini e donne che Lo riconoscono, in quella che è conosciuta come la Chiesa”. É solo attraverso la nuova esperienza della realtà resa possibile da Cristo nella Chiesa che la fede può portare frutti culturalmente. Ogni altra strada significa solo combattere fino a che il ramo cade.


J’ACCUSE/ Julien Ries: ecco i poteri forti che vogliono spazzar via il Papa e le religioni – Redazione - mercoledì 12 maggio 2010 – ilsussidiario.net
Per lui, che ha alle spalle parecchie primavere e vanta una vita intellettuale di prim’ordine, tanto da essere universalmente considerato l’anti Lévi-Strauss grazie all’invenzione di quell’“homo religiosus” che è diventato cifra fondamentale di una vera e propria disciplina (l’antropologia religiosa), la questione è molto chiara: «Tutto nasce con l’Illuminismo. Anzi, ha un prologo nel Rinascimento. Nel XVIII secolo si è avuto un movimento che ha voluto neutralizzare la religione cristiana e confinarla nelle sacrestie delle chiese. Per i sostenitori di quella linea di pensiero, la religione cristiana non ha diritto di entrare nella piazza pubblica. Questo ha poi portato alla Rivoluzione francese e alla concezione di laicité che ne è conseguita. Successivamente il movimento si è accentuato in Europa e ha spinto in avanti la secolarizzazione della società».
Julien Ries, novant’anni compiuti poche settimane fa, è sacerdote e direttore del Centro di storia delle religioni dell’Università Cattolica di Lovanio, Belgio. La sua opera viene considerata un “classico” della materia, e sono ben pochi al mondo gli studiosi che ricevono un simile onore mentre sono ancora in vita. Tutti gli scritti di Ries sono in corso di pubblicazione per le edizioni Jaca Book, un lavoro editoriale previsto in undici volumi divisi in diciotto tomi (otto già pubblicati). L’Università Cattolica di Milano, invece, ha accolto il suo archivio di studi e corrispondenze con studiosi e intellettuali di tutto il mondo.
Gran viaggiatore in Egitto, India e Medio Oriente, specialista del manicheismo e delle religioni indiane, Julien Ries ha attraversato il Novecento culturale ed è in grado di leggere con non poca spregiudicatezza intellettuale la burrasca in cui giornali e tv tentano oggi di trascinare la Chiesa cattolica utilizzando come arma gli episodi di pedofilia “scoperti” tra il clero.
«Nel nostro continente - spiega Ries a Tempi - si deve registrare la presenza di una serie di forze occulte, in particolare di ambito massonico, che vogliono campo libero per far passare nella società le loro proprie ideologie. E per raggiungere il loro obiettivo hanno bisogno dell’annullamento sociale della religione. Tali forze lavorano attraverso i mass media, sono presenti nella politica e se la prendono con la Chiesa perché è una forza strutturata molto organizzata e “vecchia” di venti secoli».
E individuare il perfetto capro espiatorio - per usare un’espressione cara al grande collega di Ries, René Girard - è un’operazione facile facile per il progressismo contemporaneo. Chi meglio del “reazionario” pontefice cattolico Joseph Ratzinger? «Quando si son visti i suoi primi passi da Papa, si è capito che egli cercava di riformare la Chiesa non alla maniera dei “progressisti”, bensì ricercando una presa di coscienza della propria missione nel mondo, in particolare all’insegna della nuova evangelizzazione. Così, quando il Papa ha tolto la scomunica ai vescovi “integralisti” seguaci di Marcel Lefebvre, lo si è considerato partigiano di quell’orientamento, mentre in realtà lui voleva riaprire il dialogo con loro per cercare di riportare l’unità nella Chiesa». E operando un analogo rovesciamento della realtà «lo si è preso di mira anche quando ha cercato di operare per l’unità con gli anglicani».
Quando parla di «forze occulte di ambito massonico», Ries lo fa con una certa cognizione di causa. Per vederle all’opera, sostiene l’antropologo, «basta guardare al Belgio, dove sono state approvate leggi pro-eutanasia, pro-aborto e contro la famiglia. Le forze massoniche in Belgio si vantano di avere 25 mila aderenti e metà del governo belga è composto da affiliati alla massoneria. È proprio per questo che si attaccano in maniera sistematica le religioni nel loro complesso, perché esse sostengono posizioni che per i fautori della “libertà” assoluta non sono ammissibili. Infatti l’Islam, l’ebraismo, il cristianesimo, che non approvano l’aborto e l’eutanasia, vengono bersagliati e criticati».
Dunque dietro gli attacchi e le critiche al Papa e alla Chiesa, secondo Ries, più che lo scandalo per la pedofilia c’è l’apparentemente docile intolleranza dell’ideologia che spopola a Bruxelles. «È l’ideologia della laicità, per la quale l’uomo non deve essere sottoposto ad alcun limite e ad alcun potere. Ci ricordiamo dei cartelli affissi dappertutto alla Sorbona di Parigi durante il ’68? “Vietato vietare”. Ma questa stessa posizione non è totalmente libera. Eppure oggi è la posizione dominante in Europa (molto meno negli Stati Uniti). Infatti sono soprattutto i paesi dell’Unione Europea a essere colpiti da tale visione laicista. Lo si è visto anche nel caso della citazione delle radici cristiane nella Costituzione europea: queste forze occulte hanno lavorato perché la verità non venisse riconosciuta e non si parlasse più di “Europa cristiana”».
Eppure la Chiesa ha contribuito in maniera decisiva a costruire il Vecchio Continente così come noi oggi lo conosciamo. «Proprio in Europa si può constatare il contributo sociale positivo del cristianesimo: esso è riuscito a costruire e accrescere la cultura, ha organizzato il tempo e il lavoro, il riposo e l’occupazione. È poi importante ricordare la dottrina sociale della Chiesa, cioè il principio del grande rispetto per la dignità della persona umana. Questi sono contributi che formano una società in cui regna l’armonia. Anche il rispetto della vita, del lavoro, dei bambini, la tolleranza come valore, che permette di promuovere il dialogo interreligioso, sono tutti princìpi propri della civiltà cristiana, e sono la base del vivere sociale di noi europei».
Del resto, secondo l’autorevole studioso belga, il rischio di strumentalizzare l’elemento religioso in senso ideologico è sempre dietro l’angolo. «Le religioni - conclude Ries - possono contribuire positivamente all’organizzazione delle società, a condizione però che siano davvero se stesse e non si tramutino in ideologie. L’islam, ad esempio, è una fede rispettabile che volge l’uomo verso Dio e organizza una società. Ma l’islamismo, che vuole imporre il Corano come unica legge, è una dittatura ideologica alla cui opera assistiamo ormai ogni giorno, da al Qaeda ai talebani afghani».
(Lorenzo Fazzini)
Intervista tratta dal numero di Tempi in edicola questa settimana


LETTURE/ Flannery O’Connor: anche il peccato di Head è stato sconfitto dalla pietà - Laura Cioni - mercoledì 12 maggio 2010
Sono le due di notte e la luna rischiara il risveglio del signor Head, un sessantenne che crede di sapere tutto della vita e di poterla governare con la propria forza di volontà. L’unico punto buio della squallida stanza in cui vive è il pagliericcio del nipote Nelson, che sua figlia, scappata ad Atlanta, aveva messo al mondo, per poi tornare poco dopo e morire. Egli aveva tenuto con sé il piccolo, ma nella sua durezza non aveva mai accettato lo scandalo della sua nascita. Voleva a tutti i costi piegarne la ribellione. Per questo, ora che Nelson aveva dieci anni, aveva progettato il viaggio ad Atlanta.

Il racconto di Flannery O’Connor Il negro artificiale prosegue narrando il viaggio in treno, l’arrivo nella grande città, l’impatto con il quartiere negro, l’intrico delle vie in cui il signor Head si sperde e non ritrova la via del ritorno alla stazione. L’inadeguatezza del vecchio a orientarsi in una città mutata, il suo risentimento verso la vita, che si trasforma in rabbia per le imprudenze del nipote, la dichiarazione di non conoscerlo quando si trova in difficoltà sembrano condurre verso un epilogo drammatico: una tensione sempre più cupa nella relazione tra i due nel labirinto di una città ostile.

Ma all’improvviso accade qualcosa: si imbattono in una statua di gesso di un negro e, fissandolo, si trovano entrambi di fronte al monumento della vittoria di un altro che ricompone la loro comune sconfitta. Le ultime resistenze cedono e si dissolvono nella pietà. La luna, balzata fuori da una nube, inonda di luce la povera campagna in cui tornano e la ritrovata pace della loro misera casa è protetta dalle sagome degli alberi più scure del cielo, da cui pendono grandi nuvole bianche.
LETTURE/ Flannery O’Connor: anche il peccato di Head è stato sconfitto dalla pietà
Laura Cioni
mercoledì 12 maggio 2010
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Il signor Head rimase perfettamente immobile, e sentì la mano della pietà toccarlo di nuovo, ma questa volta capì che non c’erano parole, al mondo, per darle un nome. Capì che nasceva dalla sofferenza estrema che non è negata a nessun uomo e che, per vie misteriose, è data ai bambini. Capì che era l’unica cosa che l’uomo potesse portare nella morte per offrirla al suo Creatore e, improvvisamente, si sentì bruciare di vergogna perché aveva così poco da portare con sé.
Rimase costernato, a giudicarsi con la precisione infinita di Dio, mentre la pietà avvolgeva il suo orgoglio come una fiamma, e lo consumava. Non si era mai considerato un grande peccatore, prima d’allora, ma in quel momento capì che la sua depravazione gli era stata nascosta per risparmiargli lo sconforto supremo. Sentì che era perdonato di tutti i suoi peccati dal principio del tempo, quando aveva concepito nel suo cuore il peccato di Adamo, fino al presente, quando aveva rinnegato il povero Nelson. Seppe che non esisteva peccato troppo mostruoso che non potesse rivendicare come suo e, poiché Dio ama in misura di quanto perdona, si sentì pronto, in quell’istante, a entrare in paradiso.

Nelson l’osservò con un misto di spossatezza e di sospetto, ma mentre il treno scivolava via, scomparendo nel boschi come un serpente spaventato, perfino lui s’illuminò in viso e brontolò: “Sono contento di essere andato in città, per una volta, però non ci torno più (brano tratto da Il Negro Artificiale, di Flannery O’Connor).