domenica 28 novembre 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 28.11.2010 - © Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana
2)    Preghiera per la vita composta e pronunciata da Benedetto XVI
3)    «L’informazione e i politici devono difendere la vita: l’embrione è uomo» - di Andrea Tornielli - © Copyright Il Giornale, 28 novembre 2010
4)    27/11/2010 – VATICANO - Papa: combattere l’oscuramento delle coscienze che porta a violare la vita nascente - Appello di Benedetto XVI ai “protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale” perché tutelino l’uomo in ogni fase della vita. E anche dopo la nascita, “la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento”.
5)    PRIMI VESPRI DI AVVENTO - OMELIA DEL SANTO PADRE © Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana
6)    Radio Vaticana - notizia del 27/11/2010 - Liberato in Pakistan un cristiano condannato a 25 anni di carcere per blasfemia
7)    Radio Vaticana - notizia del 27/11/2010 - Shazia Bashir, la ragazza pakistana cristiana violentata e uccisa, non avrà giustizia
8)    Pakistan «Stuprò e uccise dodicenne cattolica»: è libero - Assolto Naeem: per i giudici la ragazza è morta «per una malattia della pelle» La comunità di Lahore prepara il ricorso Giorni d’ansia per la grazia ad Asia Bibi - DA BANGKOK STEFANO VECCHIA – Avvenire, 28 novembre 2010
9)    PER I CRISTIANI E PER OGNI ALTRO PERSEGUITATO - DIAMO STRUMENTI ALLA LIBERTÀ di CARLO CARDIA – Avvenire, 28 novembre 2010
10)                      POSSO PARLARVI DELL’AMORE VERO? - Cari benpensanti noi siamo vivi e degni - Si dovrebbe guardare alla vita umana come mistero non riducibile al suo livello biologico È una questione radicalmente 'laica' di MARIO MELAZZINI – Avvenire, 28 novembre 2010
11)                      PERCHÉ SOLO LE «RISTAMPE» PREFERITE? - Se il catalogo di F&S sceglie di escludere - Da una verità che voleva apparire tale per tutti a una verità che si presenta come limitata e partigiana una porzione di verità di FERDINANDO CAMON – Avvenire, 28 novembre 2010
12)                      «La famiglia che cura? Per i media non esiste» - Belletti: «Umiliati tutti, non solo i parenti dei disabili» - Dall’assemblea di Roma il Forum delle associazioni familiari esce con un duro documento sulla scelta di Fazio e Saviano: «Inaccettabile la violenza della non-parola» - DA MILANO VIVIANA DALOISO – Avvenire, 28 novembre 2010
13)                      Maria Luisa, se la vita è più forte della Sla - la storia - La donna, 65 anni, ha ottenuto l’assistenza dell’Asl per tutti i malati di distrofia di Arezzo. Fa volontariato, presiede associazioni. Ed è immobile, comunica col pc - DA AREZZO GIACOMO GAMBASSI – Avvenire, 28 novembre 2010
14)                      L’intervento/1 - Roccella: non è par condicio ma rispetto per ogni persona - Eugenia Roccella sottosegretario alla Salute e deputato del Pdl - «Si dovrebbe ospitare in tv esperienze d’amore espulse e ghettizzate» - Avvenire, 28 novembre 2010
15)                      Scienza&Vita: il Dna non detta un destino - il convegno - A dieci anni dal sequenziamento del genoma, speranze e rischi Contro ogni determinismo, Dellapiccola evidenzia l’effetto di ambiente e stili di vita. Romano: «Le persone non sono cose» - DA ROMA - PIER LUIGI FORNARI – Avvenire, 28 novembre 2010
16)                      Biotestamento, lo strappo dell’Anci: «Legittimi i registri» - «Si tratta di una competenza dei Comuni». I giuristi Gambino e Marini: documenti senza fondamento di legge di Domenico Montalto – Avvenire, 28 novembre 2010

LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS, 28.11.2010 - © Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

Alle ore 12 di oggi, Prima Domenica di Avvento, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro.
Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana:

PRIMA DELL’ANGELUS

Cari fratelli e sorelle!

Oggi, prima domenica di Avvento, la Chiesa inizia un nuovo Anno liturgico, un nuovo cammino di fede che, da una parte, fa memoria dell’evento di Gesù Cristo e, dall’altra, si apre al suo compimento finale. E proprio di questa duplice prospettiva vive il Tempo di Avvento, guardando sia alla prima venuta del Figlio di Dio, quando nacque dalla Vergine Maria, sia al suo ritorno glorioso, quando verrà "a giudicare i vivi e i morti", come diciamo nel Credo. Su questo suggestivo tema dell’"attesa" vorrei ora brevemente soffermarmi, perché si tratta di un aspetto profondamente umano, in cui la fede diventa, per così dire, un tutt’uno con la nostra carne e il nostro cuore.

L’attesa, l’attendere è una dimensione che attraversa tutta la nostra esistenza personale, familiare e sociale. L’attesa è presente in mille situazioni, da quelle più piccole e banali fino alle più importanti, che ci coinvolgono totalmente e nel profondo.

Pensiamo, tra queste, all’attesa di un figlio da parte di due sposi; a quella di un parente o di un amico che viene a visitarci da lontano; pensiamo, per un giovane, all’attesa dell’esito di un esame decisivo, o di un colloquio di lavoro; nelle relazioni affettive, all’attesa dell’incontro con la persona amata, della risposta ad una lettera, o dell’accoglimento di un perdono…

Si potrebbe dire che l’uomo è vivo finché attende, finché nel suo cuore è viva la speranza. E dalle sue attese l’uomo si riconosce: la nostra "statura" morale e spirituale si può misurare da ciò che attendiamo, da ciò in cui speriamo.

Ognuno di noi, dunque, specialmente in questo Tempo che ci prepara al Natale, può domandarsi: io, che cosa attendo? A che cosa, in questo momento della mia vita, è proteso il mio cuore? E questa stessa domanda si può porre a livello di famiglia, di comunità, di nazione. Che cosa attendiamo, insieme? Che cosa unisce le nostre aspirazioni, che cosa le accomuna? Nel tempo precedente la nascita di Gesù, era fortissima in Israele l’attesa del Messia, cioè di un Consacrato, discendente del re Davide, che avrebbe finalmente liberato il popolo da ogni schiavitù morale e politica e instaurato il Regno di Dio. Ma nessuno avrebbe mai immaginato che il Messia potesse nascere da un’umile ragazza come era Maria, promessa sposa del giusto Giuseppe. Neppure lei lo avrebbe mai pensato, eppure nel suo cuore l’attesa del Salvatore era così grande, la sua fede e la sua speranza erano così ardenti, che Egli poté trovare in lei una madre degna. Del resto, Dio stesso l’aveva preparata, prima dei secoli. C’è una misteriosa corrispondenza tra l’attesa di Dio e quella di Maria, la creatura "piena di grazia", totalmente trasparente al disegno d’amore dell’Altissimo. Impariamo da Lei, Donna dell’Avvento, a vivere i gesti quotidiani con uno spirito nuovo, con il sentimento di un’attesa profonda, che solo la venuta di Dio può colmare.

DOPO L’ANGELUS

En ce premier dimanche de l’Avent, chers pèlerins francophones, une nouvelle Année liturgique commence. Elle nous rappelle que Jésus Christ, éternellement présent dans notre vie, accomplit pour nous son œuvre de Rédemption dans les actions liturgiques de l’Église. En ces jours où nous prions particulièrement pour le respect de la vie naissante, puisse la Vierge Marie qui a accueilli en son sein le Verbe de Dieu, nous aider à ouvrir nos cœurs à la lumière de son Fils qui vient sauver l’humanité tout entière ! Je souhaite à tous un bon dimanche et joyeux temps de l’Avent !

I offer a warm welcome to the English-speaking visitors gathered here today for this Angelus prayer. Today, Christians begin a new liturgical Year with the season of Advent, a time of preparation to celebrate the Mystery of the Incarnation. By the grace of God, may our prayer, penance and good works in this season make us truly ready to see the Lord face to face. Upon you and your families I invoke God’s gifts of wisdom, strength and peace!

Ein herzliches „Grüß Gott" sage ich den Pilgern und Besuchern aus den Ländern deutscher Sprache. Mit dem heutigen Sonntag treten wir in die Adventszeit ein. Dies ist eine heilige Zeit des Wartens auf die Begegnung mit Christus, dem Heiland. Er sehnt sich danach, einer Welt, die immer wieder von Leid gezeichnet ist, Heilung, Frieden und Liebe zu schenken. Öffnen wir unser Herz, bereiten wir uns durch den Empfang der Sakramente vor, daß der Heiland und König der Liebe in uns Wohnung nehmen kann.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, así como a quienes se unen a ella a través de la radio y la televisión. Al iniciar el santo tiempo de Adviento, invito a todos a intensificar la oración y la meditación de la Palabra de Dios, para que se avive el deseo de salir al encuentro de Cristo, cuya primera venida recordamos con gozo, mientras nos preparamos a su segunda venida, al final de los tiempos, con atenta vigilancia y ardiente caridad. Que a ello nos ayude la amorosa protección de María Santísima, Virgen y Madre. Feliz Domingo.

Pozdrawiam wszystkich Polaków. Wczoraj, Nieszporami i czuwaniem w intencji poczętego ludzkiego życia rozpoczęliśmy Adwent: czas przygotowania do świąt Bożego Narodzenia. Razem z Maryją, która z miłością oczekiwała narodzin Bożego Dziecięcia trwajmy na modlitwie, dziękując Bogu za dar życia, prosząc o opiekę nad każdym ludzkim istnieniem. Niech przyszłością świata stanie się cywilizacja miłości i życia. Z serca wam błogosławię, a szczególnie rodzicom oczekującym potomstwa.

[Saluto tutti i Polacchi. Ieri, con i Vespri e con la veglia di preghiera per la vita nascente, abbiamo iniziato l’Avvento: il tempo di preparazione alla festa del Natale del Signore. Insieme a Maria, che ha atteso con amore la nascita del Divino Bambino, perseveriamo nella preghiera, ringraziando Dio per il dono della vita, chiedendoGli protezione su ogni esistenza umana. Possa il futuro del mondo diventare la civiltà dell’amore e della vita. Benedico di cuore tutti voi e, in modo particolare, i genitori in attesa dei figli.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i ragazzi dell’Unità Pastorale di Lesmo, presso Milano, che si preparano alla Professione di Fede. A tutti auguro una serena domenica e un buon cammino di Avvento.

Grazie, buon Avvento a tutti!


Preghiera per la vita composta e pronunciata da Benedetto XVI

Signore Gesù,
che fedelmente visiti e colmi con la tua Presenza
la Chiesa e la storia degli uomini;
che nel mirabile Sacramento del tuo Corpo e del tuo Sangue
ci rendi partecipi della Vita divina
e ci fai pregustare la gioia della Vita eterna;
noi ti adoriamo e ti benediciamo.

Prostráti dinanzi a Te, sorgente e amante della vita
realmente presente e vivo in mezzo a noi, ti supplichiamo.

Ridesta in noi il rispetto per ogni vita umana nascente,
rendici capaci di scorgere nel frutto del grembo materno
la mirabile opera del Creatore,
disponi i nostri cuori alla generosa accoglienza di ogni bambino
che si affaccia alla vita.

Benedici le famiglie,
santifica l'unione degli sposi,
rendi fecondo il loro amore.

Accompagna con la luce del tuo Spirito
le scelte delle assemblee legislative,
perché i popoli e le nazioni riconoscano e rispettino
la sacralità della vita, di ogni vita umana.

Guida l'opera degli scienziati e dei medici,
perché il progresso contribuisca al bene integrale della persona
e nessuno patisca soppressione e ingiustizia.

Dona carità creativa agli amministratori e agli economisti,
perché sappiano intuire e promuovere condizioni sufficienti
affinché le giovani famiglie possano serenamente aprirsi
alla nascita di nuovi figli.

Consola le coppie di sposi che soffrono
a causa dell'impossibilità ad avere figli,
e nella tua bontà provvedi.

Educa tutti a prendersi cura dei bambini orfani o abbandonati,
perché possano sperimentare il calore della tua Carità,
la consolazione del tuo Cuore divino.

Con Maria tua Madre, la grande credente,
nel cui grembo hai assunto la nostra natura umana,
attendiamo da Te, unico nostro vero Bene e Salvatore,
la forza di amare e servire la vita,
in attesa di vivere sempre in Te,
nella Comunione della Trinità Beata.

C. Amen.


«L’informazione e i politici devono difendere la vita: l’embrione è uomo» - di Andrea Tornielli - © Copyright Il Giornale, 28 novembre 2010

Benedetto XVI inizia l’Avvento, il tempo liturgico di preparazione al Natale, pregando per la vita nascente e chiede ai protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione di «fare quanto è nelle loro possibilità, per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita umana». Il Papa ha spiegato che la persona è tale fin dal concepimento: l'embrione non è «un cumulo di materiale biologico, ma un nuovo essere vivente».
Nell’omelia della veglia di preghiera per la vita, promossa dal Pontificio Consiglio per la Famiglia nelle diocesi di tutto il mondo, che in San Pietro ha preceduto i primi vespri della prima domenica d’Avvento, il Papa ha legato la sacralità della vita alla storia della salvezza, all’evento di Dio che «si fa carne nel grembi di Maria, diventa bambino».
Benedetto XVI ha spiegato che oggi la vita nascente è «la più fragile, la più minacciata dall’egoismo degli adulti e dall’oscuramento delle coscienze». «Ci sono tendenze culturali - ha aggiunto - che cercano di anestetizzare le coscienze con motivazioni pretestuose. Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa - ha spiegato Benedetto XVI - ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello sviluppo, la crescente complessità dell’organismo. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana». E dunque «non c’è alcuna ragione per non considerarlo persona fin dal concepimento».
L’essere umano, ha detto ancora il Papa, «ha il diritto di non essere trattato come un oggetto». Su questa linea «si colloca la sollecitudine della Chiesa per la vita nascente. La Chiesa continuamente ribadisce quanto ha dichiarato il Concilio Vaticano II contro l’aborto e ogni violazione della vita nascente: “La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura”».
Certo, Benedetto XVI non si nasconde che «purtroppo, anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento». Davanti a questo «triste panorama delle ingiustizie commesse contro la vita dell’uomo, prima e dopo la nascita», Ratzinger fa suo l’appello del predecessore Giovanni Paolo II: «Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità». Benedetto XVI ha concluso l’omelia con un appello ai «protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale a fare quanto è nelle loro possibilità per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita umana, per procurare condizioni favorevoli e reti di sostegno all’accoglienza e allo sviluppo di essa».


27/11/2010 – VATICANO - Papa: combattere l’oscuramento delle coscienze che porta a violare la vita nascente - Appello di Benedetto XVI ai “protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale” perché tutelino l’uomo in ogni fase della vita. E anche dopo la nascita, “la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento”.

Città del Vaticano (AsiaNews) - I protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale facciano “quanto è nelle loro possibilità, per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita umana, per procurare condizioni favorevoli e reti di sostegno all’accoglienza e allo sviluppo di essa”. All’inizio dell’Avvento, mentre la Chiesa si prepara ad accogliere il bambino Gesù, è l’appello lanciato oggi da Benedetto XVI che ha presieduto la Veglia per la vita nascente, che l’intera comunità cattolica celebra all’inizio di questo tempo liturgico.

In una basilica di san Pietro nella quale, di tanto in tanto, si è sentito il pianto di qualche neonato, il Papa è dunque tornato a chiedere alla politica e alla cultura di difendere i più piccoli.

“Credere in Gesù Cristo - ha detto in proposito - comporta anche avere uno sguardo nuovo sull’uomo, uno sguardo di fiducia, di speranza. Del resto l’esperienza stessa e la retta ragione attestano che l’essere umano è un soggetto capace di intendere e di volere, autocosciente e libero, irripetibile e insostituibile, vertice di tutte le realtà terrene, che esige di essere riconosciuto come valore in se stesso e merita di essere accolto sempre con rispetto e amore. Egli ha il diritto di non essere trattato come un oggetto da possedere o come una cosa che si può manipolare a piacimento, di non essere ridotto a puro strumento a vantaggio di altri e dei loro interessi. La persona è un bene in se stessa e occorre cercare sempre il suo sviluppo integrale. L’amore verso tutti, poi, se è sincero, tende spontaneamente a diventare attenzione preferenziale per i più deboli e i più poveri. Su questa linea si colloca la sollecitudine della Chiesa per la vita nascente, la più fragile, la più minacciata dall’egoismo degli adulti e dall’oscuramento delle coscienze. La Chiesa continuamente ribadisce quanto ha dichiarato il Concilio Vaticano II contro l’aborto e ogni violazione della vita nascente: ‘La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura’ (ibid., n. 51)”.

Ci sono però “tendenze culturali che cercano di anestetizzare le coscienze con motivazioni pretestuose. Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello sviluppo, la crescente complessità dell’organismo. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana. Così è stato Gesù nel grembo di Maria; così è stato per ognuno di noi, nel grembo della madre”, “non c’è alcuna ragione per non considerarlo persona fin dal concepimento”.

“Purtroppo - ha proseguito il Papa - anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento. Le molteplici violazioni dei loro diritti che si commettono nel mondo feriscono dolorosamente la coscienza di ogni uomo di buona volontà. Davanti al triste panorama delle ingiustizie commesse contro la vita dell’uomo, prima e dopo la nascita, faccio mio l’appassionato appello del Papa Giovanni Paolo II alla responsabilità di tutti e di ciascuno: ‘Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità’ (Enc. Evangelium vitae, 5). Esorto i protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale - è l’appello conclusivo di Benedetto XVI - a fare quanto è nelle loro possibilità, per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita umana, per procurare condizioni favorevoli e reti di sostegno all’accoglienza e allo sviluppo di essa”.


PRIMI VESPRI DI AVVENTO - OMELIA DEL SANTO PADRE © Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

Cari fratelli e sorelle,

con questa celebrazione vespertina, il Signore ci dona la grazia e la gioia di aprire il nuovo Anno Liturgico iniziando dalla sua prima tappa: l’Avvento, il periodo che fa memoria della venuta di Dio fra noi. Ogni inizio porta con sé una grazia particolare, perché benedetto dal Signore. In questo Avvento ci sarà dato, ancora una volta, di fare esperienza della vicinanza di Colui che ha creato il mondo, che orienta la storia e che si è preso cura di noi giungendo fino al culmine della sua condiscendenza con il farsi uomo.
Proprio il mistero grande e affascinante del Dio con noi, anzi del Dio che si fa uno di noi, è quanto celebreremo nelle prossime settimane camminando verso il santo Natale. Durante il tempo di Avvento sentiremo la Chiesa che ci prende per mano e, ad immagine di Maria Santissima, esprime la sua maternità facendoci sperimentare l’attesa gioiosa della venuta del Signore, che tutti ci abbraccia nel suo amore che salva e consola.

Mentre i nostri cuori si protendono verso la celebrazione annuale della nascita di Cristo, la liturgia della Chiesa orienta il nostro sguardo alla meta definitiva: l’incontro con il Signore che verrà nello splendore della sua gloria. Per questo noi che, in ogni Eucaristia, “annunciamo la sua morte, proclamiamo la sua risurrezione nell’attesa della sua venuta”, vigiliamo in preghiera. La liturgia non si stanca di incoraggiarci e di sostenerci, ponendo sulle nostre labbra, nei giorni di Avvento, il grido con il quale si chiude l’intera Sacra Scrittura, nell’ultima pagina dell’Apocalisse di san Giovanni: “Vieni, Signore Gesù!” (22,20).
Cari fratelli e sorelle, il nostro radunarci questa sera per iniziare il cammino di Avvento si arricchisce di un altro importante motivo: con tutta la Chiesa, vogliamo celebrare solennemente una veglia di preghiera per la vita nascente. Desidero esprimere il mio ringraziamento a tutti coloro che hanno aderito a questo invito e a quanti si dedicano in modo specifico ad accogliere e custodire la vita umana nelle diverse situazioni di fragilità, in particolare ai suoi inizi e nei suoi primi passi. Proprio l’inizio dell’Anno Liturgico ci fa vivere nuovamente l’attesa di Dio che si fa carne nel grembo della Vergine Maria, di Dio che si fa piccolo, diventa bambino; ci parla della venuta di un Dio vicino, che ha voluto ripercorrere la vita dell’uomo, fin dagli inizi, e questo per salvarla totalmente, in pienezza. E così il mistero dell’Incarnazione del Signore e l’inizio della vita umana sono intimamente e armonicamente connessi tra loro entro l’unico disegno salvifico di Dio, Signore della vita di tutti e di ciascuno. L’Incarnazione ci rivela con intensa luce e in modo sorprendente che ogni vita umana ha una dignità altissima, incomparabile.

L’uomo presenta un’originalità inconfondibile rispetto a tutti gli altri esseri viventi che popolano la terra. Si presenta come soggetto unico e singolare, dotato di intelligenza e volontà libera, oltre che composto di realtà materiale. Vive simultaneamente e inscindibilmente nella dimensione spirituale e nella dimensione corporea. Lo suggerisce anche il testo della Prima Lettera ai Tessalonicesi che è stato proclamato: “Il Dio della pace – scrive san Paolo – vi santifichi interamente, e tutta la vostra persona, spirito, anima e corpo, si conservi irreprensibile per la venuta del Signore nostro Gesù Cristo” (5,23).

Siamo dunque spirito, anima e corpo. Siamo parte di questo mondo, legati alle possibilità e ai limiti della condizione materiale; nello stesso tempo siamo aperti su un orizzonte infinito, capaci di dialogare con Dio e di accoglierlo in noi. Operiamo nelle realtà terrene e attraverso di esse possiamo percepire la presenza di Dio e tendere a Lui, verità, bontà e bellezza assoluta.

Assaporiamo frammenti di vita e di felicità e aneliamo alla pienezza totale.
Dio ci ama in modo profondo, totale, senza distinzioni; ci chiama all’amicizia con Lui; ci rende partecipi di una realtà al di sopra di ogni immaginazione e di ogni pensiero e parola: la sua stessa vita divina. Con commozione e gratitudine prendiamo coscienza del valore, della dignità incomparabile di ogni persona umana e della grande responsabilità che abbiamo verso tutti. “Cristo, che è il nuovo Adamo – afferma il Concilio Vaticano II – proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore, svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione ... Con la sua incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Cost. Gaudium et spes, 22).
Credere in Gesù Cristo comporta anche avere uno sguardo nuovo sull’uomo, uno sguardo di fiducia, di speranza.

Del resto l’esperienza stessa e la retta ragione attestano che l’essere umano è un soggetto capace di intendere e di volere, autocosciente e libero, irripetibile e insostituibile, vertice di tutte le realtà terrene, che esige di essere riconosciuto come valore in se stesso e merita di essere accolto sempre con rispetto e amore. Egli ha il diritto di non essere trattato come un oggetto da possedere o come una cosa che si può manipolare a piacimento, di non essere ridotto a puro strumento a vantaggio di altri e dei loro interessi. La persona è un bene in se stessa e occorre cercare sempre il suo sviluppo integrale. L’amore verso tutti, poi, se è sincero, tende spontaneamente a diventare attenzione preferenziale per i più deboli e i più poveri. Su questa linea si colloca la sollecitudine della Chiesa per la vita nascente, la più fragile, la più minacciata dall’egoismo degli adulti e dall’oscuramento delle coscienze. La Chiesa continuamente ribadisce quanto ha dichiarato il Concilio Vaticano II contro l’aborto e ogni violazione della vita nascente: “La vita, una volta concepita, deve essere protetta con la massima cura” (ibid., n. 51).

Ci sono tendenze culturali che cercano di anestetizzare le coscienze con motivazioni pretestuose. Riguardo all’embrione nel grembo materno, la scienza stessa ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione con la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello sviluppo, la crescente complessità dell’organismo. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico, ma di un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo della specie umana. Così è stato Gesù nel grembo di Maria; così è stato per ognuno di noi, nel grembo della madre.

Con l’antico autore cristiano Tertulliano possiamo affermare: “E’ già un uomo colui che lo sarà” (Apologetico, IX, 8); non c’è alcuna ragione per non considerarlo persona fin dal concepimento.
Purtroppo, anche dopo la nascita, la vita dei bambini continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia, agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento. Le molteplici violazioni dei loro diritti che si commettono nel mondo feriscono dolorosamente la coscienza di ogni uomo di buona volontà. Davanti al triste panorama delle ingiustizie commesse contro la vita dell’uomo, prima e dopo la nascita, faccio mio l’appassionato appello del Papa Giovanni Paolo II alla responsabilità di tutti e di ciascuno: “Rispetta, difendi, ama e servi la vita, ogni vita umana! Solo su questa strada troverai giustizia, sviluppo, libertà vera, pace e felicità” (Enc. Evangelium vitae, 5). Esorto i protagonisti della politica, dell’economia e della comunicazione sociale a fare quanto è nelle loro possibilità, per promuovere una cultura sempre rispettosa della vita umana, per procurare condizioni favorevoli e reti di sostegno all’accoglienza e allo sviluppo di essa.
Alla Vergine Maria, che ha accolto il Figlio di Dio fatto uomo con la sua fede, con il suo grembo materno, con la cura premurosa, con l’accompagnamento solidale e vibrante di amore, affidiamo la preghiera e l’impegno a favore della vita nascente. Lo facciamo nella liturgia - che è il luogo dove viviamo la verità e dove la verità vive con noi - adorando la divina Eucaristia, in cui contempliamo il Corpo di Cristo, quel Corpo che prese carne da Maria per opera dello Spirito Santo, e da lei nacque a Betlemme, per la nostra salvezza. Ave, verum Corpus, natum de Maria Virgine!
Amen.


Radio Vaticana - notizia del 27/11/2010 - Liberato in Pakistan un cristiano condannato a 25 anni di carcere per blasfemia

Munir Masih, cristiano accusato e condannato a 25 anni di carcere per blasfemia, è stato liberato oggi su cauzione dall’Alta Corte della città pachistana di Lahore. Munir, operaio del distretto di Kasur, in Punjab, sposato e padre di sei figli, era stato condannato “per aver toccato il Corano con le mani sporche”. L’uomo ha sempre dichiarato la sua innocenza, spiegando che le accuse infondate venivano da un vicino di casa, dopo una lite fra i rispettivi figli. Stessa accusa anche per la moglie dell’uomo, Riqqiya Bibi, condannata a 25 anni e tuttora in carcere, nonostante i suoi avvocati sperino nel suo rilascio, dopo quello del marito: l’Alta Corte si pronuncerà per lei la prossima settimana. La richiesta di rilascio su cauzione per la coppia cristiana è stata inoltrata per tre volte e i coniugi erano già stati rilasciati a gennaio 2009, per poi essere arrestati nuovamente dopo le proteste di militanti musulmani. “Il caso di Munir e Riqqiya – spiega una fonte citata dall’agenzia Fides – conferma il trend per cui molti dei verdetti iniqui comminati in primo grado per blasfemia, basati su false accuse, vengono ribaltati dopo nuove indagini dell’Alta Corte: accade nel 95% dei casi. Speriamo questo accada anche nel caso di Asia Bibi”, la prima donna cristiana condannata a morte per blasfemia. “Intanto – osserva la fonte - si pone il serio problema delle condizioni in cui versano i tribunali di primo grado, facilmente influenzati da pressioni esterne, e dell’urgente revisione della legge sulla blasfemia”. Una proposta di revisione della norma è stata, infatti, depositata di recente all’Assemblea Nazionale da Sherry Rehman, parlamentare musulmana e Presidente del prestigioso “Jinnah Institute”. (L.G.)


Radio Vaticana - notizia del 27/11/2010 - Shazia Bashir, la ragazza pakistana cristiana violentata e uccisa, non avrà giustizia

Sdegno nella comunità cristiana in Pakistan per l’assoluzione di Chaudry Naeem, il ricco avvocato musulmano accusato di aver stuprato e ucciso Shazia Bashir, la ragazza cristiana di 12 anni uccisa nel gennaio 2010. Chaudry, incriminato insieme con suo figlio Haris e sua moglie Ghzala, è stato assolto per mancanza di prove da un tribunale di primo grado a Lahore. La famiglia era accusata di aver costretto la ragazza a lavorare come domestica nella loro casa, di fatto sequestrandola e di averla violentata ma secondo la difesa, l’assoluzione si basa sul fatto che l’accusa non ha potuto dimostrare, con prove mediche inconfutabili, la violenza e l’omicidio. Il rapporto medico giunto in tribunale, infatti, afferma che Shazia “è deceduta di morte naturale, a causa di una malattia della pelle” e le prove testimoniali della madre della ragazza e dei suoi fratelli non sono state ritenute sufficienti dalla Corte. “Per la famiglia di Shazia non sarà fatta giustizia. Non è la prima volta che, in casi simili, l’esito dei processi lasci impuniti influenti cittadini musulmani, nonostante le atrocità compiute su cristiani poveri e indifesi”, ha commentato all'agenzia Fides Nasir Saeed, responsabile del “Centre for Legal Aid Assistence and Settlement”, che offre assistenza legale gratuita ai cristiani in Pakistan. Gli avvocati e le organizzazioni cristiane che si stanno occupando del caso hanno intanto annunciato il ricorso in appello. “Questo verdetto dimostra che alcuni personaggi sono sopra la legge”, ha dichiarato Peter Jacob, segretario esecutivo della “Commissione Giustizia e Pace” dei vescovi pakistani”. “Il verdetto – ha aggiunto - dimostra ancora una volta l’inefficienza e la scarsa indipendenza dei tribunali ed è la prova di come si possono pilotare i giudizi”. (L.G.)


Pakistan «Stuprò e uccise dodicenne cattolica»: è libero - Assolto Naeem: per i giudici la ragazza è morta «per una malattia della pelle» La comunità di Lahore prepara il ricorso Giorni d’ansia per la grazia ad Asia Bibi - DA BANGKOK STEFANO VECCHIA – Avvenire, 28 novembre 2010

Chaudry Naeem, il potente avvocato musulmano accusato di aver violentato e ucciso nel gennaio scorso Shazia Bashir, ragazza cattolica di 12 anni, è stato assolto. Le fasi processuali che hanno condotto a questo ultimo, eclatante caso di giustizia negata in Pakistan, hanno consentito di aprire uno spiraglio sulla sorte di molte ragazze cristiane costrette dalla povertà a lavorare in case di notabili musulmani, in condizioni precarie e sovente rischiose per la propria incolumità. Chaudry, incriminato insieme con suo figlio Harish e sua moglie Ghazala, è stato assolto in primo grado per mancanza di prove da un tribunale di Lahore, capoluogo della provincia del Punjab.

L’intera famiglia era accusata di aver costretto la ragazza a lavorare in condizioni improprie come domestica nella loro casa, di fatto sequestrandola e maltrattandola, fino alla tragica conclusione. Il verdetto di assoluzione si basa sul fatto che l’accusa non ha potuto dimostrare, con prove mediche inconfutabili, che la ragazza sia stata violentata e uccisa da Chaudry. A confermarne la presunta innocenza il rapporto medico che indica come la giovane sia «deceduta di morte naturale, a causa di una malattia della pelle». Ad accrescere lo sgomento dei cristiani, il fatto che il tribunale non abbia ritenuto prove sufficienti le testimonianze della madre e dei fratelli di Shazia e il sospetto che molte altre prove siano state manipolate per arrivare alla sentenza assolutoria. Gli avvocati e le organizzazioni cristiane che si stanno occupando del caso hanno già informato che ricorreranno in appello, ma esprimono profondo scetticismo sul risultato della vicenda processuale. «Per la famiglia di Shazia non sarà fatta giustizia» è stato il commento amaro all’agenzia

Fides di Nasir Saeed, responsabile del Centro per l’assistenza legale e la conciliazione, organizzazione che dalle sedi di Londra e Lahore assiste gratuitamente i cristiani del Pakistan nelle loro vertenze legate allo stato di minoranza. «Non è la prima volta che, in casi simili, l’esito dei processi lascia impuniti influenti cittadini musulmani, nonostante le atrocità compiute su cristiani».

Sconcerto è stato anche espresso da Peter Jacob, segretario esecutivo della Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale pachistana. Per Jacob, la sentenza assolutoria «dimostra che alcuni personaggi sono al di sopra della legge. Tali sentenze garantiscono l’impunità: per questo fenomeni come abusi dei diritti umani, lavoro minorile, violenza sulle donne continueranno a prosperare.

Il verdetto – continua Jacob – dimostra ancora una volta l’inefficienza e la scarsa indipendenza dei tribunali ed è la prova di come si possano pilotare i giudizi». Espressioni dure, anche perché la vicenda della 12enne Shazia non è certo l’unica registrata anche in tempi recenti.

Dichiarazioni che coincidono con l’attesa per Asia Bibi, la donna cristiana condannata a morte per blasfemia. Una richiesta di grazia è stata presentata al presidente Asif Ali Zardari, ma al momento non vi è ancora nessuna risposta. La sconcertante conclusione della vicenda di Shazia, almeno fino a un giudizio di secondo grado, conferma la situazione difficile per i cristiani pachistani doppiamente discriminati per la fede e per la condizione di dipendenza economica. A sostenere la necessità di una revisione profonda della “legge antiblasfemia”, una proposta dettagliata è stata depositata all’Assemblea nazionale pachistana da Sherry Rehman, parlamentare musulmana e presidente del prestigioso Jinnah Institute, dedicato a Muhammad Ali Jinnah, il «padre della patria» del Pakistan.


PER I CRISTIANI E PER OGNI ALTRO PERSEGUITATO - DIAMO STRUMENTI ALLA LIBERTÀ di CARLO CARDIA – Avvenire, 28 novembre 2010

G li appelli di Benedetto XVI per la libertà religiosa e la giornata di preghiera proclamata dalla Cei per i cri stiani che soffrono persecuzioni sono stati e sono mo menti preziosi per riflettere e comprendere cosa sta avve nendo in tante parti del mondo. Troppo spesso in alcuni Stati si verificano uccisioni di cristiani, si attuano emargi­nazioni di intere comunità, per poter parlare di episodi i solati, pur ricorrenti. La nostra epoca sperimenta un di vario drammatico tra zone e aree geopolitiche nelle qua li la libertà religiosa è un dato acquisito per la generalità dei cittadini, per Chiese o confessioni, e aree dove non e siste neanche la minima tolleranza umanitaria. Molti cri stiani rischiano continuamente la propria vita, e spesso su biscono il martirio, altri sono costretti a emigrare per evi tare la stessa sorte, altri ancora devono nascondersi, o ri schiano il carcere per leggi ingiuste (come quelle sulla bla sfemia) finalizzate a colpire e intimidire le minoranze. E sistono Stati nei quali la legge proibisce perfi no di costruire una chiesa cristiana, ed altri nei quali il regime totalitario può far scomparire persone senza che se ne sappia nulla. In alcu ne nazioni, infine, non è possibile predicare il Vangelo perché è vietata ogni forma di «prose litismo ». Una situazione del genere è comunque dolorosa e inaccettabile, ma lo è ancor più oggi quando i rapporti tra uomini e tra popoli si moltiplica no e si intrecciano in modo irreversibile. Non e ra questo il sogno che ha ispirato la Dichiara zione Universale dei diritti dell’uomo, e le car te internazionali dei diritti umani, concepite per dare libertà e giustizia a tutti i credenti. E non può essere questa la prospettiva in un mondo nel quale ciascuno Stato reclama eguaglianza di condizioni per i rapporti economici, politici, culturali, ma alcuni negano poi al proprio in terno le garanzie più elementari per le mino ranze religiose e culturali. Esiste così un dram matico problema di reciprocità, che però non si risolve in senso negativo, attenuando le ga­ranzie per i diritti dei cittadini di altri Stati che non assicurino parità di trattamento. Sarebbe un rimedio peggiore del male, perché violereb be la legge naturale che vuole una libertà effet tiva per la fede. Però, si può e si deve chiedere pressantemente agli altri Stati di realizzare un sistema di garanzie reali per la libertà di tute le fedi, che tuteli concretamente cittadini e le co munità religiose da violenze e discriminazioni. Un importante passo è stato annunciato dal mi nistro degli Esteri italiano con la presentazione di una risoluzione dell’Onu per garantire «l’as soluta inviolabilità del diritto a professare la propria religione e l’assoluta inviolabilità del di ritto a esprimere il proprio credo, non solamente in pri vato ma anche con gesti pubblici», nonché l’impegno del la comunità internazionale a intervenire la dove vi sono delle discriminazioni.

È un passo importante, che però deve segnare una svolta più incisiva e determinata, con altre scelte e linee di indi rizzo. In primo luogo, si può porre la questione della libertà religiosa a livello internazionale, sollevandola nei rappor ti bilaterali, e nelle sedi multilaterali nelle quali si discu tono i più importanti problemi politici ed economici. E sistono strumenti politici, giuridici, commerciali, per spin gere e convincere gli Stati ad assicurare al proprio interno una libertà religiosa che è fondamento della convivenza civile, e condizione indispensabile per quel dialogo inter religioso che fa crescere la stabilità e la solidarietà tra i po poli. Ed esiste la possibilità che l’Onu, o altre organizza zioni internazionali, intervengano e controllino, anche sul territorio, il rispetto dei diritti delle persone. Le parole che il Papa ha rivolto in questi giorni ai responsabili politici e alla comunità internazionale fanno crescere la consape volezza che occorre attivarsi e agire per tutelare i creden ti in diverse parti del mondo, ma si può constatare che la timidezza dell’Europa e dell’Occidente è consistente.

Occorre nei nostri Paesi un supplemento di iniziative e di proposte, per favorire interventi tempestivi nelle situa zioni di maggior pericolo, che diano coraggio a quanti sof frono per la propria fede. Ed è un impegno che la comu nità cristiana può assolvere per soccorrere e dare speran za a quanti si rischiano di sentirsi abbandonati o in balia di chi vuole combattere la fede con ogni mezzo.


POSSO PARLARVI DELL’AMORE VERO? - Cari benpensanti noi siamo vivi e degni - Si dovrebbe guardare alla vita umana come mistero non riducibile al suo livello biologico È una questione radicalmente 'laica' di MARIO MELAZZINI – Avvenire, 28 novembre 2010

« L a ragione specifica: concedere un cosiddetto diritto di replica alle associazioni pro vita, significherebbe avallare l’idea, inaccettabile, che la nostra trasmissione sia stata 'pro-morte', mentre abbiamo raccontato due storie di vita... La Rai dispone di spazi adatti per dare voce alle posizioni del movimento pro-vita, che del resto già ne usufruisce ampiamente». (nota sottoscritta da Fazio, Saviano e dagli autori di 'Vieni via con me'). Ma siete proprio sicuri delle vostre affermazioni, signori Fazio, Saviano, Serra, eccetera? Non ne sono convinto.

A svolgersi è sempre quello che io chiamo 'il tema del benpensante', secondo cui in determinate situazioni di fragilità o di malattia la vita non è più degna di essere vissuta. I benpensanti perdono di vista il nucleo del problema: la vita umana, l’essere umano, la persona. Si dovrebbe guardare alla vita umana come mistero non riducibile al suo livello biologico. È una questione totalmente e radicalmente 'laica', che ha riguardato e riguarda ognuno di noi. Non si vuole accettare che la vita possa essere degna di essere vissuta comunque, anche in condizioni di fragilità, disabilità, di malattia anche fin dalla nascita. Non si considera che, se adeguatamente assistite, tutte queste persone possono mettere comunque a disposizione della comunità la loro sensibilità, le loro capacità intellettive, i loro sentimenti, le loro emozioni. Tutti, ma dico tutti.

Dobbiamo essere Liberi di Vivere, e di poter vivere. Si deve però arrivare a un riconoscimento concreto, tramite investimenti di tipo economico e di promozione culturale, della dignità dell’esistenza di ogni essere umano. Basta nascondersi dietro a falsi ideologismi pregiudiziali sulla definizioni di dignità della vita. La dignità della vita, di ogni vita, è un carattere ontologico che non può dipendere dal concetto di qualità di vita 'misurata' in base a un concetto utilitaristico. Non si può chiedere a nessuno di uccidere, di ucciderci.

Una civiltà non si può costruire su un simile falso presupposto. Perché l’amore vero non uccide e non chiede di morire. È necessario aprire una concreta discussione su cosa si stia facendo per evitare l’emarginazione delle persone con gravi patologie invalidanti e su quanto realmente, al momento attuale, si sta investendo nel percorso medico, di continuità assistenziale domiciliare e di cultura della salute e delle problematiche legate alle patologie disabilitanti e alla disabilità in senso lato, chiedendosi con molta sincerità se proprio dalla mancanza sempre più evidente di strumenti qualificati, di supporto adeguato alla famiglia, reti di servizi sociali e sanitari organizzati, solidarietà, coinvolgimento e sensibilità da parte dell’opinione pubblica scaturiscano quelle condizioni di sofferenza e di abbandono e di rinuncia alla vita.

Può sembrare paradossale, ma un corpo nudo, spogliato della sua esuberanza, mortificato nella sua esteriorità, fa brillare maggiormente l’anima, ovvero il luogo in cui sono presenti le chiavi che possono aprire, in qualunque momento, la via per completare nel modo migliore il proprio percorso di vita.


PERCHÉ SOLO LE «RISTAMPE» PREFERITE? - Se il catalogo di F&S sceglie di escludere - Da una verità che voleva apparire tale per tutti a una verità che si presenta come limitata e partigiana una porzione di verità di FERDINANDO CAMON – Avvenire, 28 novembre 2010

Fazio e Saviano rifiutano di ospitare nella loro trasmissione interventi di malati e di familiari dei malati che non vogliono saperne di farla finita dicendo: «Noi facciamo un programma di racconti, non di opinioni. Un programma di opinioni deve ospitare opinioni di una parte e dell’altra, ma un programma di racconti no: sceglie i racconti migliori, e ignora gli altri». Fazio e Saviano si sentono, non innovatori di un programma vecchio, ma inventori di un programma nuovo. Come un editore che fonda una nuova collana: in quella collana si riserva di mettere solo i titoli che la sua cultura e il suo gusto gli indicano. Sono tali, Fazio e Saviano? Hanno inventato un genere nuovo? Sì. Ma fanno bene a non ospitare ciò che, rientrando nell’area di quel programma, sosterrebbe una tesi diversa dalla loro? Qui è il problema. Finora la trasmissione aveva la forza d’urto di una verità che voleva apparire tale per tutti. Da questo momento la loro verità si presenta come limitata, partigiana, una porzione di verità. Se si sentono editori che costruiscono un nuovo catalogo, da quel catalogo stanno escludendo titoli importanti quanto quelli che v’includono, se non di più. Qual è il rischio? Di venir ricordati per quello che han mostrato, ma anche per quello che han nascosto. E forse più per questo che per quello. È il problema di coloro che impiantano una rivista, una trasmissione, un catalogo costruendolo come un’opera d’arte. Un’opera d’arte dev’essere tutta inedita e originale. Le famiglie italiane che nascondono al loro interno drammi di vite amate e curate al di là di ogni speranza, sono sconosciute e inedite. I casi mandati in onda eran già noti: eran 'ristampe'. Dicevo, Fazio e Saviano inventano un genere nuovo. Questo spiega il successo.

Non usano la piazza, come Santoro, non usano il salotto, come Vespa, non usano lo studio, come Floris. La tecnica comunicativa che adoperano è la narrazione, non la discussione, non il dibattito. Il pathos con cui conquistano il pubblico è estetico, cioè artistico. E il pubblico è tanto. Lanciare una storia a quel pubblico significa pubblicarla. Quando Fazio propone di ospitare Casini a 'Che tempo che fa', dice: «Così pubblico le ragioni della sua parte». Non è vero. Perché non consegnerebbe quella voce al pubblico (quale è e, soprattutto, quanto è) di «Vieni via con me», e cioè non pubblicherebbe quella tesi, ma la nasconderebbe. E Casini non è testimonianza, testimonianze sono le famiglie che parlano in prima persona. Hanno un pubblico, questi drammi? Certamente. Pari a quello offerto da 'Vieni via con me'? Certamente. Eluana era accudita da suore, prima di venir prelevata e trasportata verso il suo exitus programmato.

Sarebbe degno di memoria un loro racconto?

Certamente. Da tutti i punti di vista, non soltanto morale ed etico, ma anche mediatico: hanno la grandezza del medico di Camus, che curava gli appestati pur sapendo di non poter guarirli. È l’amore incondizionato. Quello per cui un essere umano dice a un altro essere umano: continuerò a fare tutto per te, anche quando non potrò fare più nulla. Io spero che il catalogo di nuovi titoli venga fuori, dal lavoro di Fazio e Saviano, perché la nostra tv ne ha bisogno. Ma dev’essere un catalogo nuovo, non solo di ristampe.


«La famiglia che cura? Per i media non esiste» - Belletti: «Umiliati tutti, non solo i parenti dei disabili» - Dall’assemblea di Roma il Forum delle associazioni familiari esce con un duro documento sulla scelta di Fazio e Saviano: «Inaccettabile la violenza della non-parola» - DA MILANO VIVIANA DALOISO – Avvenire, 28 novembre 2010

L a malattia, la sofferenza, non sono mai fatti individuali. Colpiscono fisica mente una sola persona, ma quella persona è anche un padre, oppure una mo glie, o una sorella, un figlio, un nipote: sta in relazione con altri. In una parola, è parte di una famiglia. Ecco perché oltre il volto dei malati, oltre le loro disabilità o menomazioni fisiche, c’è sempre qualcun altro. Che si fa carico di questa sofferenza, che la sostiene, che fa sacrifici e combatte per alleviarla. «Si pensa che queste situazioni siano rare, in I talia – spiega Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari –, le si considera come 'casi limite'. E invece si sbaglia.

La dimensione del la sofferenza e quella della cura sono proprie di ogni famiglia, sono la normalità. Per questo il non dare loro voce, il far finta che non esistano, ferisce così tanto».

Questo è un punto interessante: le famiglie con carichi assistenziali so no la normalità.

È proprio così. Dai più banali infortuni sportivi, alle influenze fino alla presa in carico di un genitore anziano e poi, nei casi più gravi, dei disabili, la famiglia è il luogo della cura. Prendersi cura dell’altro, sostenerlo nel bisogno, affiancarlo nella sfida alla sofferenza – piccola o grande che sia – è la sostanza stessa del fare famiglia. E prima o poi la sperimentiamo tutti.

Fa specie che questa fotografia della realtà sia così distorta a livello mediatico...

Sempre più spesso assi stiamo alla tendenza dei mezzi di comunicazione a nascondere la sofferenza o addirittura a pro porre come alternativa alla cura la “liberazione” dalla malattia. Questo atteggiamento, purtrop po, contribuisce ad ag gravare la dimensione dell’isolamento in cui si trovano le famiglie: sole nell’affrontare problemi e compiti, si sento no ancora più sole di fronte all’indifferenza dei media. Che soffrono dell’incapacità to tale di racconto se al di fuori di una dimensione emergenziale o drammatica.

L’associazionismo e il fare rete sul territorio, però, aiuta?

È fondamentale, ed è la risorsa che le famiglie hanno immediatamente trovato, nel caso di quelle con disabili o malati a carico già negli anni Cinquanta. Non chiuder­si, fare tesoro dell’esperienza dell’altro, poter parlare senza vergogna: questo è un aiu to concreto.

Nella vicenda Fazio-Saviano cosa ha infastidito maggiormente le famiglie?

La totale indifferenza, anzi quasi lo spregio, nei confronti della fatica quotidiana. Il fatto che questa fatica non sia stata e non voglia essere ri conosciuta. Queste fa­miglie sanno bene che la cura dei propri familiari, fragili e inermi, mentre custodisce la dignità delle vite più fragili esprime come dignitosa proprio la vita di chi cura. E vogliono poterlo raccontare.

Qualcuno ha persino a vanzato l’ipotesi che queste famiglie siano quelle 'forti': hanno tutti i privilegi e nessuna legge impedisce loro di tenere in vita e assistere i loro cari. Altri, invece, hanno detto che sareb bero solo alla ricerca di «soldi pubblici per asso ciazioni private».

Rimanderei al mittente entrambe le ipotesi, del tutto prive di fonda mento. Non hanno al cun potere e non lo ri vendicano, queste fami glie. Non chiedono nul la e non devono dimo strare nulla. Vogliono po tersi raccontare, però. Eppure su di loro viene esercitata la violenza della non parola: solo questo dovrebbe dire di quanto “potere” godono.

Come si sta muovendo il Forum rispetto alla vicenda?

Abbiamo immediatamente aderito all’appello di Avvenire. Ieri, poi, al termine del l’assemblea abbiamo approvato un documento in cui ribadiamo con forza la richiesta che le famiglie dei disabili gravi abbiano diritto di replica e che le posizioni sul tema del fine vita siano ribilanciate. Il servizio pubblico lo deve all’intera società civile


Maria Luisa, se la vita è più forte della Sla - la storia - La donna, 65 anni, ha ottenuto l’assistenza dell’Asl per tutti i malati di distrofia di Arezzo. Fa volontariato, presiede associazioni. Ed è immobile, comunica col pc - DA AREZZO GIACOMO GAMBASSI – Avvenire, 28 novembre 2010

«Mi sono data una missione: aiutare chi è nella mia stessa situazione ad avere un’esistenza serena.

Perché la vita va vissuta sempre». Se dallo scorso gennaio i malati di Sla della provincia di Arezzo possono contare su un percorso di assistenza da parte dell’azienda sanitaria locale, lo devono a Maria Luisa Valesio che, dal letto di casa in cui la malattia degenerativa l’ha immobilizzata, è diventata una sorta di testimonial della vita oltre la sofferenza. Un esempio di coraggio straordinario, che si aggiunge a decine di altri offerti ogni giorno e, purtroppo, ignorati dai media.

Con gli occhi, Maria Luisa, racconta il suo quotidiano attraverso un computer che le dà voce e che la collega con la famiglia, gli amici e l’associazione di cui è presidente. «Quando mi hanno diagnosticato la Sla nel 2006, ho avuto una terribile paura. Ma mi sono detta fin da subito: devo continuare a vivere così come sono. E guai se qualcuno dovesse staccarmi dai macchinari che mi fanno respirare o togliermi il sondino che consente di nutrirmi». Ecco perché chiede che chi è in una condizione simile alla sua possa parlare anche sui mezzi di comunicazione. «È bene far conoscere la nostra voglia di vivere, ma anche ciò che fanno ogni giorno per noi i familiari che spesso sono lasciati soli. Sarà anche vero che i nostri amici sono gli apparecchi a cui il corpo è collegato. Però tutti devono sapere che abbiamo relazioni, che ci sono persone care che vengono a trovarci, che abbiamo contatti con il mondo esterno». Ad esempio Maria Luisa – che ha 65 anni, abita ad Arezzo ed è stata dipendente della Asl - guida la sezione locale dell’Aisla, l’Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica.

E grazie al suo impegno è giunta la convenzione fra il sodalizio e la direzione generale dell’azienda sanitaria per la presa in carico dei pazienti affetti da Sla che ha fatto di Arezzo una sorta di laboratorio pilota per «la vicinanza della sanità pubblica a noi malati e alle famiglie», racconta la donna.

«Quello a cui tengo è far comprendere che si può andare avanti con fiducia. E che siamo felici. La gioia viene dalle persone che ci circondano, che si riferiscono quanto avviene fuori delle mura della nostra casa e che si donano allegria». Accanto a Maria Luisa c’è sempre il marito, Aldo Conti. «Mia moglie – afferma – ha dato tanto per gli altri: prima che si ammalasse, ha fondato anche due cooperative per aiutare gli anziani e chi vive solo». Quindi la scoperta della patologia. «Con la mano sinistra – riferisce la signora – non riuscivo più a prendere alcun oggetto e non capivo la ragione. Dopo varie visite, i medici mi hanno detto della Sla. Non la conoscevo e, una volta compreso tutto, ho avuto il panico». Pensando al rischio di una depressione, ha voluto che i malati aretini siano seguiti anche da una psicologa. E c’è riuscita. Poi in un cd ha ripercorso la sua storia. «Informare è fondamentale», ripete. E confida che a sorreggerla contribuisce soprattutto la fede. «Prego molto. So che il buon Dio veglia su di me e mi dà tanta forza. Infatti da sola non ce la farei».


L’intervento/1 - Roccella: non è par condicio ma rispetto per ogni persona - Eugenia Roccella sottosegretario alla Salute e deputato del Pdl - «Si dovrebbe ospitare in tv esperienze d’amore espulse e ghettizzate» - Avvenire, 28 novembre 2010

Caro direttore, ieri il Consiglio dei ministri ha istituito la Giornata nazionale degli sta ti vegetativi, scegliendo la data del 9 febbraio. Per chi non lo ricordasse, è il giorno in cui è morta Eluana Englaro, il giorno in cui, due anni fa, il Senato era riunito per cercare di varare, in lotta col tempo, una legge che la salvasse. Il testo della proposta in discussione era brevissimo: affermava semplicemente che acqua e cibo, in qualunque modo siano somministrate, rappresentano un sostegno vitale che deve essere assicurato a ogni essere umano, sempre e comunque.

La proposta di utilizzare proprio quel giorno è stata avanzata dalle associa zioni dei familiari dei malati ( Vive, Fe derazione nazionale trauma cranico, la Rete), le stesse con cui il ministero della Salute ha lavorato per pubblica re il Libro bianco sugli stati vegetati vi. Le stesse che Fazio e Saviano han no rifiutato di ospitare in tv, per rac contare le storie personali, le difficoltà, l’amore, la felicità e la sofferenza di chi vive accanto a disabili gravissimi. Non si tratta di associazioni cattoliche, e nemmeno di movimenti pro-life, co me i conduttori e gli autori di 'Vieni via con me' si ostinano a sostenere. Sono associazioni di persone che, al dilà delle differenti opinioni politiche, hanno in comune un’esperienza esi stenziale. Grazie a questa esperienza, hanno maturato consapevolezze che vorrebbero comunicare agli altri; dif ficilmente però riescono a farlo, in un mondo che accetta le diversità ormai solo nelle forme codificate del politi camente corretto, ma in realtà nella pratica quotidiana le espelle o le ghettizza.

Piergiorgio Welby scriveva, con imme diata efficacia, che «vita è la donna che ti ama, il vento tra i capelli, il sole sul viso, la passeggiata notturna con un a mico ». Persone come De Nigris, Fogar, Taliento, e tanti altri, se potessero ave re voce pubblica, racconterebbero che no, la vita per loro non è soltanto que sto: vita è anche un battito di ciglia che ha significato solo per chi lo sa inten dere, è l’amore di chi ti accudisce, la voce e le mani delle persone care, la speranza che i gesti di cura trasmetta no, in modo misterioso, calore e affet to al malato che sembra separato dal mondo.

Nessuno ha chiesto a Fazio e Saviano una forma di par condicio (peraltro ac cordata al ministro Maroni), non è in gioco la politica, l’ideologia, e nem meno la fede, ma soltanto il rispetto per vicende umane dolorose e insieme straordinariamente ricche. Facendo parlare queste storie si dissiperebbe, magari, anche qualche equivoco ter minologico e scientifico, imparando che le condizioni di estrema disabilità, come sono gli stati vegetativi, sono an cora poco esplorate dalla scienza, che non ha molte certezze da offrire.

Ma perché è stato scelto proprio il 9 febbraio per la giornata sugli stati ve getativi? L’intenzione è quella di supe rare le divisioni che si sono prodotte sul caso Englaro, e di unire tutti intor no a un obiettivo condiviso: promuo vere la ricerca e il sostegno ai malati e alle loro famiglie.

Non so cosa alla fine decideranno Fa zio e Saviano; però vorrei fin da oggi invitarli a partecipare alla prossima Giornata degli stati vegetativi, dove po tranno ascoltare quelli a cui finora han no negato uno spazio. Se verranno, for se si renderanno conto che non rico noscendo queste storie sin dal princi pio hanno perso una bella occasione.


Scienza&Vita: il Dna non detta un destino - il convegno - A dieci anni dal sequenziamento del genoma, speranze e rischi Contro ogni determinismo, Dellapiccola evidenzia l’effetto di ambiente e stili di vita. Romano: «Le persone non sono cose» - DA ROMA - PIER LUIGI FORNARI – Avvenire, 28 novembre 2010

La seconda giornata dell’incontro della associazione Scienza&Vita, dedicata al convegno '10 anni dopo il sequenziamento del genoma umano', mette in guardia dall’«assurdità» di qualsiasi tentativo di fondare un «determinismo » o un «riduzionismo » sulla base di quella importante scoperta scien tifica. In questa linea il co­presidente di Scienza&Vita, Lucio Romano, conclude il convegno con l’allarme lan ciato da Junger Habermas sul rischio della scomparsa, a causa della manipolazione degli embrioni, della «di stinzione tra 'persone' e 'cose'». Ai lavori del conve gno è stato presente il segre tario generale della Cei, il ve scovo Mariano Crociata.

«L’analisi delle criticità e merse in questo convegno – ha detto Romano – dimostra come sono stati curati nei minimi particolari quegli a spetti che Scienza&Vita co­niuga sempre nella sua azio ne: la dimensione della fede e quella della ragione. Sono le due ali, come ha afferma to la 'Fides et ratio', che ci permettono di riconoscere la verità». Così bisogna por tare avanti il compito della associazione: «Cultura, for mazione, informazione, educazione in uno spazio pre politico che poi confluisce naturalmente nella biopolitica ». Il genetista Bruno Dallapiccola, l’altro copresidente di Scienza&Vita, ha confutato qualsiasi determinismo genomico, per cui per dirla con una copertina di Time: 'Il nostro Dna non è il nostro destino', perché grande peso resta all’impatto dell’ambiente e degli stili di vita. Le promesse suscitate da questa grande scoperta scienti fica, ha sostenuto Dallapiccola in una lezione magi strale, saranno verificabili solo in un arco di tempo molto lungo di ricerca, mentre i rischi sono ora le speculazioni che promettono, ad esempio, l’individuazione del cromosoma x dell’autismo (inesistente), o il matrimonio felice su base genomica. C’è il rischio che la genomica predittiva crei mala ti immaginari, mentre lunga e difficile è la strada della farmacologica.

L’igiene sanitaria si è trasformata in medicina di sanità pubblica, ha spiegato Gualtiero Walter Ricciardi, do cente di questa disciplina al la Cattolica, anche per evita re che si ripetano casi, come quello di una giovane, suici da per aver saputo della sua suscettibilità al tumore alla mammella.

«Si sta tentando di scipparci e mistificare la dimensione degli affetti – ha ammonito Paola Binetti – per dipinger ci come coloro che in nome dei principi si servono di scoperte biologiche per riaffermare il potere della tecnica. Ma per noi difendere la vita è una battaglia d’amore».

La docente di bioetica della Cattolica, Maria Luisa Di Pietro ha analizzato con gran de attenzione le ambivalenze di una mentalità utilitaristica e riduttiva, con le sue nuove forme pervasive di eugenetica. «Mai può considerasi terminata la missione di creare cultura, con una ben precisa antropologia di riferimento – ha asserito –. Si deve tener il lume sempre ben acceso sulle nuove forme di rifiuto delle vite considerate non degne di essere vissute». «I genitori che amano i loro figli allettati, sanno che quel l’amore è la forza della vita», ha osservato Renza Barbon Galluppi, presidente della federazione malattie rare, narrando la sua esperienza dal la sofferenza della figlia al l’impegno organizzativo per sensibilizzare istituzioni e medici. «Serve coraggio per le battaglia giuste – ha affermato il direttore de 'Il Messaggero', Roberto Napoletano –: scuola, ricerca, informazione e divulgazione corrette ».


Biotestamento, lo strappo dell’Anci: «Legittimi i registri» - «Si tratta di una competenza dei Comuni». I giuristi Gambino e Marini: documenti senza fondamento di legge di Domenico Montalto – Avvenire, 28 novembre 2010

MILANO. I registri comunali di biotestamento sono legittimi. Lo sostiene l’Anci – l’Associazione dei comuni italiani – che in una nota tecnica pubblicata sul suo sito (www.anci.it) ribadisce «i presupposti della legittimità della istituzione e tenuta» degli elenchi per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di trattamento che ciascun cittadino intenda ricevere o rifiutare nelle situazioni in cui perda la capacità di esprimere una propria volontà sul fine vita. Secondo l’Anci, presieduta dal sindaco di Torino Sergio Chiamparino, «la questione di fondo è se, fermo restando che i Comuni non hanno certamente competenza in materia di 'fine vita', essi possano o meno istituire registri per raccogliere eventuali dichiarazioni relative alla fine vita e se si secondo quali modalità e limiti». La conclusione è che l’esistenza di tali registri può essere ricondotta allo svolgimento delle funzioni amministrative del Comune riguardanti «la popolazione e il territorio comunale, precipuamente nei settori organici dei servizi alla persona e alla comunità».

Si tratta di un parere «tecnico» senza alcun valore cogente, ma anche di un evidente e netto schiaffo politico al governo, che nei giorni scorsi – con una circolare emessa da ben tre ministeri,Welfare, Interno e Salute – aveva dichiarato «nulli» i registri, reputando che gli enti locali, stando alle norme del diritto pubblico, non possono arrogarsi una materia di «esclusiva competenza statale» e parlamentare. Chiaro il commento in merito del sottosegretario alla Salute Eugenia Rocella, che conferma il giudizio del governo: «Questi elenchi non sono affatto un servizio al cittadino, ma solo documenti che – in base alle nostre attuali leggi – non hanno alcuna efficacia. Siamo di fronte, perciò, a pura ideologia che si traduce in una presa in giro del cittadino, del quale questi registri violano, tra l’altro, i diritti di privacy e di consenso informato».

Secondo i costituzionalisti l’uscita dell’Anci è fuori luogo. Per Alberto Gambino, giurista e docente all’Università Europea di Roma, «l’attività delle amministrazioni locali deve seguire i principi di correttezza.

Tecnicamente, i municipi hanno facoltà di raccogliere atti notori, ma in questo caso tali atti non possono avere effetto perché manca una legislazione sul fine vita. Si tratta qui, dal punto di vista della finalità, di documenti inutili». Anche per Francesco Saverio Marini, docente all’Università di Tor Vergata, la posizione dell’Anci «è assolutamente criticabile perché fonda la propria competenza su un presupposto errato, ovvero che il Comune sia l’ente a competenza universale, cosa che non è vera. Questa competenza infatti non esiste, e quindi non può essere esercitata dai Comuni, che non a caso fanno qui appello ad appigli generici. Si tratta insomma di un’impostazione sbagliata, perché mancante del necessario passaggio normativo». «Inoltre – conclude Marini – con la tenuta di tali elenchi, i Comuni impiegano risorse pubbliche per competenze che non hanno, configurando quindi una palese violazione del principio di legalità».