lunedì 22 novembre 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    Domenica, 21.11.2010 - LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS         dal sito http://www.pontifex.roma.it
2)    IL PONTEFICE PREGA PER I CRISTIANI PERSEGUITATI NEL MONDO - Chiede che in ogni Paese si rispetti la libertà religiosa
3)    Il Papa, il preservativo e gli imbecilli pubblicata da Massimo Introvigne il giorno lunedì 22 novembre 2010
4)    NOTA VATICANA SULLE PAROLE DEL PONTEFICE SUL PRESERVATIVO - Comunicato di padre Federico Lombardi sul contributo del Papa al dibattito
5)    IL PAPA AMMETTE IL PRESERVATIVO IN “SINGOLI CASI GIUSTIFICATI”, MA NON CAMBIA IL MAGISTERO - Spiegazione vaticana delle parole che appariranno nel suo libro-intervista di Jesús Colina
6)    Preservativo ed errori: il Papa che non ti aspetti di Andrea Tornielli © IL GIORNALE ON LINE S.R.L. 22 novembre 2010
7)    La politica che serve. Subito Bernhard Scholz - lunedì 22 novembre 2010 – il sussidiario.net
8)    ASSEMBLEA CDO/ Uomini all’opera contro l’immobilismo dei falsi moralisti. GUARDA IL TG Redazione - lunedì 22 novembre 2010 – il sussidiario.net
9)    PAPA/ Gotti Tedeschi: così Benedetto sfida il relativismo e difende la ragione - INT. Ettore Gotti Tedeschi - lunedì 22 novembre 2010 – il sussidiario.net
10)                      Robiola, federalismo e solidarietà ad Alleanza Cattolica (prego leggere tutto il testo) pubblicata da Massimo Introvigne il giorno lunedì 22 novembre 2010
11)                      Il Secolo XIX - Sabato è il giorno della spesa solidale - 22 novembre 2010   | Debora Badinelli dal sito http://www.ilsecoloxix.it
12)                      “Teen moms”. Storie di ragazze madri e vita vera - November 22nd, 2010 di Carlo Bellieni dal sito http://carlobellieni.com/

Domenica, 21.11.2010 - LE PAROLE DEL PAPA ALLA RECITA DELL’ANGELUS         dal sito http://www.pontifex.roma.it
Al termine della Concelebrazione eucaristica con i nuovi Cardinali creati nel Concistoro di ieri, il Santo Padre Benedetto XVI si affaccia alla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli ed i pellegrini convenuti in Piazza San Pietro per il consueto appuntamento domenicale. Queste le parole del Papa nell’introdurre la preghiera mariana: ! PRIMA DELL’ANGELUS Cari fratelli e sorelle! Si è appena conclusa, nella Basilica Vaticana, la Liturgia di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, concelebrata anche dai 24 nuovi Cardinali, creati nel Concistoro di ieri. La solennità di Cristo Re venne istituita dal Papa Pio XI nel 1925 e, in seguito, dopo il Concilio Vaticano II, venne collocata a conclusione dell’anno liturgico. Il Vangelo di san Luca presenta, come in un grande quadro, la regalità di Gesù nel momento della crocifissione. I capi del popolo e i soldati deridono “il primogenito di tutta la creazione” (Col 1,15) e lo mettono alla prova per vedere se Egli ha il potere di salvare se stesso dalla morte (cfr Lc 23,35-37). Eppure, proprio “sulla croce Gesù è all’«altezza» di Dio, che è Amore. Lì si può «conoscerlo». […] Gesù ci dà la «vita» perché ci dà Dio. Ce lo può dare perché è Egli stesso una cosa sola con Dio” BOLLETTINO N. 0722 - 21.11.2010 2 (BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, Milano 2007, 399.404). Infatti, mentre il Signore sembra confondersi tra due malfattori, uno di essi, consapevole dei propri peccati, si apre alla verità, giunge alla fede e prega “il re dei Giudei”: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23,42). Da Colui che “è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono” (Col 1,17) il cosiddetto “buon ladrone” riceve immediatamente il perdono e la gioia di entrare nel Regno dei Cieli. “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso” (Lc 23,43). Con queste parole, Gesù, dal trono della croce, accoglie ogni uomo con infinita misericordia. Sant’Ambrogio commenta che questo “è un bell’esempio della conversione a cui bisogna aspirare: ben presto al ladrone viene concesso il perdono, e la grazia è più abbondante della richiesta; il Signore, infatti – dice Ambrogio – accorda sempre di più di quello che si chiede […] La vita è stare con Cristo, perché dove c’è Cristo là c’è il Regno” (Expositio Ev. sec. Lucam X, 121: CCL 14, 379). Cari amici, la via dell’amore, che il Signore ci rivela e che ci invita a percorrere, la possiamo contemplare anche nell’arte cristiana. Infatti, anticamente, “nella conformazione degli edifici sacri […] diventò abituale rappresentare sul lato orientale il Signore che ritorna come re - l’immagine della speranza - [e …] sul lato occidentale […] il Giudizio finale come immagine della responsabilità per la nostra vita” (Enc. Spe salvi, 41): speranza nell’amore infinito di Dio e impegno di ordinare la nostra vita secondo l’amore di Dio. Quando contempliamo le raffigurazioni di Gesù ispirate al Nuovo Testamento – come insegna un antico Concilio – siamo condotti a “comprendere […] la sublimità dell’umiliazione del Verbo di Dio e […] a ricordare la sua vita nella carne, la sua passione e morte salvifica, e la redenzione che di lì è derivata al mondo” (Concilio in Trullo [anno 691 o 692], can. 82). “Sì, ne abbiamo bisogno, proprio per […] diventare capaci di riconoscere nel cuore trafitto del Crocifisso il mistero di Dio” (J. RATZINGER, Teologia della liturgia. La fondazione sacramentale dell’esistenza cristiana, LEV 2010, 69). Alla Vergine Maria, nell’odierna ricorrenza della sua Presentazione al Tempio, affidiamo i neo-Porporati del Collegio Cardinalizio e il nostro pellegrinaggio terreno verso l’eternità. [01651-01.01] [Testo originale: Italiano] ! DOPO L’ANGELUS Nell’odierna memoria della Presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria, la Chiesa si stringe con particolare affetto alle monache e ai monaci di clausura: è la “Giornata pro Orantibus”, che rinnova anche l’invito a sostenere concretamente queste comunità. Ad esse imparto di cuore la mia benedizione. Oggi ricorre anche la “Giornata delle vittime della strada”. Mentre assicuro il mio ricordo nella preghiera, incoraggio a proseguire nell’impegno della prevenzione, che sta dando buoni risultati, ricordando sempre che la prudenza e il rispetto delle norme sono la prima forma di tutela di sé e degli altri. Je salue cordialement les pèlerins francophones, en particulier ceux qui ont accompagné les nouveaux Cardinaux. Nous célébrons aujourd’hui la Solennité du Christ Roi de l’univers. Le Fils de Dieu, vainqueur du péché et de la mort, règne humblement sur les hommes de toutes les races et de tous les peuples, par la puissance et la grandeur de son amour. Accueillant son règne dans nos coeurs et dans nos familles, nous devenons les artisans d’un monde de fraternité, de justice BOLLETTINO N. 0722 - 21.11.2010 3 et de paix. Puisse le Christ Roi de l’Univers, bénir et protéger toute l’humanité ! Bonne fête et bon pèlerinage à tous ! I extend a warm welcome to the English-speaking visitors here today. I greet especially those who have travelled to Rome in order to be present for this weekend’s Consistory, and to pray for the twenty-four new Cardinals. And I greet the groups of pilgrims from Saint Anne’s parish, Orange, California, from Immaculate Conception Church, Los Angeles, California, and Saint Patrick’s Parish in London. On this feast of Christ the King, we ask the Lord to guide our efforts to proclaim the good news of his Kingdom to people everywhere. Upon all of you, and upon your families and loved ones at home, I invoke God’s abundant blessings. Mit Freude grüße ich alle deutschsprachigen Brüder und Schwestern, besonders die Pilger aus der Schweiz und aus Deutschland, die anläßlich des Konsistoriums der Kardinäle nach Rom gekommen sind. Am letzten Sonntag des Kirchenjahres schauen wir auf Christus, den König auf dem Kreuzesthron. Das Kreuz offenbart uns Gottes wahre Herrschaft: keine Macht der Gewalt, sondern die Macht des Erbarmens und der Liebe, die alle verwandelt und zu wirklich freien Menschen macht. Als getaufte Christen wollen wir am Aufbau seines Reiches der Gerechtigkeit, des Friedens und der Liebe mitarbeiten. Dabei stärke euch der Heilige Geist. Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española. De modo especial, a los Obispos, sacerdotes, religiosas, religiosos y fieles que habéis venido de Ecuador y España, acompañando a los nuevos Cardenales. Pidamos al Espíritu Santo, por intercesión de la Madre de la Iglesia, María Santísima, que los sostenga e ilumine con su gracia para que, llenos de amor a Dios y estrechamente unidos al Sucesor de Pedro, continúen entregando fielmente su vida al servicio de Dios y de los hombres, y así poder un día participar de su Reino. Feliz domingo. Dirijo uma cordial saudação a todos os peregrinos de língua portuguesa, nomeadamente aos brasileiros que vieram participar do Consistório para a Criação de novos Cardeais. Peçamos à Nossa Senhora que interceda junto ao Seu Filho, Rei do Universo, para que esta seja uma ocasião de reafirmar a unidade e a catolicidade da Igreja. Pozdrawiam pielgrzymów z Polski, a szczególnie tych, którzy towarzyszą Kardynałowi Arcybiskupowi Warszawy. Wspierajcie modlitwą i życzliwością jego i wszystkich waszych Biskupów. Dziś w Polsce po raz dziesiąty rusza akcja „Szlachetna paczka”. Niech rozwija się to dzieło miłosierdzia dla dobra potrzebujących i tych, którzy przychodzą im z pomocą. Niech wszystkim Bóg błogosławi. [Saluto i pellegrini provenienti dalla Polonia, e in particolare coloro che accompagnano il Cardinale Arcivescovo di Varsavia. Sostenete con la preghiera e con la benevolenza lui e tutti i vostri Vescovi. Oggi in Polonia per la decima volta inizia l’azione “Pacchetto nobile”. Si sviluppi quest’opera di misericordia per il bene dei bisognosi e di coloro che portano aiuto. Dio benedica tutti. ] Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, specialmente a quelli venuti per rendere omaggio ai nuovi Cardinali. Sono lieto di salutare la qualificata rappresentanza dell’Arma dei Carabinieri, guidata dal Comandante Generale e dall’Ordinario Militare, in BOLLETTINO N. 0722 - 21.11.2010 4 occasione della festa di Maria Santissima, venerata quale Patrona col titolo di Virgo Fidelis. Saluto i volontari del “Banco Alimentare”, presenti per chiedere la benedizione prima della colletta nazionale che avrà luogo sabato prossimo; come pure il gruppo parrocchiale da Cagliari. A tutti auguro una buona domenica. [01652-XX.01] [Testo originale: Plurilingue] [B0722-XX.01]


IL PONTEFICE PREGA PER I CRISTIANI PERSEGUITATI NEL MONDO - Chiede che in ogni Paese si rispetti la libertà religiosa

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 novembre 2010 (ZENIT.org).- Benedetto XVI si è voluto unire questa domenica alle comunità che pregano per i cristiani perseguitati nel mondo.

Nei suoi saluti dopo la recita della preghiera mariana dell'Angelus, il Pontefice ha ricordato che questa domenica in Italia, su invito dei Vescovi, le comunità ecclesiali pregavano “per i cristiani che soffrono persecuzioni e discriminazioni, specialmente in Iraq”.

“Mi unisco a questa corale invocazione al Dio della vita e della pace, affinché in ogni parte del mondo sia assicurata a tutti la libertà religiosa – ha dichiarato –. Sono vicino a questi fratelli e sorelle per l’alta testimonianza di fede che rendono a Dio”.

Nei giorni scorsi (cfr. ZENIT, 19 novembre 2010), il Papa ha inviato un suo stretto collaboratore, l'Arcivescovo Fernando Filoni, Sostituto della Segreteria di Stato, al Policlinico Agostino Gemelli di Roma per portare la sua vicinanza e solidarietà a una quarantina di vittime dell'attentato del 31 ottobre alla Cattedrale siro-cattolica di Baghdad che vi sono ricoverate per ricevere le cure necessarie.

Nella giornata della memoria della Presentazione al Tempio della Beata Vergine Maria, ha proseguito il Pontefice, “la Chiesa si stringe con particolare affetto alle monache e ai monaci di clausura: è la 'Giornata pro Orantibus', che rinnova anche l’invito a sostenere concretamente queste comunità”.

Il Papa ha poi ricordato che questa domenica ricorreva anche la “Giornata delle vittime della strada”.

“Mentre assicuro il mio ricordo nella preghiera, incoraggio a proseguire nell’impegno della prevenzione, che sta dando buoni risultati, ricordando sempre che la prudenza e il rispetto delle norme sono la prima forma di tutela di sé e degli altri”, ha osservato.

Nel suo saluto in lingua spagnola, il Pontefice si è infine detto “vicino alle vittime delle piogge torrenziali che negli ultimi giorni hanno devastato gran parte della Colombia”.

“Auspicando che gli appelli alla solidarietà vengano ascoltati, mi unisco a quanti elevano preghiere al Signore per le vittime e a quanti stanno vivendo ore di angoscia e tribolazione”, ha aggiunto.

Tra i gruppi che il Vescovo di Roma ha salutato dalla finestra del suo studio nel Palazzo Apostolico Vaticano, c'erano i volontari del “Banco Alimentare”, presenti per chiedere la benedizione prima della colletta nazionale che avrà luogo sabato prossimo.


Il Papa, il preservativo e gli imbecilli pubblicata da Massimo Introvigne il giorno lunedì 22 novembre 2010

In settimana, quando esce il libro-intervista del Papa, ne parleremo come merita. Oggi invece parliamo di imbecilli. Dalle associazioni gay a qualche cosiddetto tradizionalista, tutti a dire che il Papa ha cambiato la tradizionale dottrina cattolica sugli anticoncezionali. Titoli a nove colonne sulle prime pagine. Esultanza dell’ONU. Commentatori che ci spiegano come il Papa abbia ammesso che è meglio che le prostitute si proteggano con il preservativo da gravidanze indesiderate: e però, se si comincia con le prostitute, come non estendere il principio ad altre donne povere e non in grado di allevare figli, e poi via via a tutti?
Peccato, però, che – come spesso capita – i commentatori si siano lasciati andare a commentare sulla base di lanci d’agenzia, senza leggere la pagina integrale sul tema dell’intervista di Benedetto XVI, che pure fa parte delle anticipazioni trasmesse ai giornalisti. Il Papa, in tema di lotta all’AIDS,  afferma che la «fissazione assoluta sul preservativo implica una banalizzazione della sessualità», e che «la lotta contro la banalizzazione della sessualità è anche parte della lotta per garantire che la sessualità sia considerata come un valore positivo». Nel paragrafo successivo – traducendo correttamente dall’originale tedesco – Benedetto XVI continua: «Ci può essere un fondamento nel caso di alcuni individui, come quando un prostituto usi il preservativo (wenn etwa ein Prostituierter ein Kondom verwendet), e questo può essere un primo passo nella direzione di una moralizzazione, una prima assunzione di responsabilità, sulla strada del recupero della consapevolezza che non tutto è consentito e che non si può fare ciò che si vuole. Ma non è davvero il modo di affrontare il male dell'infezione da HIV. Questo può basarsi solo su di una umanizzazione della sessualità».
Non so se il testo italiano che uscirà tradurrà correttamente «un prostituto», come da originale tedesco, o riporterà – come in alcune anticipazioni giornalistiche italiane - «una prostituta». «Prostituto», al maschile, è cattivo italiano ma è l’unica tradizione di «Prostituierter», e se si mette la parola al femminile l’intera frase del Papa non ha più senso. Infatti le prostitute donne ovviamente non «usano» il preservativo: al massimo lo fanno usare ai loro clienti.  Il Papa ha in mente proprio la prostituzione maschile, dove spesso – come riporta la letteratura scientifica in materia – i clienti insistono perché i «prostituti» non usino il preservativo, e dove molti «prostituti» - clamoroso il caso di Haiti, a lungo un paradiso del turismo omosessuale – soffrono di AIDS e infettano centinaia di clienti, molti dei quali muoiono.  Qualcuno potrebbe dire che «prostituto» si applica anche al gigolò eterosessuale che si accompagna a pagamento con donne: ma l’argomento sarebbe capzioso perché è tra i «prostituti» omosessuali che l’AIDS è notoriamente epidemico.
Stabilito dunque che le gravidanze non c’entrano, perché dalla prostituzione omosessuale è un po’ difficile che nascano bambini, il Papa non dice nulla di rivoluzionario. Un «prostituto» che ha un rapporto mercenario con un omosessuale – per la verità, chiunque abbia un rapporto sessuale con una persona dello stesso sesso – commette dal punto di vista cattolico un peccato mortale. Se però, consapevole di avere l’AIDS, infetta il suo cliente sapendo d’infettarlo, oltre al peccato mortale contro il sesto comandamento ne commette anche uno contro il quinto, perché si tratta di omicidio, almeno tentato. Commettere un peccato mortale o due non è la stessa cosa, e anche nei peccati mortali. c’è una gradazione. L’immoralità è un peccato grave, ma l’immoralità unita all’omicidio lo è di più.
Un «prostituto» omosessuale affetto da AIDS che infetta sistematicamente i suoi clienti è un peccatore insieme immorale e omicida. Se colto da scrupoli decide di fare quello che – a torto o a ragione (il problema dell’efficacia del preservativo nel rapporto omosessuale non è più morale ma scientifico) – gli sembra possa ridurre il rischio di commettere un omicidio non è improvvisamente diventato una brava persona, ma ha compiuto «un primo passo» - certo insufficiente e parzialissimo – verso la resipicenza. Di Barbablù (Gilles de Rais, 1404-1440) si dice che attirasse i bambini, avesse rapporti sessuali con loro e poi li uccidesse. Se a un certo punto avesse deciso di continuare a fare brutte cose con i bambini ma poi, anziché ucciderli, li avesse lasciati andare, questo «primo passo» non sarebbe stato assolutamente sufficiente a farlo diventare una persona morale. Ma possiamo dire che sarebbe stato assolutamente irrilevante? Certamente i genitori di quei bambini avrebbero preferito riaverli indietro vivi.
Dunque se un  «prostituto» assassino a un certo punto, restando «prostituto», decide di non essere più assassino,  questo «può essere un primo passo».  «Ma – come dice il Papa - questo non è davvero il modo di affrontare il male dell'infezione da HIV». Bisognerebbe piuttosto smettere di fare i «prostituti», e di trovare clienti. Dove stanno la novità e lo scandalo se non nella malizia di qualche commentatore? Al proposito, vince il premio per il titolo più imbecille il primo lancio della Associated Press, versione in lingua inglese (poi per fortuna corretto, ma lo trovate ancora indicizzato su Yahoo con questo titolo): «Il Papa: la prostituzione maschile è ammissibile, purché si usi il preservativo».


NOTA VATICANA SULLE PAROLE DEL PONTEFICE SUL PRESERVATIVO - Comunicato di padre Federico Lombardi sul contributo del Papa al dibattito

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 novembre 2010 (ZENIT.org).- Pubblichiamo la nota emessa questa domenica da padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, sul preservativo nel libro-intervista “Luce del mondo”, la cui distribuzione inizierà martedì 23 novembre. Questo sabato, un passo di queste dichiarazioni è stato diffuso da “L'Osservatore Romano”, suscitando enorme interesse tra i mezzi di comunicazione di tutto il mondo.

* * *


Alla fine del capitolo 10 del libro “Luce del mondo”, il Papa risponde a due domande circa la lotta contro l’AIDS e l’uso del profilattico, domande che si ricollegano alla discussione seguita ad alcune parole pronunciate dal Papa sul tema nel corso del suo viaggio in Africa nel 2009.

Il Papa ribadisce chiaramente che egli allora non aveva voluto prendere posizione sul problema dei profilattici in generale, ma aveva voluto affermare con forza che il problema dell’AIDS non si può risolvere con la sola distribuzione di profilattici, perché bisogna fare molto di più: prevenire, educare, aiutare, consigliare, stare vicini alle persone, sia affinché non si ammalino sia nel caso che siano ammalate.

Il Papa osserva che anche nell’ambito non ecclesiale si è sviluppata una analoga consapevolezza, come appare dalla cosiddetta teoria ABC (Abstinence – Be Faithful – Condom), in cui i primi due elementi (astinenza e fedeltà) sono molto più determinanti e fondamentali per la lotta all’AIDS, mentre il profilattico appare in ultimo luogo come scappatoia, quando mancano gli altri due. Deve essere quindi chiaro che il profilattico non è la soluzione del problema.

Il Papa allarga poi lo sguardo e insiste sul fatto che concentrarsi solo sul profilattico equivale a banalizzare la sessualità, che perde il suo significato come espressione di amore fra persone e diventa come una “droga”. Lottare contro la banalizzazione della sessualità è “parte del grande sforzo perché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità”.

Alla luce di questa visione ampia e profonda della sessualità umana e della sua problematica odierna, il Papa riafferma che “naturalmente la Chiesa non considera i profilattici come la soluzione autentica e morale” del problema dell’AIDS.

Con ciò il Papa non riforma o cambia l’insegnamento della Chiesa, ma lo riafferma mettendosi nella prospettiva del valore e della dignità della sessualità umana come espressione di amore e responsabilità.

Allo stesso tempo il Papa considera una situazione eccezionale in cui l’esercizio della sessualità rappresenti un vero rischio per la vita dell’altro. In tal caso, il Papa non giustifica moralmente l’esercizio disordinato della sessualità, ma ritiene che l’uso del profilattico per diminuire il pericolo di contagio sia “un primo atto di responsabilità”, “un primo passo sulla strada verso una sessualità più umana”, piuttosto che il non farne uso esponendo l’altro al rischio della vita.

In ciò, il ragionamento del Papa non può essere certo definito una svolta rivoluzionaria.
Numerosi teologi morali e autorevoli personalità ecclesiastiche hanno sostenuto e sostengono posizioni analoghe; è vero tuttavia che non le avevamo ancora ascoltate con tanta chiarezza dalla bocca di un Papa, anche se in una forma colloquiale e non magisteriale.

Benedetto XVI ci dà quindi con coraggio un contributo importante di chiarificazione e approfondimento su una questione lungamente dibattuta. E’ un contributo originale, perché da una parte tiene alla fedeltà ai principi morali e dimostra lucidità nel rifiutare una via illusoria come la “fiducia nel profilattico”; dall’altra manifesta però una visione comprensiva e lungimirante, attenta a scoprire i piccoli passi – anche se solo iniziali e ancora confusi - di una umanità spiritualmente e culturalmente spesso poverissima, verso un esercizio più umano e responsabile della sessualità.


IL PAPA AMMETTE IL PRESERVATIVO IN “SINGOLI CASI GIUSTIFICATI”, MA NON CAMBIA IL MAGISTERO - Spiegazione vaticana delle parole che appariranno nel suo libro-intervista di Jesús Colina

CITTA' DEL VATICANO, domenica, 21 novembre 2010 (ZENIT.org).- Le parole di Benedetto XVI nel libro-intervista di prossima pubblicazione ammettono l'uso del preservativo in “singoli casi giustificati”, ma non rappresentano “una svolta rivoluzionaria” nell'insegnamento della Chiesa, essendo piuttosto una conferma dei suoi principi.

Lo ha spiegato padre Federico Lombardi S.I., direttore della Sala Stampa della Santa Sede, in un comunicato emesso questa domenica per commentare la gran quantità di informazioni diffuse in tutto il mondo dopo che questo sabato “L'Osservatore Romano” ha anticipato le parole che il Papa dedica alla sessualità nel libro-intervista “Luce del mondo”.

Alla fine del decimo capitolo del volume, dello scrittore e giornalista tedesco Peter Seewald e in vendita dal 23 novembre in varie lingue, il Pontefice risponde a due domande sulla lotta all'Aids e sull'uso del preservativo, che richiamano la discussione seguita alle parole pronunciate dal Papa sull'aereo che lo portava in Camerun e Angola il 17 marzo 2009 (http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2009/march/documents/hf_ben-xvi_spe_20090317_africa-interview_it.html ).

Con le dichiarazioni pubblicate dal libro, sottolinea il portavoce vaticano, “il Papa non riforma o cambia l’insegnamento della Chiesa, ma lo riafferma mettendosi nella prospettiva del valore e della dignità della sessualità umana come espressione di amore e responsabilità”.

“Allo stesso tempo – aggiunge – il Papa considera una situazione eccezionale in cui l’esercizio della sessualità rappresenti un vero rischio per la vita dell’altro. In tal caso, il Papa non giustifica moralmente l’esercizio disordinato della sessualità, ma ritiene che l’uso del profilattico per diminuire il pericolo di contagio sia 'un primo atto di responsabilità', 'un primo passo sulla strada verso una sessualità più umana', piuttosto che il non farne uso esponendo l’altro al rischio della vita”.

“In ciò, il ragionamento del Papa non può essere certo definito una svolta rivoluzionaria”, afferma padre Lombardi.

Il portavoce ricorda infatti che “numerosi teologi morali e autorevoli personalità ecclesiastiche hanno sostenuto e sostengono posizioni analoghe”.

Padre Lombardi non cita nomi, ma spicca quello del Cardinale Georges Cottier, che è stato teologo della Casa Pontificia di Giovanni Paolo II e dello stesso Benedetto XVI e in un'intervista concessa all'agenzia Apcom il 31 gennaio 2005 ha affermato che “in particolari situazioni, e penso agli ambienti dove circola tanta droga, dove esiste una grande promiscuità umana e dove questa promiscuità si associa ad una grande miseria, come per esempio in zone dell'Africa o dell'Asia, dove la gente è prigioniera di questa condizione, ecco che in questo caso l'uso del condom può essere considerato legittimo”.

Su questo argomento, il Cardinale Javier Lozano Barragán, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per la Pastorale della Salute, ha annunciato in una conferenza stampa il 21 novembre 2006 la consegna di uno studio sul tema alla Congregazione per la Dottrina della Fede, in risposta all'interesse del Papa.

“Humanae Vitae” oggi

Le anticipazioni de “L'Osservatore Romano” presentano anche un apprezzamento del Papa sulla “Humanae vitae”, l'Enciclica pubblicata da Paolo VI su questi temi il 25 luglio 1968.

“Le prospettive della 'Humanae vitae' restano valide, ma altra cosa è trovare strade umanamente percorribili – afferma il Pontefice –. Credo che ci saranno sempre delle minoranze intimamente persuase della giustezza di quelle prospettive e che, vivendole, ne rimarranno pienamente appagate così da diventare per altri affascinante modello da seguire. Siamo peccatori”.

“Ma non dovremmo assumere questo fatto come istanza contro la verità, quando cioè quella morale alta non viene vissuta. Dovremmo cercare di fare tutto il bene possibile, e sorreggerci e sopportarci a vicenda. Esprimere tutto questo anche dal punto di vista pastorale, teologico e concettuale nel contesto dell'attuale sessuologia e ricerca antropologica è un grande compito al quale bisogna dedicarsi di più e meglio”, aggiunge.

Contributo originale

Dopo aver chiarito che il Papa ha confermato il Magistero esposto finora, riferendosi alle parole sull'uso del preservativo in “singoli casi giustificati” padre Lombardi afferma nel suo comunicato che non si erano “ancora ascoltate con tanta chiarezza dalla bocca di un Papa, anche se in una forma colloquiale e non magisteriale”.

Con queste nuove dichiarazioni, considera la nota del portavoce, “Benedetto XVI ci dà quindi con coraggio un contributo importante di chiarificazione e approfondimento su una questione lungamente dibattuta”.

“E’ un contributo originale – indica –, perché da una parte tiene alla fedeltà ai principi morali e dimostra lucidità nel rifiutare una via illusoria come la 'fiducia nel profilattico'; dall’altra manifesta però una visione comprensiva e lungimirante, attenta a scoprire i piccoli passi – anche se solo iniziali e ancora confusi – di una umanità spiritualmente e culturalmente spesso poverissima, verso un esercizio più umano e responsabile della sessualità”.

Riferendosi alle parole che il Papa ha pronunciato nel suo viaggio in Africa, Lombardi osserva che questo nuovo intervento del Successore di Pietro “ribadisce chiaramente che egli allora non aveva voluto prendere posizione sul problema dei profilattici in generale, ma aveva voluto affermare con forza che il problema dell’AIDS non si può risolvere con la sola distribuzione di profilattici, perché bisogna fare molto di più: prevenire, educare, aiutare, consigliare, stare vicini alle persone, sia affinché non si ammalino sia nel caso che siano ammalate”.

Il Vescovo di Roma “osserva che anche nell’ambito non ecclesiale si è sviluppata una analoga consapevolezza, come appare dalla cosiddetta teoria ABC (Abstinence – Be Faithful – Condom), in cui i primi due elementi (astinenza e fedeltà) sono molto più determinanti e fondamentali per la lotta all’AIDS, mentre il profilattico appare in ultimo luogo come scappatoia, quando mancano gli altri due. Deve essere quindi chiaro che il profilattico non è la soluzione del problema”.

Secondo padre Lombardi, il Papa allarga “lo sguardo e insiste sul fatto che concentrarsi solo sul profilattico equivale a banalizzare la sessualità, che perde il suo significato come espressione di amore fra persone e diventa come una 'droga'”.

“Lottare contro la banalizzazione della sessualità è 'parte del grande sforzo perché la sessualità venga valutata positivamente e possa esercitare il suo effetto positivo sull’essere umano nella sua totalità'”, sottolinea.

Preservativo ed errori: il Papa che non ti aspetti di Andrea Tornielli © IL GIORNALE ON LINE S.R.L. 22 novembre 2010

Giustifica in alcuni casi il preservativo e ammette di aver sbagliato togliendo la scomunica a un vescovo negazionista: il Papa smentisce chi lo immagina teologo rigido e nostalgico custode di verità astratte
È un Papa che non t’aspetti. O meglio, un Papa che non si aspettano coloro che lo hanno sempre dipinto come il «panzerkardinal», fornendone, talvolta interessatamente, un’immagine distorta: quella di uomo nostalgico del passato, custode inflessibile di verità astratte sbattute in faccia all’uomo moderno pieno di dubbi e di drammi. Dalle pagine del bel libro-intervista con Benedetto XVI scritto da Peter Seewald, Luce del mondo, in libreria da domani, emerge invece tutta l’umanità e l’indole del pastore.
È vero, Joseph Ratzinger è un professore, un accademico, un intellettuale profondo, ma chi ne segue il magistero – che non si esaurisce nella parola, è fatto anche di incontri e di esempi – non si stupisce nel ritrovare nel libro la semplicità di un Papa che accetta di parlare delle sue fragilità, che ammette errori, che ribadisce di non essere infallibile se non quando parla ex Cathedra, che si definisce «un mendicante» e non «un monarca assoluto». Un Papa che su molti giornali passa per essere un ferreo inquisitore, e che invece mostra di aver riflettuto e di condividere in fondo quanto sono andati dicendo alcuni cardinali e teologi negli ultimi anni in merito al preservativo.
Si badi bene, la dottrina cattolica in merito al condom non cambia: l’anticipazione un po’ decontestualizzata che sabato è stata pubblicata su L’Osservatore Romano (mancava la domanda e mancavano la successiva domanda di Seewald e la seconda risposta del Pontefice sull’argomento) era riferita alle polemiche sorte nel marzo 2009, dopo l’intervista di Benedetto XVI sull’aereo che lo portava in Camerun, quando il Papa aveva spiegato di non ritenere la distribuzione di profilattici la risposta più adeguata ed efficace per combattere l’Aids. Un concetto che viene nuovamente ribadito nel libro, insieme alla riproposizione dell’insegnamento dell’enciclica Humanae vitae, con la quale Paolo VI nel 1968 definì illeciti gli anticoncezionali. Ratzinger non ha dunque «assolto» l’uso del preservativo, non ha cambiato la dottrina, ma ha autorevolmente spiegato – come nessun Pontefice aveva fatto – che in certi casi, e quello di rapporti sessuali nell’ambito della prostituzione (femminile secondo il testo italiano, tradotto non correttamente, maschile nell’originale tedesco) con uno dei partner sieropositivo, il profilattico potrebbe essere giustificato. E rappresenti «un primo atto di responsabilità», «un primo passo sulla strada verso una sessualità più umana», da preferire al fatto di non farne uso esponendo l’altro al rischio della vita.
Ma il Papa ha ben presenti non soltanto le miserie altrui. Non esita infatti a presentare se stesso all’opposto di un monarca o di un potente faraone. «Ricordati – è la frase di San Bernardo che Ratzinger fa propria – che non sei il successore dell’imperatore Costantino, ma sei il successore di un pescatore». Vicario di Cristo, ma non superman. Esposto agli errori, come quello che il Papa riconosce nella gestione del caso del vescovo negazionista lefebvriano Williamson, dicendo che se avesse saputo delle sue posizioni non gli avrebbe tolto la scomunica.
Capace di parlare con grande semplicità delle sue possibili dimissioni: «Se un Papa si rende conto con chiarezza che non è più capace, fisicamente, psicologicamente e spiritualmente, di assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune circostanze, anche l’obbligo, di dimettersi». Aggiungendo però anche che «Quando il pericolo è grande non si deve scappare via», e dunque proprio per questo «ora certamente non è il tempo di dimettersi».
Capace di ricordare che l’infallibilità pontificia entra in gioco molto raramente, come nel caso delle definizioni dogmatiche: «In determinate circostanze e a determinate condizioni, il Papa può prendere decisioni in ultimo vincolanti grazie alle quali diviene chiaro cosa è la fede della Chiesa, e cosa non è. Il che non significa che il Papa possa di continuo produrre “infallibilità”».
Benedetto XVI ieri mattina, consegnando l’anello ai 24 nuovi porporati, ha detto loro che il ministero di Pietro come il loro «è difficile perché non si allinea al modo di pensare degli uomini». Sarebbe dunque sbagliato leggere nelle preziose pagine del libro l’«operazione simpatia» di un teologo che vuole apparire a tutti i costi in sintonia con il mondo. Al contrario. Proprio la fedeltà al messaggio cristiano, porta il Papa a far propria la stessa compassione di Gesù verso le miserie umane altrui e proprie, nella coscienza che la verità cristiana non consiste in un pacchetto di dogmi o di formulazioni astratte da brandire come una spada in faccia al mondo, ma nell’incontro possibile oggi con quel Gesù che prima di giudicare, ha amato.
© IL GIORNALE ON LINE S.R.L.


La politica che serve. Subito Bernhard Scholz - lunedì 22 novembre 2010 – il sussidiario.net

Guarda il Tg de ilsussidiario.net con interviste e approfondimenti sull’assemblea nazionale della Cdo “Una responsabilità che cresce con la forza dell’origine”, tenutasi ieri a Milano

La politica che serve al Paese non è quella che abbiamo visto negli ultimi mesi. Una certa classe politica si è staccata dalle esigenze dei cittadini, confermando la sua lontananza dalla reale base popolare e diventando sempre più autoreferenziale.
 
Assistiamo ad un circolo vizioso fra autoaffermazioni senza contenuti e rappresentazioni mediatiche senza valore. Proprio in un momento di crisi economica e finanziaria il bene comune, che chi ha una responsabilità politica deve servire, è diventato una variabile, cedendo il campo ad altri interessi personali e partitici. Ad aggravare la situazione, si aggiunge l’influenza dei media che distraggono continuamente dalla realtà e stimolano una strumentale emotività, indebolendo in questo modo il più prezioso patrimonio civile che è l’educazione.

Ma questa crisi politica ha la sua origine anche nella pretesa di risolvere i problemi affidandosi esclusivamente alla forza del potere, appunto, politico. Siamo di fronte quindi ad un problema più profondo, ad una perdita di un metodo nel fare politica, che non riconosce più il primato della società e che non è radicato nell’esperienza reale del popolo.

Nel suo discorso alla Democrazia Cristiana ad Assago nel 1987, Don Giussani ha citato Pasolini con la costatazione che «uno Stato di potere, cosi come tante volte ne abbiamo testimonianza oggi, è immodificabile; lascia, al massimo, spazio all’utopia perché non dura, o alla nostalgia individuale perché è impotente». E continua: «Politica vera, al contrario, è quella che difende una novità di vita nel presente, capace di modificare anche l’assetto del potere. Cosi, la politica deve decidere se favorire la società esclusivamente come strumento - manipolazione di uno Stato e del suo potere - oppure favorire uno Stato che sia veramente laico, cioè al servizio della vita sociale secondo il concetto tomistico di “bene comune”…».

La vita della società è fatta di migliaia e migliaia di famiglie che stanno mantenendo il tessuto sociale di questo paese, anche con i loro risparmi che compensano, tra l’altro, l’enorme debito pubblico. La vita sociale è fatta di migliaia e migliaia di imprese profit e non profit che lottano giorno per giorno per affermarsi sui mercati nazionali e internazionali, facendo sforzi immani per non licenziare nessuno. Ed è fatta di aggregazioni sociali, che liberamente rispondono al bisogno che incontrano, contribuendo alla “tenuta sociale” del nostro Paese.

L’Italia funziona ancora ed è rimasta, nonostante tutto, fra le prime nazioni industrializzate, perché c’è un popolo vivo che lavora. Il metodo è uno solo: ripartire dalla società civile, valorizzare le sue energie e il suo senso di responsabilità. E l’Intergruppo per la sussidiarietà, che proprio in questi giorni di confusione ha promosso, con la collaborazione scientifica della Fondazione per la Sussidiarietà, un momento di autorevole confronto, dimostra che questa strada è possibile e percorribile.

La situazione delle famiglie, delle imprese e di tutti i corpi intermedi richiede che si volti pagina:
- Il paese ha bisogno di un governo autorevole e coeso e di un’opposizione propositiva e costruttiva;

- Urgenti sono riforme che favoriscano il lavoro, liberino le imprese, sostengano la famiglia, rendano il fisco più giusto e meno oppressivo;

- Non si può più aspettare ad introdurre la sussidiarietà come base del federalismo, che deve favorire la responsabilità di chi governa;

- Non si può più aspettare a riformare il welfare, che senza una adeguata valorizzazione dei soggetti privati che ne costituiscono il tessuto è destinato a crollare.

- Anche per sostenere l’occupazione è importante approvare subito lo statuto per le imprese e al più presto lo statuto dei lavori.

- Bisogna dare vera stabilità al “5 per mille”, uno strumento veramente innovativo di sussidiarietà che non può rimanere condizionato dall’andamento economico.

- E non si può più aspettare a realizzare la parità scolastica, che sarebbe un grande contributo per la riforma del sistema scolastico in quanto tale. Dovrebbe essere fra i primissimi punti sull’agenda politica, perché non si tratta di un privilegio ma di un sostanziale contributo alla riforma del sistema scolastico in quanto tale – facendo risparmiare lo Stato.

Anche rispetto a un certo modo di fare giornalismo e di operare nei media si deve voltar pagina. Serve un giornalismo veramente basato sui fatti e non sulle insinuazioni, orientato sui temi decisivi per la popolazione. Soprattutto si deve uscire dalla coltivazione costante del sospetto, contro il quale nessuno si può difendere.

Abbiamo bisogno di un giornalismo veramente libero e non asservito ad un disegno di potere, di qualunque colore sia. Non c’è solo il rischio di una crescente sfiducia nei confronti della politica, ma anche nei confronti dei media, che vengono sempre di più percepiti come intrattenimento e non come mezzo di informazione. Invece di farci uscire dalla confusione spesso la alimentano.

Occorre liberare le energie che ci sono nelle imprese, nelle famiglie e nelle associazioni e far in modo che le fasce più deboli della popolazione possano essere aiutate. A breve finiranno la cassa integrazione e le moratorie per i debiti delle imprese, mentre stenta la ripresa economica. Imboccare oggi la strada di una crisi “pilotata” o non “pilotata” che durerà mesi per poi andare alle elezioni, è contro l’interesse vitale del nostro Paese.

Va ricercata con tutte le forze, e se necessario con i dovuti sacrifici, la via di un dialogo ragionevole tra le forze politiche nel rispetto del bene comune. Alle elezioni si potrà ricorrere solo come extrema ratio per evitare governi tecnici e pasticci politici che aggraverebbero la situazione.

La Compagnia delle Opere è pronta a dare il proprio contributo. Non ci siamo mai tirati indietro: abbiamo sempre presentato e presentiamo anche oggi le nostre proposte per le riforme, partendo dalle tante esperienze positive che grazie a Dio ci sono, in un dialogo aperto con tutti.

Siamo convinti della nobiltà della politica e del suo compito, siamo contrari alla facile denigrazione dell’impegno politico. Ed è per questo che siamo cosi interessati che si torni a riconoscere e a seguire l’unico metodo giusto: servire il bene del popolo, riconoscendo la libertà di ognuno e valorizzando la responsabilità di tutti.


ASSEMBLEA CDO/ Uomini all’opera contro l’immobilismo dei falsi moralisti. GUARDA IL TG Redazione - lunedì 22 novembre 2010 – il sussidiario.net

Guarda il Tg de ilsussidiario.net con interviste e approfondimenti sull’ assemblea nazionale della Cdo “Una responsabilità che cresce con la forza dell’origine”, che si è tenuta ieri a Milano

Tutto è iniziato da una piccola impresa che produceva vini, con sede ad Alcamo in Sicilia, in un territorio fortemente condizionato dalla presenza della mafia. E’ partito da qui Giorgio Vittadini, presidente dalla Fondazione per la Sussidiarietà, per raccontare come sia nata la Compagnia delle Opere da lui fondata. Vittadini è intervenuto nel corso dell’assemblea nazionale della Cdo che si è tenuta ieri mattina a Milano, con il titolo «Una responsabilità che cresce con la forza dell’origine». E l’origine appunto non è stato un progetto per cambiare il mondo, ma un gruppo di amici che ha creato un’impresa grazie alla loro passione per il vino. «Partimmo dalla necessità di aiutarli, perché volevamo che la loro azienda potesse continuare a esistere. Lavorando, vivendo, quella piccola impresa dimostrava che quello che era possibile per loro lo era per tutti. Era questo che ci interessava».

CHI AGISCE E CHI CRITICA - Una sfida che, molto più in grande, per la Compagnia delle opere continua ancora oggi. «Il problema del nostro Paese è la mancanza del desiderio - ha sottolineato Vittadini -. Non si fanno più figli, non c’è la volontà di cambiare davanti alle trasformazioni del mondo e si attaccano i pochi che fanno, perché il desiderio è così ridotto che si arriva a pensare che chiunque agisce lo faccia in modo truffaldino». Al contrario, la Compagnia delle Opere è cresciuta confrontandosi continuamente con il problema del lavoro. Vittadini ha citato don Luigi Giussani, che spiegava come «non ci si può arrendere di fronte al fatto che la riorganizzazione dell’economia avvenga a spese dell’occupazione».

LA SFIDA PER IL LAVORO - Un richiamo più che mai attuale, in un momento in cui la disoccupazione nel mondo ha raggiunto il suo massimo storico. Non a caso don Giussani aggiungeva: «Occorre fare per ritrovare una via d’uscita. Ognuno deve fare la propria parte, partecipando a qualsiasi forma seria di lotta contro la disoccupazione». «L’inizio della Compagnia delle Opere – ha ricordato Vittadini – è stata questa volontà di creare lavoro. Molte imprese sono nate per dare vita a delle possibilità d’impiego dove non c’erano, per uscire dal caporalato e dai condizionamenti della mafia. Anche in Calabria, massacrata dall’inchiesta Why not che si è rivelata una bufala e un insulto, una spreco per lo Stato. Perché il magistrato che l’ha fatta, spendendo 10 milioni di euro, è stato smentito dalla stessa magistratura. Why not ha accusato gente che aveva creato occupazione e opere imprenditoriali».

CONTRO I FALSI MORALISTI - E ha concluso Vittadini: «Quando parliamo di sussidiarietà, parliamo di una società in cui le persone siano in grado di rispondere da sole al proprio bisogno. E’ di questo che c’è urgenza in questo momento, e non dei falsi moralisti che uccidono la vita delle persone. La Compagnia delle Opere è stata innanzitutto una necessità per me, perché io ho bisogno di implicarmi, di dare, di essere utile agli altri». E proprio da questo desiderio è partito l’intervento di don Julian Carron, presidente della Fraternità di Cl, che ha ricordato una frase della scrittrice Flannery O’Connor: «Se la vita ci soddisfacesse, fare letteratura non avrebbe senso».

LA PASSIONE E LA STANCHEZZA - «Le nostre opere – ha commentato Carron – nascono dal desiderio di essere soddisfatti. Ma strada facendo questa apertura può decadere fino a sparire, come documenta lo scetticismo di tanti adulti. Tutto l’impeto con cui uno incomincia a lavorare non può impedire che uno a un certo punto si stufi». E si è domandato don Carron: «E’ possibile mantenere viva la forza dell’origine? L’uomo da solo è incapace. La presunzione moderna assume il volto del distacco della morale dall’origine dell’azione, che è appunto il desiderio. E così sperimentiamo il lavoro ridotto a puro dovere, il logoramento cronico, la mancanza di una motivazione vera per il nostro impegno».

VERSO L’IMBARBARIMENTO - L’unica soluzione, come ha sottolineato don Carron, «è l’incontro con Cristo che produce la sorpresa del ridestarsi del desiderio. Nell’incontro nasce la personalità dell’uomo e questo rappresenta l’inizio dell’avventura e della responsabilità di ciascuno». Mentre per il presidente della Cdo, Bernhard Scholz, «la nostra capacità di creare potrebbe sembrare un nostro merito, mentre si origina da una valorizzazione del desiderio di ogni persona che mette in moto le sue energie per un mondo più umano. Pur nell’imbarbarimento della vita sociale cui stiamo assistendo, è possibile un modo diverso di affrontare i problemi. E questo fa crescere la nostra responsabilità».

«SERVE UN GOVERNO COESO» - Una responsabilità che per Scholz è richiesta anche ai politici: «La situazione delle famiglie e delle imprese richiede un rinnovato impegno di tutti i partiti. Il Paese ha bisogno di un governo autorevole e coeso e di un’opposizione propositiva e costruttiva. Le riforme sono urgenti e non si può attendere altro tempo per introdurre la sussidiarietà come base del federalismo. Occorre dare vera stabilità al 5 per mille. E non possiamo più aspettare la piena realizzazione della parità scolastica, che si è già affermata in tutti gli altri Paesi europei». Carlos Zerbini, parlamentare brasiliano e guida dell'associazione dei Sem Terra, che si occupa delle persone più povere di San Paolo, ha raccontato come l’incontro con la Compagnia delle Opere lo ha aiutato ad affrontare tutto con un metodo rinnovato.

IMPEGNO E LIBERTA’ - «Nel 2003 io e mia moglie Cleuza seguivamo 10mila famiglie diseredate. Avevamo ottenuto molti risultati, ma ci sentivamo stanchi e preoccupati, perché quella responsabilità sembrava schiacciarci. Dopo avere partecipato all’assemblea della Compagnia delle Opere del Sudamerica, abbiamo continuato a impegnarci per migliorare la società, ma senza quel senso di angoscia che stava iniziando ad appesantirci. Il nostro modo di affrontare tutte le cose è diventato finalmente libero, con la consapevolezza che la costruzione più importante per la quale dovevamo impegnarci era innanzitutto quella della nostra personalità».

(Pietro Vernizzi)


PAPA/ Gotti Tedeschi: così Benedetto sfida il relativismo e difende la ragione - INT. Ettore Gotti Tedeschi - lunedì 22 novembre 2010 – il sussidiario.net

Prima «l’amore alla giustizia, la tutela della vita dal suo concepimento al termine naturale, il rispetto della dignità di ogni essere umano» che «vanno sostenuti e testimoniati, anche controcorrente. I valori etici fondamentali - ha ricordato Benedetto XVI nel discorso di saluto ai partecipanti alla 25esima Conferenza internazionale per gli operatori sanitari - sono patrimonio comune della moralità universale e base della convivenza democratica». Poi, in occasione del concistoro per la creazione dei nuovi cardinali, l’attacco alla «dittatura del relativismo». Mentre tutti o quasi i quotidiani esaltano il “nuovo” Benedetto XVI dell’apertura al profilattico - sia pure in casi circoscritti, come quello di cui parla lo stesso pontefice nel nuovo libro intervista con Peter Seewald - il Papa non smette di richiamare i cristiani sulla verità del bene.
Il sussidiario ne ha parlato con l’economista, e presidente dello Ior, Ettore Gotti Tedeschi, a Madrid per il XII congresso su Cattolici e vita pubblica organizzato dall’Università Ceu San Pablo.

Presidente, come possono i diritti difesi dal Papa essere base di una «convivenza democratica» sempre più ispirata al pluralismo dei valori?

Per capirci conviene esemplificare. Prendo spunto dal motivo per cui sono qui: spiegare la crisi economica alla luce della Caritas in veritate. Chiediamoci: che cosa non ha funzionato? Perché la dimensione economica si è a tal punto corrotta? Le stesse leggi positive sono realmente per l’uomo - e non contro di lui - se si rifanno a leggi di carattere naturale. L’uomo è creato da Dio, non si è fatto da sé. Le leggi naturali sono quelle inscritte nell’ordine della creazione. Ecco perché la dimensione sociale della fede è una dimensione totalmente razionale.

Secondo lei cosa intende Benedetto XVI quando parla di «dittatura del relativismo»?

Viene prima la libertà o la verità? Tutte le volte in cui abbiamo messo la libertà davanti alla verità abbiamo fatto disastri. Se nella nostra condotta - come nelle leggi positive -prescindiamo dalle leggi naturali che regolano la vita dell’uomo e la sua convivenza, quello che faremo sarà contro l’uomo. È questa la sorte ineluttabile di una libertà che pretende di manipolare la verità delle cose. Lo stesso vale per le leggi economiche. L’economia non può ignorare i principi morali che regolano il comportamento umano.
 
E quali sono questi principi?
La sacralità della vita. Dirò di più: la centralità economica della vita. È il mio chiodo fisso: se la vita non c’è, cioè se non nascono figli, lei capisce perfettamente che la crescita economica è unicamente dovuta al fatto che le persone che vivono - e che non crescono - consumino di più. Ma se la popolazione non cresce, i costi sociali sono destinati ad aumentare e con essi le tasse, che compensano la crescita dei costi fissi. Non potendo guadagnare di più del costo dei consumi, le persone come si soddisfano? Col debito. Ecco il paradosso che la gente non vuol capire. È anche il paradosso della razionalità della morale: che in questo è perfettamente “cartesiana”.

Perché la definisce cartesiana?

Ma perché il misconoscimento della natura è “cartesiano” nella sua inesorabile consequenzialità.

La sua tesi sulla crisi è nota. Gli economisti la rimproverano di fare considerazioni di carattere morale e non economico.

Sa cosa rispondo? Di carattere morale sì, ma la morale è razionale: lo dimostra il fatto che contraddicendo a queste leggi che voi chiamate “morali”, dando a questo termine un’accezione puramente soggettivistica, e che sono invece razionali, avete distrutto il ciclo dell’economia nel mondo occidentale. Col risultato che siamo diventati tutti più poveri.

Chi ha minato il riconoscimento che la morale - come lei dice - è logica?
Cinquecento anni di pensiero occidentale, dalla riforma protestante fino al positivismo e al relativismo dei valori. Il grande messaggio sul quale non si insisterà mai abbastanza - e che risponde anche alla sua domanda iniziale sul relativismo - è che l’irrazionalità del comportamento umano si realizza quando si perde di vista la verità. Il riferimento fondamentale, unico, degli strumenti che l’uomo ha a disposizione è il progetto di Dio, la verità della fede. Solo nel rispetto di questo ordine si può attuare la carità nella verità.

Secondo lei dunque la grande crisi non è solo crisi economica, ma crisi di un modo di intendere l’uomo e i suoi valori.

Stiamo ai fatti. Se l’uomo prescinde dalla verità, il prodotto è la crisi economica che abbiamo vissuto. In cui si è negata la verità - cioè la vita e lo sviluppo integrale dell’uomo - e le leggi dell’economia sono divenute fine a se stesse. L’uomo economico ha trasformato il mezzo in fine. Meglio: ha permesso allo strumento economico di assumere autonomia morale.

È proprio sicuro che un’etica laica non possa arrivare ad attuare -come lei dice - «la carità nella verità»?

Può certamente farlo ma il risultato è tutto da vedere. Chiediamoci però che cos’è un’etica laica. Se prescindiamo dall’ordine naturale, cioè dal progetto di Dio nella creazione, quella che chiamiamo etica laica non è nient’altro che la riduzione della religione ad un’etica di comportamento: i dieci comandamenti meno il primo. Ma i nove comandamenti senza il riferimento a Dio ci portano al massimo ad elaborare etiche sociali legate ai tempi e alle mode. Cosa potrebbe voler dire “non rubare”? Rubare ai ricchi e agli speculatori perché sono stati a loro volta ladri. Non mi sembra una “conclusione” molto distante da una certa attualità.

Non basta però essere cattolici per fare il bene.
Certo che no. Qui si apre un altro problema: quanto i cattolici siano sotto l’influenza della mentalità dominante o viceversa fedeli alla verità conosciuta. Negli ultimi trent’anni abbiamo fatto poca dottrina. Chi aveva la responsabilità di insegnarci la dottrina e magari invece ci raccontava metafore a sfondo economico e sociale? È anche questa l’emergenza educativa di cui parla il Papa quasi ogni giorno.

Lei ha detto di recente che «le casalinghe hanno salvato il mondo e l’Italia nel dopoguerra». Quali sono le scelte che aiutano la famiglia oggi?

Favorire la famiglia è frutto innanzitutto di una scelta culturale: il valore della famiglia deve riconquistare le culture e i cervelli, contrastando i convincimenti attaccati dal relativismo e dal nichilismo dominanti. Il rapporto uomo-donna non può essere solo centrato nell’ottica del reciproco soddisfacimento, ma anche su quello della responsabilità, della costruzione di una famiglia e dell’educazione dei figli. Al tempo stesso occorre l’aiuto economico. La politica italiana è piena di parlamentari che sono stai eletti garantendo la tutela della famiglia e della vita ma che poi sono puntualmente “scomparsi”.

Qual è la sua proposta?
 
Incentivare la formazione di famiglie con figli, mettendo con adeguati sgravi le coppie giovani in condizione di potersi sposare, e riconoscere un sussidio per ogni figlio mantenuto fino all’età, mettiamo, dell’università. Il problema dovrebbe essere gestito a livello europeo, proprio come avviene per il patto di stabilità che vincola ogni nazione europea ad un deficit non superiore al 3 per cento del Pil. Ci vorrebbe un patto di stabilità che riserva una quota di Pil nella famiglia.

E perché servirebbe l’Europa?

Perché altrimenti non lo faremo mai. Dopo se non altro dovremmo rispettare un vincolo europeo. È la forza delle leggi. Se non ne siamo capaci chiediamo a qualcun altro di farle per noi.

(Federico Ferraù)


Robiola, federalismo e solidarietà ad Alleanza Cattolica (prego leggere tutto il testo) pubblicata da Massimo Introvigne il giorno lunedì 22 novembre 2010

Chi non è convinto della tesi del pensatore cattolico brasiliano Plinio Corrêa  de Oliveira (1908-1995) secondo cui anche il cibo fa parte della cultura ed entra nel mondo delle «tendenze» su cui nascono le idee dovrebbe assaggiare, almeno una volta nella vita, la robiola di Cocconato (Asti), uno dei tesori della gastronomia piemontese. La migliore si compra nelle latterie di Cocconato, o si gusta nel più famoso ristorante locale, a suo tempo frequentato da diplomatici e perfino da re: il Cannon d’Oro.
Ma Cocconato non è famosa solo per la sua robiola. In effetti conte di Cocconato fu Gian Francesco Galeani Napione (1748-1830, nell'immagine), pensatore piemontese di scuola contro-rivoluzionaria che è oggi riscoperto come uno dei primi teorici italiani del federalismo. Un federalismo cattolico e monarchico, diverso da quello repubblicano e rivoluzionario di Giuseppe Ferrari (1811-1876) e Carlo Cattaneo (1801-1869), purtroppo l’unico che molti conoscono, e influente su altri due teorici cattolici del federalismo, il roveretano beato Antonio Rosmini (1797-1855) – le cui teorie non vanno confuse con quelle fumose ed eterodosse di Vincenzo Gioberti (1801-1852) –  e il vercellese conte Emiliano Avogadro della Motta (1798-1865), forse il maggiore dei contro-rivoluzionari piemontesi, a sua volta corrispondente del Papa beato Pio IX (1792-1878) e influente sui suoi documenti. Tornando a Galeani Napione di Cocconato, egli si sforzò pure di mostrare, come scriveva, i «buoni effetti» che avrebbe prodotto un’Italia federale «per la Real Casa di Savoia». Le cose, come sappiamo, andarono diversamente.
Il n. 357 di «Cristianità», la rivista di Alleanza Cattolica, presenta un corposo dossier su Galeani Napione di Cocconato, e ripropone il suo scritto «Idea di una confederazione delle potenze d’Italia». Propone pure la versione ampliata e annotata del mio testo «In viaggio con il beato Newman», sulla visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna, un articolo di Emanuele Pozzolo sul libro di Christopher Caldwell sull’immigrazione, e molte altre cose ancora.
Ricordo che «Cristianità» non è un giornale illustrato, o un concorrente del benemerito «Timone». È una rivista di cento pagine in forma di quaderno, una pubblicazione «da fare» che contiene testi di riunioni già svolte all’interno di Alleanza Cattolica utili per preparare ulteriori riunioni e seminari. Ogni anno escono quattro numeri trimestrali da cento pagine. Il 357 è il terzo numero del 2010. Il 358 uscirà a Natale, con un importante dossier su Benedetto XVI e il Concilio Ecumenico Vaticano II. Come si dice, «non è mai troppo tardi», e dunque non è troppo tardi per abbonarsi alle quattrocento pagine del 2010. Il costo è di 20 euro, che per quattrocento pagine rappresentano una somma davvero ragionevole. Ma siccome siamo a novembre, consiglio di mandare quaranta euro e abbonarsi anche per il 2011. Per chi si è abbonato per il 2010 è tempo di rinnovi: mandi i 20 euro per il 2011. Mi raccomando in particolare a chi ci ha sostenuto nel 2010: lasciarci a piedi nel 2011 sarebbe veramente una cattiva azione.
Come sempre, rivolgo un appello. Alleanza Cattolica offre tutto gratis: conferenze, seminari, sito Internet e aggiornamenti Facebook. Come vive? A parte le quote dei soci, vive grazie alle tante persone che mandano i venti euro: sono l’ossigeno che ci tiene in vita. Aiutateci a vivere: se non lo fate per le quattrocento pagine fatelo per i venti euro. So che molti lo farebbero ma sono spinti dalla pigrizia a non andare a un ufficio postale: sta per venire Natale, siate buoni e vincete la pigrizia. Se aderite al sistema Paypal, basta un click su http://tinyurl.com/2wdycq7. Se non siete su Paypal, gambe in spalla e andate in banca o all’ufficio postale. Utilizzate un bollettino di conto corrente postale intestandolo a: Cristianità, stradone Farnese 32, 29100 Piacenza, c.c.p. numero 12837290, e indicando nella causale: «nuovo abbonamento» (euro 20) o «abbonamento biennale 2010 + 2011» (euro 40) o ancora «rinnovo 2011» (se eravate già abbonati nel 2010).
Oppure effettuate il versamento tramite bonifico bancario, sul conto intestato a Cristianità soc. coop. a r.l., presso la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza, Piacenza - agenzia A, IBAN: IT69P0623012604000030058186, BIC CRPPIT2P004. Attenzione: per chi si trova all’estero l’abbonamento annuale costa euro 40 e quello biennale euro 80.


Il Secolo XIX - Sabato è il giorno della spesa solidale - 22 novembre 2010   | Debora Badinelli dal sito http://www.ilsecoloxix.it

La povertà cresce. Colpa della crisi, del lavoro precario, dell’età che avanza e crea il vuoto attorno, della lontananza dal Paese d’origine. Il quadro sulle nuove povertà, materiali ed esistenziali, è stato fatto venerdì scorso, a Lavagna, in occasione della serata promossa dalla parrocchia di Santo Stefano in preparazione alla giornata nazionale della colletta alimentare, giunta alla quattordicesima edizione e in programma sabato prossimo. «Nel Tigullio le domande di assistenza per la distribuzione di generi di prima necessità, abiti e contributi affitto sono in aumento del 20 per cento - conferma don Federico Pichetto, vicario della parrocchia di Santo Stefano - Nel 2009 gli italiani in stato di bisogno erano il 30 per cento e quest’anno sono saliti al 48; tra loro ci sono i nuovi disoccupati, vittime di una crisi che sfarina il tessuto sociale. Il 52 per cento di stranieri in difficoltà comprende sia cittadini europei sia extracomunitari e nell’ultimo anno il centro di ascolto Caritas di Lavagna ha distribuito oltre 3.200 chilogrammi di viveri». Don Pichetto si sofferma anche sulle povertà dell’animo: le varie forme di solitudine. «Il povero è un uomo solo: costretto a far fronte alla povertà materiale e a quella esistenziale - spiega il sacerdote - i volontari del Banco di solidarietà, portando a casa di chi versa in stato di bisogno i pacchi di beni di prima necessità, entrano nella storia della gente e offrono anche conforto umano». Nel Levante ci sono banchi di solidarietà a Chiavari, Rapallo, Santa Margherita Ligure. In val Fontanabuona, invece, è la croce di Gattorna a occuparsi della distribuzione di viveri agli indigenti.


“Teen moms”. Storie di ragazze madri e vita vera - November 22nd, 2010 di Carlo Bellieni dal sito http://carlobellieni.com/

Parte su MTV, la televisione giovanile e disinibita, la nuova serie del docu-reality “Teen moms” e l’accogliamo con piacere, perché racconta quello che nessuno racconta. Già: tutte le televisioni nazionali pronte a raccontare la vita segreta dei panda, o gli scandali sessuali di gente assolutamente irrilevante e noiosa, a produrre concerti classici o mostrare sangue e perversioni, non hanno mai messo il dito nella piaga vera, cioè nella vita vera della gente, lasciando, quando si tratta di parlare di temi etici, la parola agli “esperti”. Che poi gli esperti siano un noto psichiatra o l’ultima ballerina poco importa, dato che evidentemente poco importa quello che dicono ma come appaiono, quanto sono conosciuti, quanti centimetri di gambe mostrano, quanto sono rifatti/e, insomma, quanto si pensa che riescano a tenere attaccato lo spettatore alla TV. Oppure gli esperti sono astutamente selezionati per mettere dalla parte dei “cattivi” un prete, e da quella dei buoni “uno scienziato”, magari con tanto di camice bianco, tanto per far trapelare l’idea che certe cose le dice la chiesa e le dice in modo irrazionale (se l’antagonista è “la scienza”…), mentre aborto, eutanasia ecc sono assolutamente la verità rivelata e il medico-scienziato fa da sacerdote infallibile. Ma torniamo a Teen moms, che dicevamo fa vedere il “mai-visto”; e quale sarà? Semplicemente una serie di ragazze “teen-agers”, per l’appunto che invece di quello che la vulgata comune vorrebbe, dopo essere restate incinte invece di far fuori il bambino lo fanno nascere. Eresia! Come pensare che mostrare delle ragazze-madri non sia un attacco alla libertà di aborto, diranno scandalizzati i benpensanti laici? Se ci sono delle (tante) ragazze che avuto un figlio non si suicidano, allora vuol dire che abortire perché si resta incinte da giovani non è la fine del mondo, come ci predicano, che non è un danno per la salute e allora che la motivazione per farlo risulta indubbiamente futile o perlomeno superabile. Ma se l’aborto è un diritto, qualunque “motivo” per definizione dovrebbe essere un “grave rischio per la salute”, e allora le cose non tornano; anche perché queste trasmissioni non le trasmette una pia emittente cattolica, ma la più allegramente sbarazzina delle TV, che non si fa problemi a parlare di sesso e trasgressione. Insomma, sembra proprio che questa sia la realtà, non l’aborto à-la-carte, che poi spesso non è quello che la ragazza vorrebbe, ma è fortemente “consigliato” alla ragazza da papà e mamma, o dal padre del bambino (che ovviamente se la dà a gambe). E oltretutto queste trasmissioni ci riportano ad una realtà: che l’età per fare figli non è quella del nostro cervello, che prima pensa alla carriera poi al bebè come fosse un altro accessorio, ma quella delle ovaie, che non fa sconti e che funziona al massimo proprio dai 16 anni ai 30. Ma la società fa davvero qualcosa per aiutare ragazzi e ragazze che prima dei 30 anni vogliano fare famiglia? Che pensano ad un bambino non come un giocattolo da mostrare agli amici nell’ennesima casa nuova ma come un dato della vita naturale come respirare? Certo, non vogliamo invogliare nessuno al sesso “fuori-onda”, ma pensateci: sono più approvabili queste ragazze col bambino in braccio, o quelle ricche e soddisfatte, magari a parole rispettose delle regole, che  però per  “accettare” il figlio  gli fanno l’analisi genetica prima che nasca, cromosoma per cromosoma, pronte a disfarsene se i conti non tornano?


Sunset Limited di Giulia Tanel del 21/11/2010, in Segnalazioni librarie, dal sito http://www.libertaepersona.org

Due uomini, uno nero e uno bianco. Un tavolo in una cucina di una casa popolare. Una Bibbia.
Quella mattina il nero ha salvato il bianco dal suicidio. Ora, seduti ai lati opposti del tavolo, parlano del senso della vita, della religione, della società… anche le loro posizioni sono antitetiche.

BIANCO […] Lei lo vede, Gesù?

NERO No. Non lo vedo.

BIANCO Però ci parla.

NERO Ogni santo giorno.

BIANCO E lui parla con lei.

NERO Mi ha parlato. Sì.

BIANCO Ma lei lo sente? Sente proprio la sua voce?

NERO No, non sento la sua voce. Non sento neanche la mia, se è per questo. A lui però l’ho sentito.

BIANCO Be’, allora Gesù non potrebbe essere soltanto nella sua testa?

NERO Infatti è nella mia testa.

BIANCO Allora non capisco cos’è che sta cercando di dirmi.

NERO Lo so che non capisci, zuccherino. Sta’ a sentire. La prima cosa che devi tenere presente è che io, nella testa, non ho manco un pensierino originale. Se non ha dentro la scia del profumo della divinità, allora non mi interessa.

BIANCO La scia del profumo della divinità.

NERO Esatto. Che te ne pare?

BIANCO Non è male.

NERO L’ho sentito alla radio. Da un predicatore nero. Ma il punto è che io ci ho anche provato a fare nell’altro modo. E mica a spizzichi e bocconi, eh. Dico proprio benda sugli occhi, briglia sciolta e via a correre in mezzo ai boschi. Oddio. Ci ho provato eccome. Se trovi un cristiano che ci ha provato più di me, mi piacerebbe conoscerlo. Mi piacerebbe davvero. E secondo te che cosa ci ho guadagnato?

BIANCO Non lo so. Che cosa ci ha guadagnato?

NERO La morte in vita. Ecco cosa ci ho guadagnato.

BIANCO La morte in vita.

NERO Esatto. Ero un cadavere ambulante. Così morto che non sapevo neanche stendermi nella tomba.

(Cormac McCarthy, Sunset Limited, Ed. Einaudi, Torino, 2006, pp. 11-12)