venerdì 19 novembre 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    Oltre i personalismi Mario Mauro - venerdì 19 novembre 2010 – il sussidiario.net
2)    Papa/ A Roma 150 cardinali,focus su pedofilia e libertà religiosa - Domani discussione e pranzo a vigilia di concistoro di sabato - Città del Vaticano, 18 nov. (Apcom) – 18 novembre 2010
3)    18 NOV 10 – Sacri Palazzi il blog di Andrea Tornielli
4)    18/11/2010 - VATICANO - CINA - La Santa Sede contro un’ordinazione episcopale illecita e la violenza sui vescovi
5)    18/11/2010 - PAKISTAN - Contro la “vergognosa” condanna di Asia Bibi raccolte già 2500 firme di Jibran Khan - L’appello è stato rilanciato anche in Ungheria e nell’Est Europa. Il governatore del Punjab commenta il caso di Asia Bibi come vergognoso e imbarazzante per il Pakistan. Per il Ministro pakistano delle minoranze la condanna non sarà eseguita e la donna potrà ricorrere in appello.
6)    Aveva ragione don Ferrante? - Autore: Mangiarotti, Don Gabriele  Curatore: Leonardi, Enrico - Fonte: CulturaCattolica.it - giovedì 18 novembre 2010
7)    ASIA BIBI/ Bhatti: io, condannato per blasfemia, vi spiego cosa accadrà in Pakistan - INT. Nazir Bhatti - venerdì 19 novembre 2010 – il sussidiario.net
8)    IL CASO/ Campiglio: 5 misure per aiutare famiglia (e Pil) a non andare in crisi Luigi Campiglio - venerdì 19 novembre 2010 – il sussidiario.net
9)    Avvenire.it, 19 novembre 2010 - Appello ai media. E soprattutto alla Rai - Fateli parlare di Marco Tarquinio
10)                      Avvenire.it, 19 novembre 2010 - LA DIFESA DELLA VITA - Malati sì, ma ricchi di dignità e speranza

Oltre i personalismi Mario Mauro - venerdì 19 novembre 2010 – il sussidiario.net

Il limite della lunga transizione italiana è l´approccio ideologico di chi immagina la politica non come un mettersi al servizio della creatività sociale, bensì pretende di produrre una nuova realtà i cui confini sono determinati da quello che si è capaci di fare. Non più quindi la persona al centro di un´azione politica, ma la politica come personalismo.

Sedici anni fa Silvio Berlusconi ha regalato alla politica italiana alcune innovazioni che hanno prodotto per molti versi una “storia nuova”: in primo luogo ha reso possibile il mettersi insieme di chi sembrava non potesse stare insieme, penso ad Umberto Bossi e Gianfranco Fini, ponendo fine al perverso gioco d potere del cosiddetto "arco costituzionale". Non solo: con Forza Italia è riuscito a costruire una piattaforma in cui si è potuta verificare la compresenza delle anime più diverse che fino al ‘94 hanno cavalcato lo scenario politico italiano. Ex democristiani, socialisti, liberali e repubblicani, ed anche un filone di persone che fino a quel momento erano avevano vissuto al di fuori della partecipazione della cosa pubblica.

Purtroppo questa “storia nuova” ha avuto come effetto collaterale di produrre anche una vera e propria “corte”. Nessuna delle componenti che ho prima citato è esclusa da questa corte, tutti ne hanno fatto parte a vario titolo: anche Fini e Casini. Quando il cammino è stato percorso orientandosi ad un approccio non ideologico c´e´ stata “storia nuova”: dal 5 per 1000 alla riforme nel settore del welfare, al tentativo di arginare il peso della criminalità in alcune aree del paese. Servire un bisogno che c´è, appunto.

Quando, purtroppo, la logica che si è affermata è stata viziata da un malinteso senso di una politica del "fare" disancorata da contenuti e visioni ideali condivise con pezzi ed esperienze della società reale, ci si è ripiegati su se stessi determinando improvvide divisioni.

In questo senso il grande rischio a cui tutto il centrodestra espone il paese è che presentandosi diviso ad un´eventuale tornata elettorale, finirà col favorire il teorema vendoliano, vale a dire l’ipotesi di una sinistra modello “fronte popolare” che, semplicemente ricompattandosi, o meglio, motivando il proprio elettorato più radicale, e tenendo in scacco un Partito Democratico oramai incapace di generare proposte di natura riformista, potrà assicurarsi, con la legge elettorale vigente, il governo del paese.
Se si dovesse fare largo questo scenario, a maggior ragione dovremmo tornare a interrogarci su cosa voglia dire fare politica a partire dalla propria fede, considerando che questa capacità di giudizio era originata, in uomini come Sturzo, dal desiderio di ribadire ribadire il primato della persona di fronte ad istituzioni che si sentivano più padrone che garanti della vita dei cittadini.

In assenza di Berlusconi noi avremmo quindi un’offerta politica oscillante tra il fronte popolare e la caricatura finiana dello stato liberale post unitario, quello che invece che servire la società la ingabbiava con leggi antisussidiarie.

In entrambe queste prospettive non ci sarebbe spazio per un contributo originale e decisivo dei cattolici alla vita del paese, né si può pensare che un eventuale perdurare dell’esperienza di Berlusconi sia in assoluto garanzia di quell’esperienza.

Torno a dirlo quindi: affrontare il tema dell’unità dei cattolici in politica e soprattutto della possibilità di fare politica a partire dall´essere cristiani, non serve a rifare una delle tante DC in miniatura di questi ultimi anni, ma può servire per tornare a radicare nel paese una visione più corrispondente ai nostri ideali dando spazio non all’Italia della rabbia e dei conflitti, ma a quella delle mille voci di una società plurale e propositiva.

Una politica basata sulla verità e sulla centralità della persona insomma, non si concepisce demiurgica, ma si piega alla grandezza ed al valore che nella società reale hanno e le esperienze per cui vale la pena costruire.


Papa/ A Roma 150 cardinali,focus su pedofilia e libertà religiosa - Domani discussione e pranzo a vigilia di concistoro di sabato - Città del Vaticano, 18 nov. (Apcom) – 18 novembre 2010

Centocinquanta cardinali da tutto il mondo si riuniscono domani in Vaticano per discutere con il Papa di alcune delle questioni più scottanti per la Chiesa cattolica, a partire dalla pedofilia e dal nodo dai limiti alla libertà religiosa dei cristiani in diverse zone calde del globo.
L'incontro di un giorno è stato convocato da Benedetto XVI alla vigilia del concistoro di sabato, la celebrazione con la quale il Papa creerà 24 nuovi cardinali.
"Il Papa, come sappiamo, ci tiene molto alla collegialità, e questa collegialità si esprime, appunto, in particolare tramite la riunione e la consultazione del Collegio cardinalizio e con il Sinodo dei vescovi, e anche in altre forme", ha spiegato il portavoce vaticano Federico Lombardi.
Il gesuita ha sottolineato, però, che nella giornata di domani "non c'è da aspettarsi la produzione di documenti del collegio cardinalizio su questi temi" poiché "si tratta di una comunicazione-informazione-chiarificazione-riflessione su alcune questioni, ma certo non di un approfondimento particolarmente sviluppato".
Molti, e delicati, gli argomenti sul tavolo. "Vi è un tema principale, ed è quello che prevede la relazione del cardinale segretario di Stato, il cardinale Bertone, sul tema della situazione della libertà religiosa nel mondo e le nuove sfide", ha puntualizzato il portavoce Lombardi. "Questo è certamente il tema che richiederà anche la maggior parte del tempo a disposizione in questa giornata, e su cui quindi ci sarà anche più ampia riflessione e discussione".
La Santa Sede è preoccupata per la scarsa libertà religiosa di molti cristiani in paesi a maggioranza musulmana, ma anche in aree di crisi e in paesi come la Cina. E' necessario "allargare" lo spazio della libertà religiosa, che "in numerosi Paesi del Medio Oriente" è "non poche volte è assai limitato", ha detto di recente il Papa, a conclusione di un sinodo che si è svolto lo scorso mese in Vaticano. Questa settimana, Benedetto XVI ha fatto appello per la liberazione di Asia Bibi, una donna cristiana condannata a morte in Pakistan in base a una controversa legge sulla blasfemia. E' delle scorse settimane, poi, una serie di attentati ai cristiani di Iraq che hanno suscitato l'apprensione della diplomazia vaticana e le proteste dei vescovi locali. Un gruppo di feriti è stato ricoverato al policlinico Gemelli di Roma. Una messa è stata celebrata oggi a San Pietro in suffragio dei preti e fedeli uccisi lo scorso 31 ottobre a Baghdad.
Ma anche dalla Cina sono giunte in questi giorni notizie di discriminazioni nei confronti dei cristiani e gesti letti nel Palazzo apostolico come provocazioni da parte di Pechino. Il motivo del contendere è, come sempre, l'ordinazione dei vescovi.
E' di oggi una nota con la quale il portavoce vaticano esprime il suo rammarico per le "notizie" provenienti dalla Cina secondo cui "un certo numero di vescovi in comunione con il Papa sono costretti dai funzionari del governo a partecipare ad una ordinazione episcopale illecita" che si svolgerà il 20 novembre nella provincia dell'Hebei. "Se queste notizie fossero vere, allora la Santa Sede riterrà queste azioni come gravi violazioni della libertà di religione e della libertà di coscienza. Inoltre, una tale ordinazione sarà considerata illecita e dannosa per le relazioni costruttive che si sono sviluppate negli ultimi tempi tra la Repubblica Popolare della Cina e la Santa Sede". I vescovi in questione sarebbero Fang Jingping (Tangshan), Joseph Li Liangui (Cangzhou) Peter Feng Xinmao (Hengshui), Francis An Shuxin (Baoding) e Paul Pei Jiunmei (Sheyang), costretti a una sorta di arresti domiciliari.
Prima del pranzo che il Papa avrà con i cardinali, il cardinale Antonio Canizares Llovera, prefetto della congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti, introdurra il secondo tema, la liturgia nella Chiesa di oggi.
Sullo sfondo, la controversa ricezione della liberalizzazione della messa in latino voluta dal Papa.
Nel pomeriggio, tre relazioni toccheranno altrettanti argomenti delicati: l'arcivescovo Angelo Amato, prefetto della congregazione delle Cause dei santi, farà il punto sulla 'Dominus Iesus', un'istruzione di dieci anni fa che il presule conosce molto bene, dato che fu emanata dalla congregazione per la Dottrina della fede all'epoca in cui egli ne era segretario. Il documento chiariva la dottrina cattolica della salvezza e suscitò molte critiche dei protestanti.
Il prefetto della Dottrina della fede, cardinale William Levada, infine, terrà due relazioni sulla "risposta della Chiesa ai casi di abusi sessuali", dopo l''annus horribilis' degli scandali in tutto il mondo, e sulla costituzione apostolica 'Anglicanorum coetibus' con la quale il Papa - non senza polemiche - ha aperto le porte della Chiesa cattolica a quei gruppi di anglicani tradizionalisti in rotta con l'ala 'liberal' favorevole all'ordinazione di donne e gay.
Il giorno dopo, sabato, il Papa creerà 24 nuovi cardinali. Tre hanno più di ottant'anni, gli altri entrerebbero, invece, nel conclave che eleggesse un nuovo Papa. Molti gli italiani e gli uomini di Curia. Il Sacro collegio avrà così 203 membri e 121 elettori. Domenica mattina, infine, la messa con i nuovi cardinali a San Pietro.
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18 NOV 10 – Sacri Palazzi il blog di Andrea Tornielli

Nuove tensioni fra Santa Sede e Cina. Il Vaticano è intervenuto oggi contro un’ordinazione episcopale illecita in programma per sabato 20 novembre e ha denunciato le pressioni che sono state fatte per costringere alcuni vescovi in comunione con il Papa a partecipare alla cerimonia e a consacrare il prescelto.

«La Santa Sede è preoccupata da notizie provenienti dalla Cina in cui si afferma che alcuni vescovi in comunione col papa sono forzati da rappresentanti del governo a partecipare a una ordinazione episcopale illecita a Chengde, nordest dell’Hebei e che si dice programmata intorno al 20 novembre».

Sono almeno tre i vescovi che in queste ore stanno subendo pressioni:  Pietro Feng Xinmao di Hengshui (Jingxian), Giuseppe Li Liangui di Cangzhou (Xianxian) e Paul Pei Jiunmei (Sheyang). I primi due sono scomparsi dalla circolazione da giorni, come avviene quando le autorità governative li mantengono agli arresti domiciliari o li prelevano per farli forzatamente partecipare a un’ordinazione episcopale, mentre il terzo rimane reperibile, anche se su di lui vengono esercitate pressioni affinché partecipi alla consacraziione.

«Se queste notizie sono vere, la Santa Sede – si legge nel comunicato – considera tali azioni come gravi violazioni alla libertà di religione e di coscienza». L’ordinazione è «illecita e dannosa alle relazioni costruttive che sono state sviluppate negli ultimi tempi fra la Repubblica popolare cinese e la Santa Sede». Il candidato che dovrebbe diventare vescovo di Chegde (Hebei) senza aver ottenuto il placet vaticano è padre Giuseppe Guo Jincai. Guo è vice segretario generale dell’Associazione patriottica, oltre che rappresentante cattolico dell’Assemblea nazionale del popolo, il «Parlamento» di Pechino.

Il Vaticano ha confermato che padre Guo Jincai «non ha ricevuto l’approvazione del Santo Padre per essere ordinato come vescovo della Chiesa cattolica». Erano quattro anni che il governo cinese e l’Associazione patriottica non imponevano ordinazioni episcopali illecite e in questo periodo ben dieci nuovi vescovi sono stati designati con il consenso di Roma.

Uno dei motivi scatenanti della decisione da parte di circoli del potere di cinese di rompere l’equilibrio creatosi negli ultimi è la volontà di nominare uomini filogovernativi alla guida degli organismi – Collegio episcopale e Associazione patriottica – le cui cariche di vertice sono vacanti e verranno rinnovate a breve.


18/11/2010 - VATICANO - CINA - La Santa Sede contro un’ordinazione episcopale illecita e la violenza sui vescovi

Il governo prepara la cerimonia per il 20 novembre e ha sequestrato due vescovi per obbligarli a partecipare. Il Vaticano denuncia “gravi violazioni alla libertà religiosa e di coscienza”. Un ricatto in previsione dell’Assemblea nazionale dei rappresentanti cattolici, un organismo “inconciliabile” con la fede cattolica, a cui i vescovi non vorrebbero partecipare


Città del Vaticano (AsiaNews) – Duro attacco del Vaticano contro un’ordinazione episcopale illecita che dovrebbe tenersi il 20 novembre prossimo e contro le costrizioni poste ad alcuni vescovi in comunione col papa a partecipare alla cerimonia.

In un comunicato diffuso oggi dalla Sala stampa vaticana, si afferma che “la Santa Sede è disturbata da notizie provenienti dalla Cina in cui si afferma che alcuni vescovi in comunione col papa sono forzati da rappresentanti del governo a partecipare a una ordinazione episcopale illecita a Chengde, nordest dell’Hebei e che si dice programmata intorno al 20 novembre”.

Da diversi giorni sacerdoti dell’Hebei affermano di aver perso i contatti con almeno due vescovi della zona, mons. Pietro Feng Xinmao di Hengshui (Jingxian) e mons. Giuseppe Li Liangui di Cangzhou (Xianxian). I sacerdoti sono certi che questo significa che il governo li ha sequestrati per obbligarli a partecipare a un’ordinazione episcopale non approvata Santa Sede. Di questa possibile ordinazione, AsiaNews aveva già avuto notizie alcuni mesi fa.

Il comunicato vaticano afferma che “se queste notizie sono vere, la Santa Sede considera tali azioni come gravi violazioni alla libertà di religione e di coscienza” e aggiunge che tale ordinazione è “illecita e dannosa alle relazioni costruttive che sono state sviluppate negli ultimi tempi fra la Repubblica popolare cinese e la Santa Sede”.

Il candidato dell’ordinazione illecita è p. Giuseppe Guo Jincai (v. foto), ordinato nel ’92 e sempre coccolato dal regime. Egli diverrebbe vescovo di Chegde (Hebei). P. Guo è stato professore al seminario nazionale di Pechino ed è vice segretario generale dell’Associazione patriottica, oltre che rappresentante cattolico dell’Assemblea nazionale del popolo, il “parlamento” di Pechino.

Il comunicato vaticano conferma che per la Santa Sede “p. Giuseppe Guo Jincai non ha ricevuto l’approvazione del Santo Padre per essere ordinato come vescovo della Chiesa cattolica”.

Il comunicato fa presente che “la Santa Sede, desiderosa di sviluppare rapporti positivi con la Cina, ha contattato le autorità cinesi sulla questione e ha messo in chiaro la sua posizione”.

Pur con deferenza, il comunicato è molto netto. Secondo testimonianza raccolte dall’agenzia Ucan, sono stati proprio alcuni sacerdoti di Hengshui a chiedere alla Santa Sede di intervenire condannando l’ordinazione illecita e la partecipazione (forzata) dei vescovi. In più, vi sono diversi vescovi della regione che con varie minacce sono sollecitati a partecipare.

Da circa quattro anni il governo e l’Associazione patriottica non imponevano più ordinazioni illecite. Nel 2006, una serie di tre ordinazioni senza il permesso della Santa Sede ha provocato una dura reazione del Vaticano. Da allora vi sono state molte ordinazioni episcopali – 10 solo in quest’anno – ma in cui il candidato era quello designato dalla Santa Sede, accolto poi dagli organismi diocesani e riconosciuto dal governo.

È probabile che l’ordinazione episcopale illecita sia una minaccia verso la Santa Sede che lo scorso marzo ha diffuso un comunicato in cui chiedeva ai vescovi di evitare “di porre gesti (quali, ad esempio, celebrazioni sacramentali, ordinazioni episcopali, partecipazione a riunioni) che contraddicono la comunione con il Papa”.

Associazione patriottica e governo stanno preparando l’Assemblea nazionale dei rappresentanti cattolici cinesi, un organismo le cui finalità sono definite dal papa come “inconciliabili” con la Chiesa cattolica. Per il suo successo, occorre che tutti i vescovi vi partecipino, ma la Santa Sede è contraria (v. AsiaNews.it, 17/11/2010 “Entro la fine dell’anno” l’Assemblea dei cattolici cinesi). Il ricatto allora è: o voi partecipate o riempiamo la Cina di vescovi patriottici indipendenti dal papa. In Cina vi sono circa 20 diocesi senza vescovo o con pastori molto anziani che dovrebbero essere già in pensione.


18/11/2010 - PAKISTAN - Contro la “vergognosa” condanna di Asia Bibi raccolte già 2500 firme di Jibran Khan - L’appello è stato rilanciato anche in Ungheria e nell’Est Europa. Il governatore del Punjab commenta il caso di Asia Bibi come vergognoso e imbarazzante per il Pakistan. Per il Ministro pakistano delle minoranze la condanna non sarà eseguita e la donna potrà ricorrere in appello.


Islamabad (AsiaNews) – Salmaan Taseer, governatore del Punjab, afferma ad AsiaNews che la condanna a morte di Asia Bibi è un episodio vergognoso e imbarazzante per tutto il Pakistan. La donna, madre di tre figli è in carcere dal 2009 ed è stata denunciata per blasfemia durante una lite con alcune colleghe di lavoro islamiche e condannata alla pena capitale da un tribunale locale."La legge sulla blasfemia – afferma Taseer – è un residuato del regime militare del generale Zia-ul-Haq e oggi viene utilizzata per perseguitare i cristiani e altri gruppi”. Il governatore rassicura, che per ora la condanna non verrà eseguita e sarà compito del tribunale d’appello confermare o meno la sentenza. 

Shabbaz Bhatti, ministro delle minoranze, afferma che “la protezione alla vita e alla proprietà delle minoranze è un l'obbligo costituzionale del governo”. In questi giorni il ministro ha scritto una lettera al governo del Punjab, dove ha chiesto protezione e garanzie per Asia Bibi in carcere, sottolineando la necessità di portare il caso in corte d’appello. “Nella maggior parte dei casi – afferma Shabbaz Bhatti - la legge sulla blasfemia è un abuso del diritto utilizzato per dirimere questioni personali, vendette politiche e tensioni fra comunità religiose”.

Intanto, continua la campagna di AsiaNews in favore di Asia Bibi. In soli tre giorni oltre 2500 tra privati, agenzie di stampa e associazioni, hanno sottoscritto l’appello lanciato lo scorso 15 novembre. È una campagna internazionale, che trova risposte in tutto il mondo. L’appello è stato rilanciato anche in Ungheria e nell’Est Europa, come confermano le centinaia di mail che in queste ore giungono ai nostri indirizzi. Ieri, avevamo invece segnalato i messaggi provenienti da Vietnam, Cina, Malaysia e altri Paesi asiatici.


Aveva ragione don Ferrante? - Autore: Mangiarotti, Don Gabriele  Curatore: Leonardi, Enrico - Fonte: CulturaCattolica.it - giovedì 18 novembre 2010

APPELLO di BENEDETTO XVI al termine dell'Udienza del 17 novembre 2010

In questi giorni la comunità internazionale segue con grande preoccupazione la difficile situazione dei cristiani in Pakistan, che spesso sono vittime di violenze o di discriminazione. In modo particolare oggi esprimo la mia vicinanza spirituale alla Sig.ra Asia Bibi e ai suoi familiari, mentre chiedo che, al più presto, le sia restituita la piena libertà. Inoltre prego per quanti si trovano in situazioni analoghe, affinché anche la loro dignità umana ed i loro diritti fondamentali siano pienamente rispettati.
Di fronte a noi sta una scelta, ogni giorno: sai chi sei? Di chi vuoi essere? E l’alternativa è chiara, e le conseguenze pure. Anche se – nella follia del rifiuto del Padre – si continua a pensare di poter essere qualcuno, senza Dio.
Ogni incontro, ogni lettura, ogni notizia rendono evidente il momento che stiamo vivendo, richiedono la chiarezza di una scelta e l’impegno della lotta. Sì, lotta, per la vita o per la barbarie.
Ho letto alcune straordinarie pagine di padre Pavel Florenskij, sto incontrando la vita meravigliosamente scritta di Solženicyn, e, navigando in internet, leggendo i giornali e guardando (poco) la tv, capisco che, di fronte al compito drammatico dell’oggi, bisogna rispondere con l’urgenza di un impegno e di una testimonianza. E ci accorgiamo che a questa testimonianza sono chiamati in queste ore tanti nostri fratelli, che ci sono vicini e che non vogliamo lasciare soli.
Impegno e testimonianza che sappiano dare ragioni del vivere, e smascherare la menzogna che ci circonda. A proposito dell’editoriale su Asia Bibi, un lettore mi ha scritto che per l’islam è impossibile la condanna a morte in quel caso, quindi la notizia è falsa! (Ricordo quanto don Ferrante affermava del contagio: non essendo né sostanza né accidente, non esisteva! Ma sappiamo tutti come Manzoni ricorda la fine di quel dotto). La realtà non segue gli astratti ragionamenti dei buonisti e la storia non è sempre politically correct.
Questo è il tempo di dare testimonianza alla verità, rendendo presente Colui che è «la via, la verità e la vita». E che ora vive nella Chiesa, quella vera e reale, non quella immaginaria (spesso vezzeggiata dai mass-media) che è incapace di essere «segno di contraddizione». Il Papa ce la ha consegnata, secondo tutta la tradizione, come organismo vivente, capace di giudizio (la fede amica della ragione) e di carità, che sa attingere dalla propria storia e dalle proprie radici quella linfa vitale di cui il mondo ha bisogno.
Quella Chiesa che sa rendere cultura la fede, così come in maniera affascinante il martire Florenskij affermava un secolo fa: «La cultura è la lotta consapevole contro l’appiattimento generale; la cultura consiste nel distacco, quale resistenza al processo di livellamento dell’universo, è l’accrescersi diversità di potenziale in ogni campo che assurge a condizione di vita, è la contrapposizione all'omologazione, sinonimo di morte. Ogni cultura è un sistema finalizzato e saldo di mezzi atti alla realizzazione e al disvelamento di un valore, adottato come fondamentale e assoluto, e dunque fatto assurgere a oggetto di fede. […] La cultura, come risulta chiaro anche dalla etimologia, è un derivato del culto, ossia un ordinamento del mondo secondo le categorie del culto. La fede determina il culto è il culto una concezione del mondo, da cui deriva la cultura».

Ancora una volta, con il lavoro del nostro sito, vogliamo essere al servizio di questa opera. Per l’uomo, contro la barbarie.


ASIA BIBI/ Bhatti: io, condannato per blasfemia, vi spiego cosa accadrà in Pakistan - INT. Nazir Bhatti - venerdì 19 novembre 2010 – il sussidiario.net

«Il parlamento pakistano non cambierà mai la legge sulla blasfemia in base a cui Asia Bibi è stata condannata a morte. La maggioranza dei pakistani è a favore di questa norma. E i politici che vanno controcorrente perdono una valanga di voti, mentre i giudici che assolvono i cristiani sono uccisi a colpi di arma da fuoco». Ad rivelarlo nel corso di un’intervista a «Ilsussidiario.net» è Nazir Bhatti, fondatore del Pakistan Christian Congress e direttore del Pakistan Christian Post, l’unica voce libera dei cristiani pakistani. Nel 1997, dopo avere guidato una manifestazione contro una strage di cristiani, Nazir Bhatti è stato accusato dal governo pakistano di alto tradimento, omicidio e blasfemia. Da allora vive in esilio negli Usa, dove ha promosso una petizione per chiedere all’Onu di intervenire in favore di Asia Bibi.


Nazir Bhatti, quali sono le condizioni di Asia Bibi in carcere?

Asia Bibi è trattenuta in una speciale cella di sicurezza ed è sottoposta a limitazioni alla possibilità di ricevere visite. Durante le sue apparizioni in tribunale ha incontrato alcune persone, con le quali si è lamentata per il fatto che nella sua cella si sente molto sola e impaurita. Le è stato concesso di incontrare le figlie per dieci minuti soltanto nel tribunale, in occasione delle udienze del processo. Le guardie carcerarie la minacciano continuamente dicendole: «Sarai impiccata per avere insultato il profeta Maometto». La sua situazione è simile a quella di Robert Danish, un accusato di blasfemia che è stato ucciso nella cella di sicurezza del carcere di Sialkot nel 2009. Siamo infatti venuti a sapere che Asia Bibi in prigione non è al sicuro.

Come si è svolto il processo contro Asia Bibi?

Il giudice di Sheikhupura, che ha firmato la sua condanna a morte con l’accusa di blasfemia, è stato messo sotto pressione dai gruppi estremisti islamici e ha quindi ignorato la realtà dei fatti.
  
Di quali pressioni sta parlando?

 Il 10 ottobre 1997 il giudice Iqbal Bhatti dell’Alta Corte di Lahore è stato ucciso da un proiettile per il fatto di avere rilasciato Salamat Masih, un cristiano accusato di blasfemia.
  
E quindi come si regola la maggior parte dei giudici?
  
I giudici della bassa corte e della corte d’udienza di solito condannano sulla base dei documenti d’accusa presentati dalla procura e non prestano molta attenzione alle argomentazioni degli avvocati difensori. Le denunce per blasfemia in Pakistan sono nella maggior parte dei casi presentate da religiosi musulmani, affiliati a partiti politici islamici e a gruppi di militanti musulmani. Asia Bibi quindi è stata assistita da un avvocato, che però non ha potuto giocare un grande ruolo nel corso del processo.

I media pakistani stanno parlando del suo caso?


Finora hanno sempre ignorato i problemi dei cristiani, e anche il caso di Asia Bibi non è stato seguito in modo adeguato.

Quali sono gli ostacoli che impediscono di abrogare la legge sulla blasfemia?


Il fatto che la maggioranza dei musulmani in Pakistan sono a favorevoli a questa norma. I musulmani moderati quindi, per timore degli estremisti islamici, non si esprimono apertamente a favore dell’abolizione della legge. La situazione è la stessa anche in Parlamento. I principali partiti politici come il Pakistan Peoples Party (PPP), la Lega Pakistana Musulmana «Nawaz Group» (PMLN), la Lega Musulmana Pakistana Quaid (PMLQ), il Movimento Muthida Quoimi (MQM) e il Partito Nazionale Awami (ANP) riconoscono nei colloqui privati che la legge sulla blasfemia è contraria ai diritti fondamentali garantiti alle minoranze religiose dalla costituzione della Repubblica Islamica. Ma appena si trovano non dico all’aperto, ma al piano terreno delle loro case, hanno paura a parlare di questo argomento perché non vogliono perdere l’eccezionale cumulo di voti dei religiosi.


Il suo partito come si sta muovendo?

Nel 1998 abbiamo presentato una petizione scritta all’Alta Corte di Lahore con la richiesta di abrogare la legge sulla blasfemia, respinta però dall’ufficio giudiziario presieduto dal giudice capo dell’Alta Corte di Lahore. Comprendiamo che la maggioranza parlamentare musulmana non abrogherà mai la legge sulla blasfemia, né approverà norme per porre fine alle sue scorrette applicazioni. Ma confidiamo nel fatto che la Corte Suprema del Pakistan può formulare delle sentenze per fermare la persecuzione dei cristiani sotto questa legge.

Shahbaz Bhatti, il ministro cristiano per le Minoranze religiose, ha però promesso che la cambierà…

Shahbaz Bhatti non è un membro eletto del Parlamento, ma è stato scelto dal Pakistan Peoples Party (PPP) tra i seggi riservati alle minoranze nell’Assemblea nazionale pakistana. E’ dall’anno scorso che il ministro sta promettendo una revisione della legge sulla blasfemia, ma non ha mai mantenuto la parola data. Essendo stato scelto e imposto come ministro federale per le Minoranze dal PPP, parla a nome dei capi del suo partito e il PPP non presenterà mai nessuna proposta di legge per emendare o abrogare la legge sulla blasfemia.

Più in generale, com’è la situazione dei cristiani in Pakistan?

Temiamo degli attentati come a Bagdad, perché li abbiamo già subiti in passato. Come quando i militanti hanno sparato uccidendo 16 fedeli cristiani nella chiesa di Bahawalpur nel 2001. Mentre nel 2009 gli estremisti musulmani hanno bruciati vivi sette bambini, donne e anziani cristiani. Ci sono episodi come conversioni forzate di donne cristiane, violenze sessuali di gruppo di ragazze cristiane, uccisioni di sacerdoti o di fedeli. Temiamo quindi che casi come il sequestro di ostaggi che abbiamo visto nella chiesa di Bagdad si verifichino anche in Pakistan.

Quali altre discriminazioni subite?

I giovani cristiani non trovano lavoro e non possono essere ammessi agli istituti professionali. Siamo il 13% della popolazione, ma questo dato non è rispecchiato a livello di rappresentanza nelle istituzioni democratiche o in qualsiasi altro campo delle vita sociale. In Pakistan non esistono né giustizia sociale né uguali diritti per tutti.

Anche la libertà di associazione è negata?

 Nessuna associazione cristiana in Pakistan è libera di organizzarsi, almeno dal punto di vista dell’uguaglianza dei diritti democratici per tutti. L’All Pakistan Minorities Alliance (APMA) del ministro Shahbaz Bhatti sopravvive in Pakistan perché segue le linee guida dell’establishment al potere. Shahbaz Bhatti non è mai stato condannato per blasfemia in Pakistan, ma le agenzie governative hanno fatto credere che abbia ricevuto delle accuse di questo tipo per promuovere la sua immagine tra i cristiani. Eppure vive ancora in Pakistan e non esiste nessun rapporto contro di lui in nessuna delle stazioni di polizia dell’intero Paese.


Lei invece si trova in esilio negli Usa…

Nel 1997, il governo del Pakistan ha presentato contro di me delle accuse di tradimento, omicidio, blasfemia e altri reati, per un totale di 21 diversi capi d’imputazione, in quattro commissariati di polizia di Karachi. E questo, guarda caso, proprio mentre stavo guidando una manifestazione di protesta contro gli attacchi della folla musulmana nel villaggio di Shanti Nagar.

In sintesi, che cosa chiedono i cristiani del Pakistan?

Uguali diritti democratici fondamentali per tutti, in modo da non essere più trattati come cittadini di serie B.

(Pietro Vernizzi)


IL CASO/ Campiglio: 5 misure per aiutare famiglia (e Pil) a non andare in crisi Luigi Campiglio - venerdì 19 novembre 2010 – il sussidiario.net

La crisi mondiale ridisegna la mappa degli equilibri del potere economico e politico: mentre il mondo asiatico ha il problema di un’inflazione in crescita a causa di un’economia che ha ripreso a correre troppo, l’Italia - avendo ormai alle spalle quasi un ventennio di progressivo rallentamento - oggi corre così poco da sembrare ferma e sulle famiglie italiane ricade il costo economico e sociale di una violenta crisi sistemica che ha aumentato le disuguaglianze interne.

La creatività e l’energia di una massa di giovani, che rappresentano la vera ricchezza economica del paese, è imprigionata nella gabbia di lavori incerti e precari, anche se è da loro che proviene la spinta più forte all’innovazione e alla crescita della produttività. I paesi emergenti che attraggono gli investimenti mondiali, come la Cina, il Brasile, l’India, la Russia, ma anche la Turchia, sono paesi giovani, condizione necessaria anche se non sufficiente per la crescita. Così come sono paesi molto più giovani dell’Italia anche gli Stati Uniti, il Regno Unito o la Svezia, la cui produttività del lavoro è in continuo aumento.

La caduta della natalità in Italia è lo specchio delle difficoltà economiche delle famiglie e della crescente incertezza macroeconomica derivante dal continuo aumento della disoccupazione giovanile: la paradossale conseguenza è un paese anziano - secondo solo al Giappone - che registra una diminuzione della popolazione, un aumento rilevante dell’immigrazione in segmenti del lavoro a non elevata qualificazione e un’emigrazione dei giovani italiani più qualificati. La questione della famiglia è, insieme al sottodimensionamento delle imprese italiane, il nodo centrale che occorre affrontare per restituire un futuro al paese, pur in un tempo di crisi: la famiglia è l’istituzione chiave per la crescita del paese e laddove l’istituzione familiare registra crisi e cedimenti, come negli Stati Uniti, le conseguenze negative sul piano sociale ed economico lasciano impressionati.

Il problema è che l’istituzione della famiglia è diventata in molti paesi il terreno di dispute ideologiche e in Italia ciò ha avuto come conseguenza l’assenza costante della famiglia dall’agenda politica: la famiglia è diventata un omaggio rituale di cortesia politica presente in tutti i programmi elettorali, ma l’averla ignorata nei fatti è la causa ultima dei problemi economici in cui ci troviamo.
 
Per questi motivi è ragione di sopravvivenza economica la consapevolezza di individuare le linee di una politica economica per la famiglia, perché in questa fase economica delicata è cruciale investire le poche risorse disponibili su interventi a elevato rendimento sociale, proteggendo le priorità con lo scudo d’ imposte finalizzate istituzionalmente ad uno specifico scopo. Al tempo stesso, tenendo presente i vincoli di finanza pubblica, occorre promuovere nel mercato e fra gli investitori istituzionali gli spazi di una nuova finanza sociale.
Sulla base di queste linee di azione, tenendo conto dell’opportunità di interventi mirati e urgenti, la misura più efficace è quello di estendere ai redditi medi l’area di piena titolarietà degli assegni familiari. A questo riguardo va ricordato come nel 1996 sono state tolte risorse alle famiglie per assegni familiari e maternità, che corrispondono a circa 8 miliardi a prezzi 2010, restituibili in tranches, che rappresenterebbero un segnale di inversione di rotta, oltre che una boccata di ossigeno per le giovani famiglie con figli.

La seconda misura proposta è quella di innalzare a 8 mila euro la soglia di reddito necessario per essere considerati familiari a carico: al riguardo va ricordato, come esempio emblematico, che tale valore è fermo a 2.841 euro dal 1995, cioè da ben 15 anni. Una seria politica per la famiglia non può dipendere dalla benevolenza o dalla memoria del governo in carica.

È altresì necessario introdurre un principio di indicizzazione per tutte le misure che riguardano la famiglia, a partire dalle detrazioni: ad esempio le detrazioni per il coniuge sono rimaste fisse a 497 euro dal 1996 al 2005 e sono fisse a 290 euro dal 2007 a oggi.

Dal punto di vista della finanza sociale l’investimento privato che occorre promuovere su vasta scala è quello dell’housing sociale, che non significa case popolari, ma normali case il cui costo è depurato dalla rendita urbana. Per chi volesse toccare con mano l’effetto che ciò può avere sul tessuto urbano, sullo spazio che con ciò si apre ai giovani e alle giovani coppie, non ha che da considerare l’esperienza di Berlino. A ciò si aggiunga che l’investimento in housing sociale mobilizza risorse locali con un elevato moltiplicatore di reddito occupazionale, favorisce la mobilità territoriale e la flessibilità del lavoro.


Infine occorre un’attenta valutazione ex-post della legislazione del lavoro, per individuare quali sono le esperienze positive e quali quelle da migliorare o trasformare, con l’obiettivo di ridurre la precarietà, aumentare il reddito considerato permanente dalla famiglie giovani, sulla cui base esse possono ragionevolmente formulare progetti per il proprio futuro.


Avvenire.it, 19 novembre 2010 - Appello ai media. E soprattutto alla Rai - Fateli parlare di Marco Tarquinio

Fateli parlare. Non c’è altro che chiediamo e che, adesso, ci aspettiamo: fateli parlare. Fate parlare una buona volta, riconoscete e fate conoscere quelli come Mario Melazzini, come Fulvio De Nigris, come Mariapia Bonanate e suo marito, Angelo Carboni, Rosy Facciani, Simone Schonsberg e la mamma Gloria, Moira Quaresmini e la sua famiglia. Lo diciamo a ogni network e a ogni emittente di questo nostro Paese, ai colleghi della carta stampata. Ma prima che a ogni altro lo diciamo a coloro che stanno in Rai e costruiscono, dirigono e amministrano la televisione che dovrebbe, ancora e sempre, essere di tutti. Se dire Rai significa davvero dire “servizio pubblico” e non evocare un privato strumento di propaganda di un conduttore di successo e dei suoi selezionatissimi amici e ospiti, fateli parlare.

Fabio Fazio – in dosato e infine esplosivo crescendo – sta dando spazio e voce solo ai “profeti” dell’eutanasia? Rendetevene conto – presidente Garimberti, direttore generale Masi, direttore Ruffini – e fate dare conto delle voci cancellate e negate, delle vite e delle storie umiliate. Fazio e Saviano hanno deciso di riconoscere e far conoscere, a senso unico, le vicende e le battaglie «libertarie» e infine di morte condotte da Englaro e Welby e dalle lobby radunate attorno a loro (guarda caso le stesse dello spot eutanasico che si vorrebbe far dilagare in tv)? Hanno pontificato e lasciato argomentare sulla non dignità della condizione di malati e malate? Hanno scatenato indignazione tra le gente vera, i malati e le loro famiglie, che nessuno o quasi si preoccupa di considerare? Siate la Rai, e date un segnale: date voce alle voci umiliate e negate, alle altre voci, alle voci di chi vive e lotta e soffre e non molla.

Fate parlare uno come Mario Melazzini, un malato di Sla che più di chiunque altro può dire che cosa significa combattere il male. Un medico che, da uomo di scienza e da persona messa alla prova, sa che cosa vuol dire investigare, curare e resistere con dignità vivente e tenace gioia alla fascinazione del sonno e della morte che tutto placano, che cancellano la lotta e la speranza, il dolore e i giorni.
Fate parlare uno come Fulvio De Nigris, un uomo che ha sperimentato la fatica di vegliare e accudire un figlio che c’è e che sembra non ci sia, un padre che sa ormai – e testimonia – dell’impossibile per un maschio: il custodire, il nutrire, l’aspettare – come in una gravidanza – il figlio che ti è stato dato e che hai come perso, ma che forse ti rinasce e che, risvegliandosi o non risvegliandosi, comunque ti risveglia al senso della vita e della dignità e dello stare accanto.
Fate parlare una come Maria Pia Bonanate, una donna che vive con l’amore di sempre anche la vita «chiusa dentro» di suo marito e ha visto capovolta la quotidianità sua e della sua famiglia. Una moglie e una madre, un’intellettuale, che sa dell’amore e dello strazio, della pazienza e dell’ansia di giustizia, della fede in Dio e della fiducia nella buona scienza, della solitudine in cui ti precipitano indifferenze (e inadempienze) e della forza che può sprigionarsi dal “fare rete”, dal mettere in comunicazione vite e storie.

Fateli parlare, e non per «par condicio» e per «far dibattito». Ma perché la loro è lotta vera, è umanità vera. Certo, è vera anche la parola di chi anela alla “libertà del burrone” perché ritiene che in se stesso – in un’autodeterminazione, in un’idea di dignità, in una fine – può risolvere anche il mondo. Ma – se appena ci si pensa, se Fazio e Saviano ci riflettono e con loro lo fanno gli amministratrori e i direttori della Rai e ogni giornalista – l’umanità di Mario e Fulvio e Maria Pia dice molto di più della nostra umanità e della nostra attesa. Perché racconta della tenacia e della speranza. Siamo uomini e donne – e non ci salviamo e  risolviamo in solitudine – perché amiamo e teniamo duro, non ci fermiamo alle apparenze e non ci arrendiamo al male. Fate parlare, allora,  Mario, Fulvio e Maria Pia... Non lasciateli umiliare ancora, non negate loro la voce.


Avvenire.it, 19 novembre 2010 - LA DIFESA DELLA VITA - Malati sì, ma ricchi di dignità e speranza

Non li ha mai nemmeno sfiorati l’idea che un giorno si sarebbe reso necessario disporsi ad andare in televisione per difendere la dignità della propria condizione umana. Ma dopo quello che hanno combinato lunedì sera Fazio & Saviano, alcuni di loro si dicono disponibili a mettere da parte riserbo e pudore per dire anche in tv che la vita è degna di essere vissuta anche se si è disabili gravissimi. Più di mezz’ora di televisione a senso unico, lunedì sera dentro Vieni via con me, tutta tesa a dimostrare che la vita a un certo punto può essere buttata via ha aperto una ferita profonda nella vita delle famiglie di persone in stato vegetativo, in coma, affette da sclerosi laterale amiotrofica, o con sindrome locked-in. Migliaia di persone che in Italia, ogni giorno, offrono una lezione di dignità, coraggio, speranza, dedizione, altruismo, un popolo che quella serata televisiva ha di fatto umiliato. Le storie che abbiamo raccolto in questa pagina consentono di ascoltare il dolore – composto, ma profondo – col quale hanno seguito un incredibile spot per l’eutanasia sulla tv pubblica. Ci mettiamo in ascolto di questa Italia che non trova spazio sui media quando si parla di disabilità e decisioni di fine vita. Perché è la parte migliore del nostro Paese. Ed è incredibile che la televisione la ignori, per far spazio a due testimonial – sempre loro – della morte cercata, procurata e giustificata. Da questi genitori, fratelli, mogli, mariti, figli abbiamo davvero molto da imparare.

La lotta di Gloria per il figlio Simone: una rete di aiuto e fondi pubblici
Parte proprio stamattina dal suo Trentino per Roma, dove intende "copiare" l’esperienza di una casa famiglia per giovani adulti in stato vegetativo, Gloria Valenti, la mamma di Rovereto che si batte anche con quest’obiettivo da cinque anni. Ovvero da quel 12 ottobre 2005, il giorno dal quale suo figlio Simone Schonsberg (allora quindicenne) a seguito di un arresto cardiaco mentre andava a scuola si trova a vivere in stato vegetativo: i primi 13 mesi in ospedale, ora assistito dalla famiglia e da una straordinazione rotazione di coetanei e conoscenti.
Sono gli «Amici di Simone», come dice il nome della Onlus fondata nel 2007 e ora conosciuta anche fuori provincia che vede ogni anno 200 soci – fra i quali anche associazioni di volontari, oratori, gruppi di famiglie – impegnarsi sul territorio per un’opera di sostegno anche economico con concerti, feste campestri, incontri di sensibilizzazione.
Gloria l’ha raccontato in un toccante volume lume dal titolo «Svegliati, Simone» (Editrice Il Margine, Trento) che esprime le attese di tante famiglie e interpella l’ente pubblico a farsi carico di iniziative concrete: «Quest’anno la Provincia – riconosce la mamma trentina – ha deliberato un contibuto di 6 mila euro per le famiglie di malati in stato vegetativo o con Sla e l’esenzione totale della retta per coloro che sono ricoverati in residenze socio-assistenziali».
Un altro contributo dall’associazione di Gloria è il fresco vademecum dal titolo «Una mano per la vita» dedicato alle famiglie che vivono questa realtà quotidiana. «Una persona in stato vegetativo – è uno dei principi sui quali Gloria Valenti ha coinvolto tante persone – non è malata: ha bisogno di una struttura adeguata che le permetta assieme alla sua famiglia e ai suoi amici, di non smettere di vivere».
Diego Andreatta

Angelo: date voce pure a chi resiste
Angelo Carboni fino a sei anni fa insegnava al Liceo. Poi la Sla l’ha costretto a lasciare, ma non gli ha tolto la voglia di vivere. Lo dimostra il nuovo libro presentato ieri nella sua Pattada (Sassari) dal titolo emblematico, "Inguaribile vagabondo", scritto con il comunicatore oculare. «Avrei voluto dare un taglio diverso al mio intervento – ha esordito Angelo – sull’onda delle ripetute trasmissioni tv sull’urgenza e sulla legalizzazione della "buona morte". L’impressione è che una cultura segnata dal relativismo voglia cancellare il dolore dalle nostre esistenze. Fazio ad esempio: il messaggio è che la vita in certe condizioni non avrebbe alcun senso. Una vera scelta di libertà, invece, sarebbe quella di dare voce a qualcuna delle migliaia di persone che, pur in condizioni critiche, hanno della vita un’idea del tutto diversa». Accanto ad Angelo l’infaticabile moglie Maria Giovanna che non smette di sostenere il marito. «È dura, ma credo non ci sia altra strada che stare vicino a chi vive questa malattia, aiutando in ogni modo a dare senso giusto alle giornate». Per il figlio Andrea non è stato semplice superare la nuova vita del padre: «Ho seguito l’evoluzione della malattia: più progrediva, più lo vedevo mettere da parte ogni forma di individualismo ed egoismo per mettersi in secondo piano, facendo posto alle nostre esigenze rispetto alle sue. Il suo nuovo libro può farci capire il vero senso dell’esistenza». La prefazione al libro è del vescovo, monsignor Sergio Pintor, che scrive tra l’altro: «Il tuo è un libro sulla vita e l’amore, l’esistenza e il suo senso, la forza e la gioia dell’amore che fa vivere, la sofferenza vissuta in comunione con la fede».
Roberto Comparetti

«Mio marito non si può muovere ma sente tutto Inumano escluderlo»
Si sono sentiti esclusi, e in qualche modo traditi dalla puntata di «Vieni via con me» di Fabio Fazio e Roberto Saviano. «Il dramma sommerso e per lo più ignorato che viviamo quotidianamente in solitudine e senza sostegni né economici, né sociali, né umani non può essere esaurito da casi mediatici che vengono regolarmente strumentalizzati per fini ideologici o di spettacolo», dice Mariapia Bonanate, giornalista e scrittrice, che dal dicembre del 2005 vive accanto al marito colpito dalla Locked-in syndrome, o sindrome del chiavistello. Una invalidità che lascia la corteccia celebrare intatta, quindi la facoltà di capire e di pensare, mentre il corpo è ridotto a un’immobilità totale. «Queste persone vivono chiuse come in uno scafandro: vedono, ascoltano, si emozionano, si disperano, lottano per sopravvivere, ma non possono comunicare in alcun modo», spiega la giornalista. E aggiunge: «Ma sono persone vive, esistono, hanno diritto a una qualità di vita che ne rispetti la dignità e permetta loro di abitare una dimensione pienamente umana». Lo dimostrano studi e ricerche effettuate a livello scientifico: un’alta percentuale di questi ammalati vuole continuare a vivere, pur in una condizione così invalidante. «C’è un diritto a vivere – sostiene Mariapia Bonanate –, che non trova risposte nelle istituzioni, nella politica e nella cultura. Questi "vivi" sono considerati dei vuoti a perdere solo perché non hanno più voce, non sono visibili, non producono e non sono efficienti». E conclude: «I "comanauti", come sono stati definiti da Leonardo Melossi, medico riabilitatore torinese, ci chiedono di essere ascoltati nel silenzio in cui vivono per poter riallacciare con il mondo esterno una comunicazione che parla di valori e di dimensioni che oggi abbiamo perso. Se sapremo ascoltarli capiremo che il coma non è solo sofferenza, ma anche un’opportunità per scoprire un altro modo di vivere e di amare».
Chiara Genisio

Rosy, che non sa stare ferma
A San Piero in Bagno, in provincia di Forlì-Cesena, la casa di Rosy Facciani, 63 anni, è nota a tutti. Ogni venerdì diverse persone si ritrovano accanto al suo letto per la recita del rosario e alcune volte l’anno il parroco don Rudy Tonelli, grande amico di famiglia, celebra la Messa in quella stanza in cui abbondano immagini della Madonna di Lourdes e di padre Pio. Rosy è ammalata di sclerosi laterale amiotrofica (Sla) dal 1991 ed è immobile dal 1994. Nella sua camera non manca alcun macchinario, anche se «c’è sempre da combattere con la sanità, per quanto noi in Romagna siamo fortunati», sottolinea Simone, 41 anni, una vita spesa accanto alla mamma. «Se non ci fosse mio figlio – precisa Rosy, che da un paio d’anni utilizza un sintetizzatore vocale per comunicare – io non sarei più qui da molto tempo». Grazie al computer a cui è collegata, Rosy guarda la tv, naviga su internet, ascolta musica, va su YouTube, si muove in un mondo che prima le era sconosciuto. «Si lamenta perché il pc è lento – precisa il figlio –. In merito poi alle polemiche di questi giorni sull’eutanasia, posso dire che per la mamma è un pensiero che neppure esiste. Rosy vuole vivere. Ed è sorretta da una grande fede. In giugno l’ho portata con il dottor Melazzini e quelli dell’Aisla (l’Associazione nazionale degli ammalati di Sla) davanti a Montecitorio. Pochi giorni dopo, con il nostro nuovo pulmino, l’ho accompagnata al mondiale di superbike a Misano (Rn), per seguire il nostro concittadino Lorenzo Lanzi, una sorta di figlioccio per Rosy. Il 31 luglio e il 17 ottobre siamo stati a Firenze, a trovare una sua amica. Non si può dire che Rosy stia ferma in un letto». «La vita è bella e bisogna viverla fino in fondo», ripete Rosy a chi la va a trovare. Per credere bisogna vedere. La casa di Rosy è aperta a tutti.
Francesco Zanotti

«Moira ha il diritto di vivere»
È sconcertato o, meglio, adirato Faustino Quaresmini, il papà di Moira, la signora di Nova Milanese in stato vegetativo da dieci anni. È adirato di fronte a quanto sta avvenendo in questi giorni, prima con gli spot in favore dell’eutanasia e poi con la trasmissione di Fabio Fazio. «È evidente: il messaggio che vogliono far passare è quello di sopprimere le persone malate o disabili, non di aiutarle. Perché nessuna di quelle tremila famiglie che hanno un familiare in stato vegetativo e che hanno scelto non di sopprimerlo, ma di assisterlo, di accudirlo in casa, magari da soli, con tanto sacrificio e con tanto amore, viene mai interpellata? Anche noi siamo cittadini e abbiamo il diritto di far conoscere il nostro pensiero, visto che il canone tv lo paghiamo». È un fiume in piena Quaresmini: e non potrebbe essere altrimenti. Sua figlia Moira nel gennaio del 2000, a causa di un’embolia amniotica al momento del parto, entra in coma. In ospedale viene sottoposta al cesareo. Nasce una bambina di 4 chili, Asia, che però muore pochi minuti dopo. Negli ospedali di Desio, Erba e Seregno, dove Moira viene ricoverata, i medici sono concordi: non c’è più nulla da fare, solo un miracolo potrà salvarla. Faustino e sua moglie Giovanna credono nei miracoli e, contro il parere di tutti, portano Moira a casa propria e scelgono di donarsi completamente alla propria figlia. Scelgono il miracolo dell’amore, che ha permesso a Moira di continuare a vivere ben dieci anni. «Nostra figlia ha lo stesso, ripeto lo stesso, quadro clinico che aveva Eluana Englaro – continua Quaresmini –. Moira mangia di tutto, ovviamente frullato, ci sorride e sono convinto che ascolta quanto stiamo dicendo. Moira è viva e ha il diritto di vivere. Questo è ciò che importa».
Enrico Viganò