venerdì 5 novembre 2010

Nella rassegna stampa di oggi:
1)    UN NUOVO UMANESIMO, PER GUARDARE ALLA VITA COME BELLEZZA E AMORE - Messaggio della CEI per la Giornata della Vita di Antonio Gaspari
2)    IL PAPA: SAN CARLO BORROMEO, UN RIFORMATORE ANCORA ATTUALE - A 400 anni dalla canonizzazione dell'unico Vescovo santo dell'epoca moderna
3)    04/11/2010 – CINA - Aborto forzato all’ottavo mese per una donna cinese, dice Al Jazeera - La televisione del Qatar ha postato sulla versione cinese di Twitter un video che testimonia di un aborto forzato commesso ai danni di una donna cinese a Xiamen. La politica del figlio unico in Cina porta a circa 13 milioni di aborti all’anno, molti dei quali imposti.
4)    Fuori dalla politica-roulette Mario Mauro - venerdì 5 novembre 2010 – il sussidiario.net
5)    Intervista all'arcivescovo Vitti presidente della Conferenza episcopale regionale Sul 2 del Brasile - La secolarizzazione è la vera sfida alla nuova evangelizzazione - di Nicola Gori  (©L'Osservatore Romano - 5 novembre 2010)
6)    Elezioni USA: grande successo dei “pro-life”. - In Bioetica e Pro-Life, Politica, laicità e libertà religiosa on 4 novembre 2010 dal sito http://antiuaar.wordpress.com
7)    LETTURE/ Cosa serve a una società? Scola sfida le ragioni della convivenza Javier Prades - venerdì 5 novembre 2010 – il sussidiario.net
8)    Avvenire.it, 5 novembre 2010 - Le diseguaglianze e la voce del Papa - Oggi come sempre per la giustizia di Salvatore Mazza
9)    Avvenire.it, 10 novembre 2010 - IL MESSAGGIO - «L'annuncio di Cristo primo fattore di sviluppo»
10)                      «L’accoglienza è la nostra redenzione» - La famiglia Boccanera Delamer ospita un bimbo non vedente e con emiparesi. L’esperienza sarà al centro della tre giorni organizzata a Parma da 'Famiglie per l’accoglienza' - DA BOLOGNA STEFANO ANDRINI – Avvenire, 5 novembre 2010

UN NUOVO UMANESIMO, PER GUARDARE ALLA VITA COME BELLEZZA E AMORE - Messaggio della CEI per la Giornata della Vita di Antonio Gaspari

ROMA, giovedì, 4 novembre 2010 (ZENIT.org).- Per rinnovare e alimentare la speranza “occorre diffondere un nuovo umanesimo”, per “guardare alla vita come al dono più alto che Dio ha fatto all’umanità”.
E' quanto si legge nel Messaggio per la 33a Giornata nazionale per la vita (6 febbraio 2011), scritto a Roma il 7 ottobre, Memoria della Beata Vergine del Rosario, e diffuso oggi 4 novembre, dal Consiglio Episcopale Permanente della conferenza Episcopale Italiana (CEI).
Con il titolo “Educare alla pienezza della vita” la CEI propone e auspica una “cultura della vita che la accolga e la custodisca dal concepimento al suo termine naturale e che la favorisca sempre, anche quando è debole e bisognosa di aiuto”.
Di fronte a episodi di efferata violenza che raccontano di “creature a cui è impedito di nascere, esistenze brutalmente spezzate, anziani abbandonati, vittime di incidenti sulla strada e sul lavoro” il Messaggio propone una “svolta culturale, propiziata dai numerosi e confortanti segnali di speranza, germi di un’autentica civiltà dell’amore, presenti nella Chiesa e nella società italiana”.
Dopo aver ringraziato i tanti uomini e donne di buona volontà, giovani, laici, sacerdoti, persone consacrate, i nonni e le nonne, le famiglie, le parrocchie, gli istituti religiosi, i consultori d’ispirazione cristiana e tutte le associazioni che sono fortemente impegnati a difendere e promuovere la vita, il Messaggio dei Vescovi sottolinea che “è proprio la bellezza e la forza dell’amore a dare pienezza di senso alla vita e a tradursi in spirito di sacrificio, dedizione generosa e accompagnamento assiduo”.
Il Messaggio esprime poi riconoscenza alle “tante famiglie che accudiscono nelle loro case i familiari anziani e agli sposi che, talvolta anche in ristrettezze economiche, accolgono con slancio nuove creature”. E guarda com ammirazione a quei nonni che, “con abnegazione, si affiancano alle nuove generazioni educandole alla sapienza e aiutandole a discernere, alla luce della loro esperienza, ciò che conta davvero”.
Un ringraziamento particolare ai sacerdoti che “si spendono per le comunità loro affidate, esprimendo la paternità di Dio verso i piccoli e i poveri; sono gli insegnanti che, con passione e competenza, introducono al mistero della vita, facendo della scuola un’esperienza generativa e un luogo di vera educazione”.
In conclusione il Messaggio dei Vescovi afferma che “ogni ambiente umano, animato da un’adeguata azione educativa, può divenire fecondo e far rifiorire la vita”. Per questo motivo, “il nostro stile di vita, contraddistinto dall’impegno per il dono di sé, diventa così un inno di lode e ci rende seminatori di speranza in questi tempi difficili ed entusiasmanti”.


IL PAPA: SAN CARLO BORROMEO, UN RIFORMATORE ANCORA ATTUALE - A 400 anni dalla canonizzazione dell'unico Vescovo santo dell'epoca moderna

ROMA, giovedì, 4 novembre 2010 (ZENIT.org).- San Carlo Borromeo (1538 -1584) ha dato un esempio splendido “di che cosa significhi operare per la riforma della Chiesa”. E’ quanto scrive Benedetto XVI nel Messaggio indirizzato all’Arcivescovo di Milano, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, nel IV centenario della canonizzazione di questo che fu un Vescovo molto amato nel capoluogo lombardo.
Il testo del messaggio papal è stato letto dal porporato durante il pontificale presieduto nella serata di giovedì nel Duomo ambrosiano, e a cui sono state invitate tutte le 31 parrocchie sparse nelle sette zone pastorali e le tante chiese sussidiarie intitolate a san Carlo Borromeo.
Le celebrazioni per il IV anniversario della canonizzazione del Borromeo si sono aperte il 1° novembre con l'esposizione nel Duomo di Milano, presso l'altare di San Giovanni, Bono dell'urna che custodisce il corpo di santo e che sarà visitabile dai fedeli fino al 31 luglio.
L’opera è un autentico capolavoro di arte orafa della prima metà del XVII sec. disegnata nei mesi immediatamente successivi la canonizzazione del Borromeo da uno dei più grandi artisti dell’epoca, Giovanni Battista Crespi detto il Cerano.
Nella lettera il Pontefice ricorda che san Carlo dimostrò che purificazione e riforma cominciano dall'impegno personale e infatti egli “visse in maniera eroica le virtù evangeliche della povertà, dell’umiltà e della castità, in un continuo cammino di purificazione ascetica e di perfezione cristiana”.
Nato dalla nobile famiglia dei Borromei, che poteva vantare uno zio Papa, Pio IV, il quale fu all'origine delle sue fortune, tanto che venne creato Cardinale a soli 21 anni, Carlo Borromeo ebbe una vera e propria “conversione” in seguito all'improvvisa morte del fratello maggiore avvenuta nel 1562.
Rinunciò, infatti, alla vita mondana che avrebbe potuto condurre come erede delle ricchezze della famiglia e il 17 luglio 1563 si fece ordinare prete mentre il 7 dicembre, per la festa di sant’Ambrogio, ricevette l’ordinazione episcopale.
San Carlo, ha detto il Papa, comprese che “la conversione della sua vita poteva vincere ogni abitudine avversa”.
Inoltre, ha aggiunto, “in tempi oscurati da numerose prove per la Comunità cristiana, con divisioni e confusioni dottrinali, con l’annebbiamento della fede e dei costumi e con il cattivo esempio di vari sacri ministri Carlo Borromeo non si limitò a deplorare o a condannare, né semplicemente ad auspicare l’altrui cambiamento, ma iniziò a riformare la propria vita che, abbandonate le ricchezze e le comodità, divenne ricolma di preghiera, di penitenza e di amorevole dedizione al suo popolo”.
San Carlo utilizzò le ricchezze di famiglia in favore dei poveri e fece edificare ospedali e ospizi. E durante la peste del 1576 a Milano soccorse personalmente i malati, tanto che Alessandro Manzoni volle immortalarne la figura come santo della carità.
Soprattutto si impegnò nella formazione umana, spirituale e culturale del clero - che prima del Concilio di Trento non veniva preparato in maniera adeguata - con l'istituzione di una rete di seminari e la fondazione della congregazione degli oblati, cioè di sacerdoti diocesani cui venivano affidate mansioni particolarmente delicate e che si legavano direttamente all’Arcivescovo.
San Carlo nutrì poi sempre particolare devozione per il Crocifisso e negli ultimi anni di vita, attraverso un’ascesi personale molto rigorosa, intensificò la contemplazione della passione del Signore e della valore rendentivo della Croce. A questo proposito Benedetto XVI ha sottolineato che “non c’è missione nella Chiesa che non sgorghi dal rimanere nell’amore del Signore Gesù, reso presente nel Sacrificio eucaristico”.
Infine, evidenziando come “anche ai nostri giorni non mancano alla Comunità ecclesiale prove e sofferenze, ed essa si mostra bisognosa di purificazione e di riforma”, il Pontefice ha auspicato che l'esempio di San Carlo possa spronare “a partire sempre da un serio impegno di conversione personale e comunitaria, a trasformare i cuori, credendo con ferma certezza nella potenza della preghiera e della penitenza”.


04/11/2010 – CINA - Aborto forzato all’ottavo mese per una donna cinese, dice Al Jazeera - La televisione del Qatar ha postato sulla versione cinese di Twitter un video che testimonia di un aborto forzato commesso ai danni di una donna cinese a Xiamen. La politica del figlio unico in Cina porta a circa 13 milioni di aborti all’anno, molti dei quali imposti.

Xiamen (AsiaNews/Agenzie) - Una giornalista di Al Jazeera, Melissa Chan, riporta la notizia di un aborto forzato nell’ultima fase della gravidanza avvenuto ai danni di una donna, Xiao Ai Ying. Un video è stato postato, a quanto pare senza che la coppia ne fosse a conoscenza, sulla versione cinese di Twitter.

Melissa Chan scrive che Xiao Ai Ying era incinta del suo secondo figlio, e all’ottavo mese di gravidanza quando è stata arrestata dalla polizia. Xiao Ai Ying è stata portata via, mentre urlava e scalciava, dalla casa dove abitata. Nel racconto della giornalista Luo Yan Qua, il marito, dice che “C’erano molti uomini intorno a mia moglie. Le tenevano le braccia dietro la schiena, le sbattevano la testa contro la porta, le davano calci alla pancia, non so, forse cercavano di procurarle un aborto, lì e allora”. Gli agenti poi hanno portato Xiao in un ospedale dove l’aborto forzato ha avuto luogo. Il feto è stato ucciso con un’iniezione letale quand'era ancora nel ventre della madre.

Luo Yan Qua e Xiao Ai Ying non sanno come la loro storia sia arrivata su internet. Erano troppo sconvolti e sotto shock in quel momento, e non hanno neanche preso in considerazione l’idea di mettersi in contatto con i mezzi di comunicazione. C’è la possibilità che qualcuno, dalla parte delle istituzioni, conscio della loro situazione e provando simpatia nei loro confronti, abbia discretamente passato l’informazione che li riguardava a un sito molto popolare in Cina che lavora nello stesso modo in cui opera Twitter. Se è difficile trovare le prove di questo fatto, l'ipotesi non è però irreale. In Cina la nascita di un secondo figlio è illegale, un crimine per cui la madre è multata con una cifra che può andare da un dollaro a 40mila dollari. Alcune donne possono anche essere costrette a subire la sterilizzazione. 


Fuori dalla politica-roulette Mario Mauro - venerdì 5 novembre 2010 – il sussidiario.net

Ieri Silvio Berlusconi, durante la seconda direzione nazionale del popolo della libertà, ha rilanciato le ambizioni del Governo per il prossimo futuro. Si tratta senza dubbio di una buona notizia, anche se, il clima di incertezza e di stallo politico al quale siamo ormai da un po’ di tempo abituati, continua a pervadere le stanze del potere e i pensieri di molti italiani. E’ bene quindi cercare di fare luce soprattutto su questo punto.

Il vero motivo per cui il paese si trova in una fase di blocco politico-istituzionale sta nella scelta pregiudiziale di tutte le opposizioni di non voler concludere nessun tipo di accordo con il Presidente Berlusconi, il quale probabilmente non ha la forza di realizzare le riforme più importanti. Non possiamo tuttavia dimenticare che il Governo ha contribuito ad una tenuta complessiva del sistema paese in circostanze molto difficili.

In realtà un accordo con Berlusconi converrebbe a tutte le opposizioni, dando per scontato che non sono nelle condizioni di produrre una reale alternativa. Questo accordo aiuterebbe da un lato a deideologizzare la sinistra italiana e sul piano del governo del paese, potrebbe aprire l’opportunità di alcune riforme condivise essenziali per il nostro futuro. A più riprese ho avuto l’occasione di interloquire su questi argomenti con gli stessi Bersani e D’Alema. Ma il loro no su una possibile intesa col Cavaliere nell’interesse dell’Italia rimane fermo.

Come pure appare non negoziabile la posizione sia di Fini che di Casini, oggi indisponibili a garantire i numeri in parlamento: non quelli necessari per l’ordinaria amministrazione, bensì quelli indispensabili per le grandi riforme. Anche in questo caso mi parrebbe conveniente per i leader di UDC e FLI rientrare in sintonia con il gran corpo dell’elettorato PDL. Sta di fatto comunque che l’obiettivo dell’isolamento di Berlusconi è tenacemente perseguito da tanti senza però la forza di mettere sul piatto un’alternativa affascinante.
A complicare le cose lo smarrimento di elettori sempre più ostaggio di una comunicazione intenzionata, attraverso una girandola di scandali e miserie, a rafforzare il partito dell’astensione, della demotivazione quando non addirittura quello della rabbia. Dove guardare quindi indipendentemente dal fatto che la pallina dei risultati elettorali possa fermarsi su questa o su quella parte politica in un contesto, quello italiano, che sembra sempre più simile a una roulette piuttosto che a un dibattito di idee dove si confrontano interessi legittimi?

Mi permetto di proporre due suggerimenti che nascono dall’esperienza di questi anni e che potrebbero rappresentare una trincea su cui lavorare. Primo. Smettiamo di considerare un tabù l’unità politica dei cattolici: non serve per rifare la DC, ma perché cresca un fronte di persone che abbiano più a cuore di unire invece che dividere in un paese tanto ferito.

Secondo. Siamo realisti! Non ha senso cominciare a discutere del dopo Berlusconi in presenza di un Presidente del Consiglio che non ha nessuna intenzione di mollare: ma Berlusconi come non è la causa di tutti i mali non è neanche la soluzione di tutti i problemi.

E le soluzioni si trovano imponendo nell’agenda politica italiana proposte realmente significative: avevamo consegnato al PDL la bandiera per esempio della libertà di educazione. Che fine ha fatto? Invece che vagheggiare la nascita di nuovi ed improbabili contenitori politici concentriamoci sul tentativo di dare un’anima, o meglio, di far venir fuori l’anima di quello che dovrebbe essere il più grande partito dei moderati italiani da vent’anni a questa parte.


Intervista all'arcivescovo Vitti presidente della Conferenza episcopale regionale Sul 2 del Brasile - La secolarizzazione è la vera sfida alla nuova evangelizzazione - di Nicola Gori  (©L'Osservatore Romano - 5 novembre 2010)

Una delle regioni più industrializzate del Brasile, con un tasso di crescita notevole sia in termini economici, sia demografici, è il Paraná. Questo Stato può anche essere definito un "melting pot" riuscito, a causa della composita provenienza dei suoi abitanti. In questa realtà, la Chiesa cerca di rispondere alle nuove sfide che il benessere ha prodotto. Tra queste, particolare attenzione suscitano l'elevata concentrazione della popolazione nelle grandi città e la conseguente carenza di sacerdoti, e la crescita delle sette fondamentaliste che riducono la religione a un supermercato di servizi religiosi. Ne abbiamo parlato in questa intervista all'arcivescovo di Curitiba, monsignor Moacyr José Vitti, presidente della Conferenza episcopale regionale Sul 2, in questi giorni in visita ad limina Apostolorum.

Contrariamente agli altri Stati, il sud del Brasile rappresenta la regione più industrializzata. Quali sono le sfide che la Chiesa nel Paraná deve affrontare?

Molte sono le sfide che derivano da questa realtà:  l'evangelizzazione, l'accoglienza, i posti di lavoro, l'educazione, la salute, i trasporti; altre sono dovute all'esclusione, alla violenza, alla diffusione della droga. Un'altra sfida è causata dalla crescita esponenziale della popolazione nelle grandi città, per cui il numero di sacerdoti per abitante è basso. Basti considerare che secondo i dati dell'ultimo censimento, nella sola arcidiocesi di Curitiba la popolazione è aumentata di quasi 600.000 persone negli ultimi otto anni. La Conferenza episcopale regionale Sul 2, per far fronte a queste sfide, ha scelto il rinnovamento parrocchiale come priorità pastorale. È bene considerare che lo Stato del Paraná ha più di dieci milioni di abitanti dei quali circa il 70 per cento è cattolico. Comprende diciotto diocesi e un'eparchia per gli ucraini cattolici. La popolazione è composta da persone che convivono in armonia, provenienti da oltre ottanta Paesi. La stragrande maggioranza degli abitanti è concentrata nelle grandi città:  Curitiba e la sua regione metropolitana, Londrina, Maringá, Cascavel e Foz do Iguaçu.

L'industrializzazione ha avuto come conseguenza  la  tendenza  alla  secolarizzazione?

Per contrastare il fenomeno della secolarizzazione, nelle nostre diocesi sono state aperte scuole di formazione per i laici. Accanto a esse ci sono anche scuole di formazione per ministri straordinari della comunione eucaristica e scuole di fede e politica. Per quanto riguarda i giovani, è stato creato un settore che si occupa esclusivamente di loro. Due anni fa, è stata anche aperta la Casa della gioventù. In tutti i programmi pastorali abbiamo dato ampia importanza alla formazione dei laici. Il loro apporto nel portare avanti l'evangelizzazione è fondamentale. Basti pensare che i catechisti  sono  56.000  in  tutto  lo Stato e la maggioranza è composta da donne.

Come rispondete alla mancanza di clero nelle grandi città?

Il Paraná ha promosso iniziative vocazionali in tutte le sue diocesi:  ritiri, preghiere e un grande congresso a livello statale con la partecipazione di oltre cinquecento sacerdoti. Il servizio di animazione vocazionale è in forte espansione. Il suo fine è contribuire al risveglio della vocazione nei giovani e sostenerli nel processo di discernimento. La Conferenza episcopale regionale ha anche approvato una guida pedagogica per l'accompagnamento vocazionale. La regione del Paraná è stata sempre considerata ricca di vocazioni sia al sacerdozio sia alla vita religiosa. Attualmente, ci sono circa 160 seminari che ospitano duemila seminaristi diocesani e religiosi.

In questo contesto le sette guadagnano terreno?

L'aumento delle sette è preoccupante. Esse sono frutto del soggettivismo. Negli ultimi anni, sono sorte diverse sette che prestano servizi. Sono paragonabili a dei supermercati che offrono beni religiosi. In questo modo, cercano di dare una risposta alle persone, risolvendo i loro problemi di ordine morale, economico, fisico e spirituale in modo immediato. D'altronde, in Brasile è molto facile aprire una chiesa e qualsiasi persona può crearla. Purtroppo le sette hanno un carattere proselitista molto accentuato. Sono audaci e fanno ricorso a qualsiasi mezzo per guadagnare fedeli. La crescita più grande si osserva nelle periferie e gli strumenti principali di diffusione sono i mass media, soprattutto la televisione e la radio. I cattolici appena battezzati, senza maturità nella fede, sono facili vittime di queste sette. La Chiesa cattolica, come istituzione nella società, subisce gli effetti di tale situazione:  le parrocchie sono troppo estese e risulta difficile assistere personalmente i fedeli. Per far fronte a questa sfida, è necessaria una grande azione evangelizzatrice. Bisogna aiutare le persone ad avere un incontro vero con Cristo. Solo attraverso la formazione e il processo di maturazione nella fede riusciremo a far diminuire il passaggio dei fedeli alle sette.


Elezioni USA: grande successo dei “pro-life”. - In Bioetica e Pro-Life, Politica, laicità e libertà religiosa on 4 novembre 2010 dal sito http://antiuaar.wordpress.com

Così come era previsto, i Repubblicani escono vincitori dalle elezioni americane di Medio Termine. ll controllo della Camera è passata ai Repubblicani pro-life. L’ala destra si è comunque generalmente e notevolmente rinforzata, anche con due senatori del Tea Party eletti in Kentucky e Florida. Il presidente Obama ha già chiamato il cattolico pro-life John Boehner, il leader della nuova maggioranza repubblicana alla Camera, per complimentarsi con lui e per «discutere di come lavorare insieme per concentrarsi sulle principali priorità degli americani». Obama ha chiamato anche Mitch McConnell, capogruppo repubblicano al Senato. Boehner, è un paladino assolutamente affidabile del pro-life (a questo link è possibile visionare quel che ha fatto finora per difendere i bambini non ancora nati). Nel Wisconsin, il candidato pro-life Ron Johnson ha sconfitto il senatore democratico Russ Feingold, promotore dell’aborto per decenni. Allo stesso modo è andata in Pennsylvania, dove Pat Toomey ha sconfitto l’abortista Joe Sestak. La musica non cambia in Arkansas, Indiana, North Dakota, Florida, Missouri, New Hampshire, Kentucky, Ohio, Louisiana, Nevada, Kansas, New Mexico, Texas e Arizona (già Repubblicana) e Georgia (da LifeNews1 e LifeNews2). La vittoria nel Iowa è fra le più gustose, infatti il candidato sconfitto, Chet Culver, è un leader della Planned Parenthood (importante lobby abortista). Candidati pro-life sono stati eletti, anche grazie a molti Democratici pro-life, anche in Oklahoma e South Carolina. Marjorie Dannenfelser, il capo della lista Susan B. Anthony, ha dichiarato che ora il potenziale per promuovere un grande cambiamento a favore della vita nel prossimo Congresso. Ha poi aggiunto che «abbiamo approvato un numero record di donne pro-vita ai massimi livelli di governo tra cui il Senato degli Stati Uniti. I sostenitori dell’aborto hanno ora paura e sono preoccupati perché il popolo americano ha mandato all’aria i loro piani per promuovere più aborti a spese dei contribuenti» (da LifeNews).


LETTURE/ Cosa serve a una società? Scola sfida le ragioni della convivenza Javier Prades - venerdì 5 novembre 2010 – il sussidiario.net

È da una vita che Angelo Scola usa la ragione a partire dal presente. Lo si incontra sempre teso a intercettare i “processi storici in atto”, la “mutazione in atto”, in modo tale di poter comprendere il complesso spessore delle nostre società. Non poteva non farlo in un momento come questo, che lui ritiene sia un “inedito assoluto” per la portata dei cambiamenti che stanno avvenendo. A partire dal presente, e per capire verso dove stiamo andando, egli richiama anche l’eredità del passato, la tradizione da cui veniamo, che consente un confronto a 360º con tutti i soggetti e con tutti i problemi di oggi. Non a caso propone un doppio contributo dei cristiani alla società plurale e postsecolare: l’educazione e l’innovazione.

Scola porta avanti da anni un ambizioso progetto culturale che lo vede impegnato con le dimensioni costitutive dell’umano vivere, la cui interpretazione è decisiva per le sorti della società democratica. Infatti, ha progressivamente scandagliato le profondità del mistero dell’uomo che appare ai nostri occhi come una realtà di “unità duale” a diversi livelli. Il più radicale è quello dell’unità duale fra “anima e corpo”, e se ne è occupato ampiamente in merito ai problemi della bioetica e delle tecnoscienze applicate al problema mente-cervello. Inoltre l’essere umano è una misteriosa unità duale “uomo-donna”, e sono ben noti i suoi studi sull’amore e la differenza sessuale, il matrimonio e la famiglia. In terzo luogo, ha dedicato alcuni dei suoi volumi alla terza “polarità” dell’esperienza umana elementare, quella cioè fra “individuo e comunità”.

In questo filone si deve collocare il libro che presentiamo: Buone ragioni per la vita comune. La socialità, il cui fondamento è la costitutiva relazionalità dell’uomo (mistero della nascita), si dà insieme all’altra dimensione, altrettanto costitutiva: l’irriducibilità di ogni singolo uomo in quanto persona. L’unità duale di individuo e comunità diventa perciò un criterio prezioso di giudizio, che si esprime in atto riguardo alla politica e all’economia nelle pagine di questi capitoli. Nell’esame delle polarità, la prospettiva tiene sempre conto di quella dimensione religiosa dell’uomo, del rapporto ultimo con il Mistero di cui le tre polarità ne sono segno.
Habermas ha chiesto alle tradizioni religiose lo sforzo di “tradurre” il loro tesoro di esperienza teorico-pratica in termini “cognitivi” universalmente communicabili e ha rimandato proprio all’esempio dell’antropologia dell’imago Dei, comune a ebrei e cristiani, invitando a mostrare la sua rilevanza nei delicati dibattiti etici in atto. Possiamo dire che Scola aveva intrapreso da tempo l’ipotesi di “tradurre” quell’antropologia per consentire il confronto sulle tante questioni della vita morale, della politica, dell’economia e dell’agire sociale che oggi incombono.
Va sottolineata in particolare la sua proposta di una duplice via per raggiungere lo scopo: da una parte il tentativo di identificare e attuare una “moralità comune” (nel capitolo II, esigente alla lettura ma veramente illuminante); dall’altra ciò che Scola chiama la proposta delle “implicazioni” antropologiche dei Misteri cristiani. Entrambe le dimensioni appaiono legate secondo il principio, più volte ripetuto nel libro, di “distinguere nell’unito”. Infatti, l’esperienza cristiana è un’unica esperienza che riesce a integrare in unità senza confusione eros e agape, giustizia e carità, ragione e fede, secondo gli esempi e i giudizi che si dipannano lungo i vari capitoli.
Attraversando il libro, come un fil rouge, ritroviamo la categoria di testimonianza, unica in grado di tenere insieme il binomio drammatico verità-libertà. In tutti i capitoli si rintracciano le sue conseguenze per la comprensione di una nuova laicità nelle società euroatlantiche, e per il dialogo interreligioso, specialmente con l'islam.
Buone ragioni per la vita comune costituisce un bell’esempio di educazione e di innovazione, radicato nella raccomandazione dell’apostolo: “siate sempre pronti a rendere ragione della vostra speranza”.

Angelo Scola, Buone ragioni per la vita in comune, Mondadori, Milano, 2010


Avvenire.it, 5 novembre 2010 - Le diseguaglianze e la voce del Papa - Oggi come sempre per la giustizia di Salvatore Mazza

Potrebbe sembrare un discorso già sentito. E in effetti lo è. Il Papa che indica come nella società odierna sempre più globale gli squilibri sociali non siano «affatto scomparsi», torna a mettere l’accento su qualcosa di già denunciato in tante occasioni. E nell’andare più a fondo, pur riconoscendo che sono cambiati gli attori e le dimensioni dei problemi, punta ancora una volta il dito contro il coordinamento «spesso inadeguato» tra gli Stati, «orientato alla ricerca di un equilibrio di potere, piuttosto che alla solidarietà». Responsabile, per il Papa, di nuove disuguaglianze e soprattutto del rischio di un predominio di «gruppi economici e finanziari» che «dettano, e intendono continuare a farlo, l’agenda della politica a danno del bene comune universale».

Nel messaggio che Benedetto XVI ha inviato ieri all’Assemblea plenaria del pontificio Consiglio Giustizia e Pace, risuona una volta di più, forte e chiaro, l’appello che la Chiesa universale non si stanca di lanciare a classi dirigenti che non si sa se, oggi, siano più smarrite o sorde. Incapaci, come appare, di contrastare, o forse anche solo di riconoscere, le «false divinità che distruggono il mondo» – i capitali anonimi, le forme di vita che hanno banalizzato l’immoralità, le ideologie terroristiche che agiscono in nome di Dio, la droga –, indicate dal Papa l’11 ottobre scorso all’apertura del Sinodo per il Medio Oriente. Capaci invece, pur in questo tempo di crisi, di «reperire vaste risorse per salvare istituzioni finanziarie ritenute "troppo grandi per fallire"», e invece titubanti, timide, pronte ad anteporre sempre qualche "ma..." di fronte alla sfida della lotta alla fame e dello sviluppo dei popoli. Questa, sì, davvero, «impresa "troppo grande per fallire"».

È un’attenzione costante, insistente. Puntuale. Ritorna ormai da vent’anni, da quando Giovanni Paolo II nella Centesimus annus avvertì per primo dei rischi di un’economia che andava distaccandosi dal lavoro e perdendo il suo vero significato. Ma un’attenzione le cui radici sono ancora più lontane, in una dottrina sociale che continua con coerenza a porre l’uomo, questa realtà «davvero troppo grande per fallire», al centro delle proprie preoccupazioni.

Esattamente dieci anni fa, celebrando il Giubileo dei governanti e dei parlamentari, Papa Wojtyla definì la politica come «l’uso del potere legittimo per il raggiungimento del bene comune della società». Bene comune, aggiunse citando il Concilio Vaticano II, che si fa realtà concreta nell’insieme di quelle condizioni sociali che consentono e favoriscono «il conseguimento più pieno e più spedito della propria perfezione. Per questo «l’attività politica deve svolgersi in spirito di servizio».

Parole, queste di oggi come quelle di allora, seguite da applausi a volte perfino fragorosi, e da assunzioni di impegno talora solenni. Intermittementi, però, come la volubilità di una politica debole che non sa, o sempre meno riesce, a guidare le scelte per l’uomo. Qualcuno pensa non voglia proprio guidarle. E tanto più forte, allora, risuona l’allarme di Benedetto XVI perché i cristiani si impegnino a dare una risposta efficace all’«emergenza educativa» che è la vera sfida del nostro tempo. Risposta che i vescovi italiani si sono assunti come linea guida del prossimo decennio, e che implica anche una rinnovata presenza dei credenti nell’agone politico. Perché, come ha scritto il Papa nel Messaggio di ieri, «è vivendo la carità nella verità che possiamo offrire uno sguardo più profondo per comprendere le grandi questioni sociali e indicare alcune prospettive essenziali per la loro soluzione in senso pienamente umano». Perché solo con la carità, «sostenuta dalla speranza e illuminata dalla luce della fede e della ragione», è possibile «conseguire obiettivi di liberazione integrale dell’uomo e di giustizia universale».



Avvenire.it, 10 novembre 2010 - IL MESSAGGIO - «L'annuncio di Cristo primo fattore di sviluppo»
«Non solo le singole persone, ma i popoli e la grande famiglia umana attendono - a fronte di ingiustizie e forti diseguaglianze - parole di speranza, pienezza di vita, l'indicazione di Colui che può salvare l'umanità dai suoi mali radicali»: lo scrive il Papa in un messaggio, diffuso oggi dalla Sala stampa vaticana, in occasione dell’assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e rivolto al suo presidente, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson. In apertura del testo, Benedetto XVI ribadisce uno dei concetti centrali dell'enciclica Caritas in veritate, cioé che «l’annuncio di Gesù Cristo è il primo e principale fattore di sviluppo. Grazie ad esso, infatti, si può camminare sulla strada della crescita umana integrale». Tale traguardo esige che le comunità e i singoli credenti si alimentino della «assidua meditazione della Parola di Dio, la regolare partecipazione ai Sacramenti e la comunione con la Sapienza che viene dall’alto... abbiamo bisogno di questo insegnamento sociale, per aiutare le nostre civiltà e la nostra stessa ragione umana a cogliere tutta la complessità del reale e la grandezza della dignità di ogni persona. Il Compendio della dottrina sociale della Chiesa aiuta, proprio in questo senso, a intravedere la ricchezza della sapienza che viene dall'esperienza di comunione con lo Spirito di Dio e di Cristo e dall'accoglienza sincera del Vangelo».

«L'ormai prossimo anniversario dell'enciclica Mater et magistra del Beato Giovanni XXIII - prosegue il Papa - ci sollecita a considerare con costante attenzione gli squilibri sociali, settoriali, nazionali, quelli tra risorse e popolazioni povere, tra tecnica ed etica».«Nell'attuale contesto di globalizzazione, tali squilibri non sono affatto scomparsi - aggiunge sempre Benedetto XVI -. Sono mutati i soggetti, le dimensioni delle problematiche, ma il coordinamento tra gli Stati - spesso inadeguato, perché orientato alla ricerca di un equilibrio di potere, piuttosto che alla solidarietà - lascia spazio a rinnovate disuguaglianze, al pericolo del predominio di gruppi economici e finanziari che dettano - e intendono continuare a farlo - l'agenda della politica, a danno del bene comune universale».


Benedetto XVI esorta quindi il laicato cattolico a «lavorare per un ordine sociale giusto... per promuovere una retta configurazione della vita sociale, nel rispetto della legittima autonomia delle realtà terrene». Tali fedeli impegnati in campo sociale dovranno «trovare al loro fianco sacerdoti e Vescovi capaci di offrire un’instancabile opera di purificazione delle coscienze, insieme con un indispensabile sostegno e aiuto spirituale alla coerente testimonianza laicale nel sociale». Tra i valori da testimoniare in campo sociale ci sono la «dignità trascendente dell’uomo», la «difesa della vita umana sin dal suo concepimento fino alla morte naturale» e la «libertà religiosa».

Concludendo il suo messagio il Papa esorta il dicastero per la Giustizia e la Pace a continuare «nell’elaborazione di sempre nuovi aggiornamenti della dottrina sociale della Chiesa, ma anche nella loro sperimentazione». Tale dottrina andrà diffusa e condivisa – scrive – «non solo nei tradizionali itinerari formativi ed educativi cristiani di ogni ordine e grado, ma anche nei grandi centri di formazione del pensiero mondiale – quali i grandi organi della stampa laica, le università e i numerosi centri di riflessione economica e sociale – che negli ultimi tempi si sono sviluppati in ogni angolo del mondo».


«L’accoglienza è la nostra redenzione» - La famiglia Boccanera Delamer ospita un bimbo non vedente e con emiparesi. L’esperienza sarà al centro della tre giorni organizzata a Parma da 'Famiglie per l’accoglienza' - DA BOLOGNA STEFANO ANDRINI – Avvenire, 5 novembre 2010

« L a gratuità è un fattore importante, soprattutto in un mondo dove si corre sempre di più il rischio di la sciare le persone sole. Questa espe rienza, nella quale la famiglia trova una peculiare modalità di espres sione, è un contributo importante per il rigenerarsi di una società. Por ta qualcosa che le persone attendo no ». Lo afferma Marco Mazzi, pre sidente di 'Famiglie per l’acco glienza' che oggi raduna a Parma per tre giorni i suoi responsabili (cir ca 300 persone provenienti anche da Spagna, America Latina, Svizze ra, Romania e Lettonia). Tra i parte cipanti ci sarà la famiglia Boccane ra Delamer, di origine argentina e residente in Spagna, che alle figlie naturali Teresa e Ana ha affiancato l’accoglienza del piccolo Luis, non vedente e con una emiparesi.

La famiglia ha una lunga storia ca ritativa alle spalle iniziata prima del matrimonio, nel Cottolengo del beato don Orione. Con l’arrivo in Spagna comincia a frequentare 'Fa miglie per l’accoglienza'. «È stata la spinta iniziale - raccontano Pablo ed Elizabeth - per fare il passo di renderci disponibili ad accogliere un bambino nella nostra casa. Ci siamo chiesti: perché noi? E la pri ma parola che ci viene in mente è gratitudine. La misericordia di Dio nella nostra vita è stata enorme. L’e sperienza della redenzione nei rap porti, negli affetti, nella quotidianità è unica. Abbiamo ricevuto molto di più di quello che ci aspettavamo e vediamo nell’accoglienza il modo per corrispondere a tutto ciò che ci è stato dato».

L’opera di 'Famiglie per l’Acco glienza', proseguono, «ci ha colpi to e abbiamo pensato alla possibi lità di renderci disponibili all’acco glienza: ma si pensa sempre “que­sto non è per me, è per altri che so no migliori, più capaci, più santi di me”. Passando il tempo il deside rio è aumentato. È stato decisivo anche il sì sincero, felice ed entu siasta delle nostre figlie». E così è arrivato Luis. «Siamo coscienti del la sproporzione tra le nostre forze e la proposta che ci troviamo da vanti. Possiamo dire anche che, senza la compagnia concreta dei nostri amici, che hanno accolto il bambino come proprio, non a vremmo potuto neanche iniziare il cammino con lui».

L’associazione, nata a Milano nel 1982 è composta oggi da 3.900 fa miglie interessate all’accoglienza fa miliare, per un totale di quasi 8mi la soci affiliati. Sono circa 13mila le persone che hanno trovato acco glienza in famiglie socie o vicine al l’associazione.

Le famiglie associa te sono presenti in diverse aree so ciali e di servizio alle persone: affi damento familiare, adozione, ospi talità adulti in difficoltà, accoglien za anziani, accoglienza figli disabi li. Nel corso dell’appuntamento, ri corda Mazzi «ci interrogheremo sul le nostre origini ma cercheremo an che di dare una risposta alle sfide che ci attendono come la progres siva perdita di punti di riferimento o la pressione che ci ingabbia in mo delli dai quali molti escono per denti ». Oggi è previsto un inter vento del cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna al quale, conclude Mazzi, «chiederemo di spiegarci cosa si attende la Chiesa da esperienze come la nostra per af frontare le questioni che le stanno più a cuore».